H&M e la settimana mondiale del riciclo: inganno pubblicitario?

H&M, il famoso colosso industriale nella vendita di abbigliamento a basso costo, ha lanciato una campagna, denominata la "H&M World Recycle Week" che si terrà dal 18 al 24 aprile 2016 per raccogliere indumenti usati e riciclarli in cambio di un buono sconto sull'acquisto successivo, prevedendo di raccogliere e riciclare oltre 1000 tonnellate di abiti usati in oltre 3600 punti vendita. Mi sono tuttavia imbattuta in un articolo dell'associazione Greenpeace, dove si afferma che, ad un'attenta analisi, solamente l'1% degli abiti potrà essere effettivamente trasformato in fibre riciclate, il che risulta essere una percentuale bassa rispetto agli abiti che poi comunque verranno venduti. Greenpeace sosterrebbe, dunque, che l'azienda per impegnarsi seriamente, in tal senso, dovrebbe garantire piuttosto la produzione di vestiti di qualità superiore per ridurre il consumo e lo spreco delle risorse naturali causato dall'eccessiva produzione di abiti. Tuttavia, il profitto dell'azienda deriva proprio dalla produzione a basso costo che è ovviamente determinato anche dalla qualità del materiale utilizzato. Cosa ne pensate? E' una mera tattica pubblicitaria per incentivare ancora di più al consumo o può comunque essere ritenuto un impegno socialmente apprezzabile?

Personalmente ritengo che questi grandi marchi di moda facciano le loro campagne per attirare più clienti, quindi sì, per un mero scopo pubblicitario, ma per lo meno è apprezzabile il fatto che "provino" ad essere socialmente più responsabili. La critica sollevata da Greenpeace riguardo ai materiali di bassa qualità non è di certo la prima, infatti nel 2014 aveva già denunciato la presenza di materiali tossici negli abiti per bambini dopo aver esaminato 82 capi di abbigliamento di 12 marche, tra cui anche H&M. Vi riporto l'articolo tratto dal giornale "Internazionale", dove è presente il rapporto di Greenpeace, intitolato "piccoli mostri nell'armadio".

http://archivio.internazionale.it/news/ambiente/2014/01/14/greenpeace-denuncia-la-presenza-di-materiali-tossici-negli-abiti-per-bambini

L’iniziativa di H&M di istituire una “World Recycle Week” (tra l’altro, in contemporanea con la Fashion Revolution Week, già menzionata in questo forum) persegue certamente obiettivi onorevoli. Dalle parole di Anne Gedda, responsabile della sostenibilità di H&M, “World Recycle Week is about changing people’s behaviour when it comes to caring for their clothes, to make sure that no fashion goes to waste”. Se l’intento è questo, non sembrerebbe dunque un controsenso illogico l’offrire, in cambio di vecchi vestiti, buoni sconto per comprarne di nuovi? Per di più, il primo passo verso la Sostenibilità (quella con la S maiuscola) consiste nel ridurre i consumi e riutilizzare e, solo se questo non è possibile, riciclare. E’ chiaro agli occhi di tutti che ciò non si sposa affatto con la logica di H&M, emblema della “fast fashion”: il colosso dell’industria della moda vive delle frequenti visite e acquisti dei consumatori e indumenti di scarsa qualità rendono quasi impossibile indossarli per più di un paio di mesi.

Il dato inconfutabile che solo l’1% degli abiti potrà essere effettivamente trasformato in fibre riciclate dovrebbe risuonare come un forte campanello d’allarme. Gli effettivi risultati dell’iniziativa sono scarsi, soprattutto in quanto, come già detto in precedenza, incentivano un modello di consumo che spinge all’acquisto di nuovi abiti. Se l’iniziativa in sé non è del tutto incosciente, di certo essa non si può definire Sostenibile: i principi su cui si fonda la fast fashion poco si conciliano con le esigenze di un pianeta ormai saturo di “fashion waste”. L’attività di riciclo e l’intento di comprare di nuovo si annullano inevitabilmente a vicenda, rendendo l’iniziativa poco degna di nota.

La campagna per il riciclo degli indumenti usati in cambio di buoni sconto sui nuovi acquisti, negli ultimi anni, è stata promossa e portata avanti anche da altre note marche quali Calzedonia, precisamente per i costumi,
e Intimissimi con riguardo all' intimo. L' iniziativa è certamente ammirabile visti quanti indumenti ogni anno finiscono nei rifiuti senza alcuna prospettiva di riciclo o semplicemente si accumulano negli armadi inutilizzati. Altrettanto indubbiamente la percentuale di abiti che effettivamente potrà essere convertita in fibre riciclate e di cui ha dato nota Greenpeace è bassissima, per cui spero che non sia lo stesso per i brand che citavo anche se con tutta probabilità lo sarà. In ogni caso meglio una percentuale bassa che inesistente. L'auspicio è che con il tempo la medesima percentuale cresca e che gli indumenti vantino una maggiore qualità al fine di ridurre l'impatto sull'ambiente.

Come già sottolineato nei precedenti interventi la percentuale dell'1% di abiti che potrà essere effettivamente trasformato in fibre riciclate è davvero quasi al limite del ridicolo ed è paradossale istituire una "World Recycle Week" che incentiva, invece che il "riutilizzare", che dovrebbe essere appunto lo scopo principale della campagna, l'acquisto di abiti nuovi.
La ritengo una pura campagna pubblicitaria con il mero scopo di attirare più clienti nascondendosi dietro a iniziative solo "nominalmente" definite socialmente responsabili, ma assolutamente lontane nei contenuti.
Infine voglio solo ricordare il recente scandalo di una delle tre blogger, Anniken Jørgensen, del quotidiano norvegese Aftenposten, che aveva mandato tre fashion blogger norvegesi per un mese in Cambogia, uno dei maggiori paesi produttori dei capi del colosso svedese H&M.
Il video si diffuse in tutto il mondo contestualmente a una campagna di boicottaggio contro H&M e i suoi abiti.

Ci terrei a sottolineare che H&M, attraverso l'iniziativa Conscious, progetto per un futuro più sostenibile per la moda, si impegna su sette fronti e centinaia di Conscious Actions:
1 – Offrire moda a clienti consapevoli;
2 – Selezionare e premiare partner responsabili;
3 – Comportamento etico;
4 - Azioni Consapevoli nei confronti del cambiamento climatico;
5 – Ridurre, riutilizzare, riciclare;
6 - Utilizzo responsabile delle risorse naturali;
7 – Rafforzamento delle comunità.
Nel 2015 è stata portata avanti una formazione capillare sul tema dei diritti umani e della responsabilità per i nostri top manager, ma anche per i colleghi impegnati in ruoli chiave nelle funzioni di Sostenibilità, Risorse Umane e Ufficio Legale. Il 77% dei nostri colleghi sono donne, così come il 72% dei nostri manager. Inoltre, per molti anni di seguito H&M è stata eletta 'l'azienda più etica del settore' da Ethisphere.
Sarà forse una trovata pubblicitaria, una goccia nell'oceano; ma, a mio avviso, anche queste iniziative portano in seno aria di cambiamento e sensibilizzazione.

La catena H&M e M.I.A. hanno deciso di collaborare per la World Recycle Week, prevista tra il 18 aprile e il 24 aprile, per promuovere il riciclo di abiti usati e ottenere fibre tessili riciclate per creare nuovi prodotti. In occasione della Settimana mondiale del riciclo il colosso svedese dell’abbigliamento mira a raccogliere 1000 tonnellate di capi attraverso i suoi 3600 punti vendita. Dopo essere stati raccolti i capi vengono smistati in diversi stabilimenti con finalità o di essere venduti in negozi di seconda mano o riutilizzati oppure riciclati in nuovi tessuti.
“Vista la quantità di vestiti raccolti dall’avvio di questa iniziativa, sappiamo che la sostenibilità è una parte importante del modo in cui i nostri clienti vivono la moda e desideriamo che essi facciano parte integrante della soluzione”, afferma il capo del settore sostenibilità di H&M Anna Gedda. “Le risorse del pianeta sono limitate. Vogliamo continuare ad apprezzare la moda, ma dobbiamo anche trovare un modo per fare un miglior uso delle risorse. H&M lavora per un futuro sostenibile della moda: tra le altre cose, desideriamo creare un circuito chiuso per la moda in cui i vecchi capi vengono trasformati in capi nuovi senza dover utilizzare materiali aggiuntivi. C’è ancora molto da fare, per ora abbiamo già creato il cosiddetto circuito chiuso per i prodotti in jeans ottenuti con il tessuto riciclato dei capi che i clienti ci portano”. Credo che questo comportamento possa essere configurato come socialmente responsabile poiché viene dimostrata un’attenzione particolare all’ambiente, in quanto a risorse, tentando di non rendere vani gli indumenti vecchi e inutilizzati ma riciclarli e riutilizzarli in nuovi vestiti. Ovviamente accanto a tutto ciò non può non balzare all’occhio come ci sia un intento anche lucrativo nel ridurre i costi di produzione.

In riferimento alla sopra discussione riguardo la campagna pubblicitaria denominata "H&M World Recycle Week" se sia semplicemente una mera tattica pubblicitaria per incentivare di più al consumo piuttosto che un serio ed effettivo impegno di responsabilità sociale d'impresa mi sono imbattuta in un articolo, che riporto, (fonte ADNKRONOS del 14/04/2016) che affronta il tema della moda completamente circolare e sostenibile, obiettivo e valori supportati e condivisi e a cui tende l'impresa H&M, come argomentato da Anna Gedda, Head of Sustainability di H&M.

".. "Ci siamo dati l’obiettivo di diventare al 100% circolari, attraverso un dialogo continuo con esperti e con le parti interessate imposteremo diversi traguardi per raggiungere questo obiettivo: guidare il cambiamento verso una moda completamente circolare e sostenibile", così Anna Gedda, Head of Sustainability di H&M in occasione della presentazione del quattordicesimo Sustainability Report.
Ad emergere dal report è un incremento costante nell’utilizzo di materiali provenienti da fonti sostenibili e progressi in merito all'uso di elettricità rinnovabile. H&M punta ad andare oltre, utilizzando tecnologie innovative per raggiungere l'obiettivo di utilizzare soli materiali riciclati o provenienti da fonti sostenibili che oggi rappresentano il 20% sul totale.
In particolare, per il cotone H&M ha incrementato l’uso del materiale proveniente da fonti sostenibili per produrre i capi. Il cotone biologico, il cotone riciclato e il Better Cotton (certificato dalla Bci) rappresentano quasi un terzo del totale del cotone utilizzato nel 2015, dato che avvicina l'azienda all'obiettivo di utilizzare solo cotone proveniente da fonti sostenibili entro il 2020.
Il cotone riciclato proviene dalla raccolta di capi usati, il Garment Collecting Project, mentre il poliestere riciclato è stato prodotto con l’equivalente di oltre 90 milioni di bottiglie in Pet.
Sul fronte energetico, la quota proveniente da fonti rinnovabili a livello globale passa dal 27% del 2014 al 78% del 2015. Allo stesso tempo, le emissioni totali sono state ridotte del 56% rispetto al 2014. La ragione principale di questo traguardo è il maggiore utilizzo di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Continua anche l'impegno per garantire salari equi. H&M ha firmato un accordo con IndustriALL Global Union e il sindacato svedese If Metall, in linea con la strategia Fair Living Wage, con lo scopo di puntare a un buon dialogo tra fornitori e dipendenti delle fabbriche e di continuare a sostenere il lavoro già esistente sulla libertà di associazione, contrattazione collettiva e soluzione pacifica dei conflitti, tutti elementi essenziali per l’ottenimento dei salari equi."
Forse l'iniziativa "H&M World Recycle Week" è un piccolo passo verso un futuro davvero ed efficacemente responsabile socialmente, anche se per ora a mio avviso prevale ancora maggioritario il peso del profitto e ancora troppo poco l'idea che responsabilità sociale d'impresa e profitto non siano due strade lontane od opposte, ma invece che la responsabilità sociale d'impresa può diventare l'altra faccia della competitività se si riesce a generare impatti positivi per gli stakeholders ed effetti positivi sul valore economico dell'azienda.

Sarebbe bello però che il colosso H&M dopo campagne apparentemente eco-friendly come la “World Recycle Week" ci spiegasse nel dettaglio come queste possano conciliarsi con uno sfruttamento lavorativo e condizioni di lavoro pessime. Dossier preoccupanti sottolineano paghe da fame, lavoro minorile e abusi sessuali per i rifugiati siriani che lavorano senza permesso. Esiste un rischio reale che questi abusi accadano negli stabilimenti che lavorano per le catene di abbigliamento in Europa. Circa 250-400mila profughi siriani lavorano illegalmente in Turchia, rendendoli vulnerabili allo sfruttamento. Il colosso svedese pare abbia ammesso che in Turchia bambini siriani siano impiegati nelle fabbriche di un suo fornitore. In allegato posto due articoli sul tema! Vi consiglio di leggerli per fare un po di chiarezza sulla questione perché non è sempre oro quello che luccica!
http://www.greenpeace.org/italy/it/News1/La-settimana-mondiale-del-riciclo-di-HM-sette-giorni-di-di-illusioni-per-i-consumatori/
http://www.caffeinamagazine.it/economia/3604-cosa-si-nasconde-dietro-i-vestiti-di-h-m-la-blogger-17enne-svela-il-segreto