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Quanto é importante la volontarietà?

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Quanto é importante la volontarietà?

Messaggio  0000723944 Mar Apr 05, 2016 1:27 pm

Per riflettere sul tema vi propongo un articolo di Elio Silva, pubblicato sul Sole24ore poco dopo la conclusione della Conferenza di Parigi di dicembre (a questo indirizzo)

"Comunque la si voglia giudicare quanto a risultati, la Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici ha avuto l’indubbio merito di riportare il tema della sostenibilità al centro dell’attenzione dei grandi decisori mondiali. Il livello di attenzione, di condivisione, di responsabilità sono di gran lunga cresciuti e, quanto meno nella capacità di alert, si sono rafforzate le cinghie di trasmissione con e tra i diversi stakeholders, in primis attori pubblici, organizzazioni della società civile e mondo delle imprese.
Le politiche di sostenibilità, però, non hanno solo problemi di identificazione, pianificazione strategica e realizzazione, ma anche di rendicontazione. E sotto questo profilo, se è indubbio che il Csr Reporting è ormai la regola tra i grandi gruppi globali, è altrettanto vero che la qualità non sta migliorando in modo sostanziale e, per di più, la crescita è trainata dall’area asiatica, dove sono recentemente entrate in vigore norme di legge ad hoc. Il che significa che a comandare il gioco è la regulation più che l’impulso autonomo delle società. Ad affermarlo è il Rapporto biennale del network Kpmg sul “Corporate Responsibility Reporting” delle prime 250 aziende mondiali (G250), pubblicato con indubbia tempestività alla conclusione dei lavori della Conferenza di Parigi. L’analisi è tra le più accreditate in materia, sia perché l’arco temporale della ricerca conta ormai oltre vent’anni di rilevazioni (la prima indagine risale al 1993), sia perché le 250 multinazionali classificate hanno una reale, rilevante influenza sul trend globale e rappresentano la scrematura di un ben più vasto campione di 4.500 società di 45 Paesi, tra cui l’Italia. Secondo l’indagine, benché l’80% dei gruppi fornisca una qualche rendicontazione sul tema delle emissioni inquinanti, la tipologia e la qualità delle informazioni riportate risultano ancora troppo eterogenee, talvolta prive della necessaria consistenza. Per esempio, nei bilanci di sostenibilità circa la metà delle G250 riportano target di riduzione di gas serra senza spiegare in modo dettagliato né come questi obiettivi sono stati selezionati, né come saranno raggiunti. [...] Sta di fatto che, nella graduatoria globale sui tassi di pubblicazione della reportistica, una pattuglia di Paesi orientali (India, Indonesia e Malesia) ha affiancato le tradizionali punte avanzate della trasparenza, Gran Bretagna, Francia e Norvegia, oltre al Sudafrica, dove la quota raggiunge il 99% - ma, anche in questo caso, per effetto di normative vincolanti. Quanto all’Italia, si colloca al 22° posto su 45 Paesi considerati".

Cosa succede al requisito della volontarietà nel momento in cui, come avviene in questo caso con la Corporate Responsibility Reporting, i comportamenti sono tenuti dalle imprese in ossequio a normative vincolanti?
Ho collocato questa discussione all’interno del gruppo sul rapporto tra RSI e fonti del diritto del lavoro per riflettere sulla possibilità che i paesi ad alta densità normativa si aprano a forme di regolazione non vincolanti dal punto di vista giuridico.
Si tratta di uno snaturamento dell'essenza della CSR o, al contrario, di un'alternativa possibile e auspicabile (ricollegandosi a quanto detto a lezione) soprattutto in quei paesi in cui la regolazione e le sanzioni sono sentite come necessarie per rendere effettivo un impegno preso?


Ultima modifica di 0000723944 il Gio Apr 07, 2016 8:32 pm - modificato 1 volta.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Volontarietà o vincolatività?

Messaggio  0000726436 Mer Apr 06, 2016 9:58 am

L’importanza della rendicontazione deriva dal concetto stesso si responsabilità: infatti l’impresa è responsabile delle attività che hanno un impatto sugli stakeholder, responsabilità dalla quale nasce anche la necessità di rendere conto ad essi. La rendicontazione consente alle imprese di dimostrare la trasparenza verso i propri clienti, verso i collaboratori e, costruire un dialogo costruttivo e un rapporto di reciproca fiducia con i propri interlocutori. È dunque molto importante instaurare adeguati flussi di comunicazione.
In occasione della Conferenza Europea sulla RSI è stato presentato il progetto CSR-SC (“un contributo concreto al raggiungimento di un quadro di riferimento comune”, così è stato definito). Nello specifico, il Governo Italiano ha presentato un modello di rendicontazione al fine raggiungere una maggiore trasparenza degli strumenti di RSI. Le caratteristiche del modello presentato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono principalmente tre:
• Occorre adottare un linguaggio comune (sulla base di una comune griglia di lettura di politiche di RSI)
• Le pratiche di RSI devono essere basate (punto chiave del nostro ragionamento) sulla volontarietà
• La creazione di un valore da parte delle politiche di RSI, in grado di portare ad un vantaggio competitivo per le imprese.
Ma perché le imprese decidono di impegnarsi in tali attività e nella rendicontazione degli effetti che ne derivano? Il problema è, dunque, quello della volontarietà.
La RSI nasce, come sappiamo, su base volontaria e proprio questa volontarietà delle azioni di responsabilità sociale è il vero “valore aggiunto” della RSI. Io penso che ogni singola impresa debba essere lasciata libera di elaborare e seguire un proprio percorso di responsabilità sociale coerente con le proprie esigenze e caratteristiche. La responsabilità sociale è un processo dinamico che non dovrebbe essere consolidato entro regole stringenti altrimenti la stessa RSI verrebbe snaturata, perderebbe di qualsiasi significato.
Tuttavia concordo anche con il fatto che nel periodo in cui viviamo e, soprattutto, nel Paese in cui viviamo regolazione e previsione di sanzioni siano sentite come necessarie per rendere effettivo un impegno preso e che forse i migliori risultati siano raggiungibili solo per effetto di normative vincolanti.
Una soluzione, dunque, potrebbe essere al centro di questi due poli opposti (volontarietà e vincolatività)? la normativa potrebbe delineare solo le linee-guida che le imprese dovrebbero seguire e lasciare alle imprese l’individuazione dei mezzi e delle modalità per raggiungere l’obiettivo prefissato?


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Quanto é importante la volontarietà? Empty Re: Quanto é importante la volontarietà?

Messaggio  0000644763 Mer Apr 06, 2016 5:55 pm

L’articolo sopra proposto offre un ottimo spunto di riflessione. Senza dubbio l’obbligatorietà normativa mal si concilierebbe con la natura volontaristica e l’approccio auto regolativo della RSI, tuttavia ritengo che introdurre una regolamentazione comune sia necessaria o quanto meno auspicabile nel periodo in cui viviamo, quale valida alternativa per rendere effettivo l’impegno preso ed ottenere migliori risultati.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Re: volontarietà o vincolatività

Messaggio  0000660780 Gio Apr 07, 2016 6:08 pm

Penso anch'io che la volontarietà rappresenti il "valore aggiunto" dell'impresa affinché ognuna di esse si esprima in base alle proprie caratteristiche, penso però che le sole linee guida esplicate dalla legge in certe tematiche importanti non siano sufficienti. Il legislatore deve essere chiaro, puntuale e soprattutto sanzionatorio per esempio in tematiche come l'ambiente specie per quelle imprese che hanno a che vedere con attività fortemente inquinanti, perché tali attività mettono a rischio la vita dei cittadini attuali e futuri o nuocere all'ambiente, penso alle piattaforme petrolifere o all'Ilva di Taranto. Rimango dell'avviso che la coscienza sociale e l'etica alle volte non bastino e che serve una legislazione chiara che aiuti la società ad indirizzarsi verso un pensiero sostenibile.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty RE: Volontarietà o vincolatività?

Messaggio  0000724755 Ven Apr 08, 2016 9:55 am

Penso che sia molto interessante quanto sostenuto dal/la collega che ipotizzava come possibile compromesso alla dicotomia volontarietà-vincolatività un qualcosa di simile a quanto avviene a livello dell'Unione Europea con le direttive: un vincolo di risultato, con piena libertà dell'impresa riguardo ai mezzi per giungervi.
Non credo però che tale approccio, qualora applicato alla RSI, possa apportare molti vantaggi; gli obiettivi di massima sono ben chiari a tutti (migliorare la tutela dei portatori di interesse, minimizzare l'impatto ambientale...), a mio parere a nulla gioverebbe una maggiore specificazione di tali obiettivi senza la previsione di mezzi adatti a comparare i dati che, come riportato nell'articolo, vengono formulati in maniera molto eterogenea; e tutto ciò rimarrà fine a sé stesso se non è poi possibile sanzionare il mancato raggiungimento degli obiettivi, anche se minuziosamente previsti.
In questo concordo con quanto sostenuto nell'ultimo post; sicuramente ci saranno imprenditori che fanno della coscienza sociale e dell'etica un metro di valutazione indispensabile per la loro azione, ma in una parte nettamente minoritaria dei casi: per il resto, le ragioni del profitto tendono inevitabilmente a prevalere, com'è ovvio che sia nelle società for profit. E come ben sappiamo, non voglio essere ripetitiva sui tanti casi che ne sono indicativi, non sempre profitto e responsabilità sociale vanno nella stessa direzione.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty sull'apparente inganno dell'ossimoro volontarietà/vincolatività. volontarietà non è autoreferenzialità

Messaggio  773802 Sab Apr 09, 2016 5:03 pm

Perfettamente d’accordo con gli ultimi interventi ,anch’io ritengo da un lato che l’apparente inganno del nesso ossimorico volontarietà/vincolatività possa anzitutto trovare un terreno fertile di sperimentata via di mezzo in uno strumento similare a quello delle direttive comunitarie che va a vincolare per quanto riguarda il risultato atteso, salva restando la libertà in merito alla forma e ai mezzi.. Il riferimento allo strumento delle direttive UE non mi sembra affatto retorico o semplicistico, tanto più se si considera l’asserzione sempre più cogente per cui l’impatto sociale dell’impresa- in certa misura, anche di quella medio-piccola- assume dimensioni internazionali (da cui l’incapacità o seria difficoltà dei processi contrattuali nazionali di regolare o codificare compiutamente i comportamenti “sociali” dell’impresa). E dunque come agire per limitare da un lato l'autoreferenzialità di questi soggetti, principio così pericolosamente diffuso per cui sono le aziende che autonomamente decidono il loro comportamento responsabile, e dall’altro per costituire iniziative legislative che possano contribuire a definire meglio il perimetro ed i contenuti della “responsabilità sociale” allorquando si abbia a che fare con imprese multinazionali che operano su uno scacchiere più ampio di quello “controllabile” dai processi contrattuali nazionali? Partire da un qualcosa di similare alla direttiva ue anche in riferimento alla RSI, nell’ottica di una regolamentazione allargata, codificata nei minimi termini in merito agli obbiettivi, quanto espressiva di un canovaccio di codici e norme di condotta patteggiate anche in merito ai mezzi utilizzabili; un’ottica ben piantonata su questi paletti potrebbe forse rivelarsi una scelta vincente. (in quest’ottica ritengo positiva per es. la strategia dei sindacati nazionali volta a superare l’approccio autoreferenziale tipico dell’autoregolamentazione basata sulla mera adesione delle imprese a codici standard di riferimento. La volontarietà dei comportamenti, liberamente assunti dalle imprese, non implica anche l’autoreferenzialità. L’uso dello strumento contrattuale può allora consentire di garantire un accettabile compromesso fra volontarietà e non autoreferenzialità, tramite la procedimentalizzazione dei poteri dell’imprenditore. E tale produzione normativa costituisce un “bene meritorio” anche per gli stakeholder non coinvolti nel processo contrattuale. Ritengo dunque vincente l’idea per cui la responsabilità sociale dell’impresa va trasformata in “un processo” partecipato e condiviso dentro e fuori la comunità d’impresa.)
Certo però resta il fatto che se non posso imporre ad un’impresa di assumere obbligatoriamente comportamenti socialmente responsabili e di aderire a regole internazionali, posso, tuttavia ,una volta che essa volontariamente ha aderito a dei codici e a delle regole di condotta controllarla, agire con incentivi e disincentivi reputazionali, sanzionare chi dichiara il falso alterando la concorrenza sul mercato.. La regolamentazione, ben venga se comune, del fenomeno RSI non può dunque prescindere da un apparato sanzionatorio vero, che sia il contraltare necessario di ribilanciamento dell’unilateralismo imprenditoriale e che sia espressione cogente di un sistema di codici e di comportamenti responsabili, anche di quelli liberamente e volontariamente assunti dall’impresa (..Il bilancio sociale, ad esempio, può essere uno strumento utile a tale scopo ma mancano normative univoche per la sua redazione: questa deve rimanere volontaria ma una volta effettuata non può divenire mistificatoria. Il riconoscimento reputazionale per le imprese che dichiarano di prendere in considerazione aspetti sociali e ambientali nella loro attività deve dunque essere accompagnato con una normativa che prevenga e punisca gli abusi). Resta significativo, secondo me, di un orientamento che è volto in questa direzione il fatto che mentre nel 2001 il Libro Verde aveva definito la R.S.I. come “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”, nel 2011 la Strategia Europea è arrivata quasi a rimodellare il concetto, definito ora come “responsabilità delle imprese per il loro impatto sulla società”..
L’irrompere della RSI sulla scena delle relazioni industriali impone dunque di immaginare nuovi orizzonti del negoziato, della contrattazione e della regolamentazione comune, nei limiti di una volontarietà che non sfoci in autoreferenzialità; Una nuova dimensione del rapporto tra capitale e lavoro, pure necessaria in virtù dei mutamenti intervenuti nell’organizzazione della produzione e del lavoro, dentro cioè una società globalizzata dove anche il mondo del lavoro dovrà prima o poi necessariamente munirsi di regole del lavoro e codici di comportamento globali, anche-ripeto- di quelli liberamente e volontariamente assunti dall’impresa.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Il dovere del legislatore

Messaggio  0000724648 Gio Apr 14, 2016 7:19 pm

Io trovo che lo strumento più efficace e più coerente sia quello dell'elaborazione, da parte del legislatore, di linee guida e principi direttivi, nonché un sistema di incentivi e premi per l'adeguamento. Ritengo che sia la via di mezzo più efficace: da una parte, un'ingerenza del legislatore può escludere il fondamentale requisito della volontarietà ma dall'altra non è neanche immaginabile continuare ad affidarsi al 'buon cuore' delle aziende. Il ruolo del legislatore non può essere di osservatore, io lo considero quasi un dovere quello di intervenire e di promuovere un determinato modello. La nostra generazione sembra essere abituata e rassegnata al fatto le imprese precedano il legislatore e che questi non debba intromettersi più del dovuto in campo etico. Personalmente mi piacerebbe che questa situazione fosse ribaltata.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Re: Volontarietà o vincolatività

Messaggio  0000349987 Dom Apr 17, 2016 4:38 pm

Concordo pienamente con gli interventi precendenti; sicuramente la netta contrapposizione tra scegliere la vincolatività o continuare a rimanere sulla scelta della volontarietà, quale valore aggiunto e intrinseco della responsabilità sociale d'impresa, potrebbe portare a scegliere strumenti per così dire "di mezzo", quali le direttive europee, che vincolano al risultato, ma lasciano libertà in merito alla forma e ai mezzi.
Certo, in una società "for profit" in cui, ancora, le ragioni del profitto tendono a prevalere, continuare nella scelta della volontarietà, proprio per non snaturare l'essenza principale della responsabilità sociale d'impresa,quale appunto valore aggiunto, appare alquanto complicato senza, al contempo, la previsione di un sistema di sanzioni in corrispondenza del mancato raggiungimento degli obiettivi.
Un importante strumento, a mio avviso, a supporto della scelta della volontarietà e per promuovere l'effettivo raggiungimento degli obiettivi da parte delle imprese, potrebbe essere un sistema, a livello nazionale, europeo, fino ad arrivare a quello internazionale, di incentivi e premi concreti ed efficaci che rendano più appetibile, anche da un punto di vista soprattutto economico, la scelta della volontarietà, e quindi la scelta di pratiche socialmente responsanbili, senza un'imposizione normativa.
La scelta di pratiche di responsabilità sociale d'impresa può diventare un aspetto della competitività delle imprese, ma solo se si riesce a generare impatti positivi per gli stakeholders e, allo stesso tempo, effetti altrettanto positivi sul valore economico dell'impresa stessa.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Re: Quanto é importante la volontarietà?

Messaggio  0000624438 Lun Apr 18, 2016 8:15 pm

Ho molto apprezzato l'intervento del collega, poiché fa riflettere su un "problema" normativo di non poco conto, che inevitabilmente ci porta ad innumerevoli quesiti di difficile soluzione. Risiede nella volontarietà, a mio avviso, l'elemento di forte caratterizzazione del CSR; lasciando discrezionalità alle aziende le si mette concretamente alla prova.. e da come ho potuto riscontrare in numerevoli articoli.. è sul concreto che si scoprono le "magagne" camuffate da buone azioni! Il legislatore dovrebbe tracciare i contorni, fornendo le linee guida e lasciando poi colorare il disegno alle stesse ditte!

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Volontarietà consapevole

Messaggio  0000727567 Mer Apr 20, 2016 7:37 am

Il Libro Verde della Commissione Europea ha contribuito a chiarire la posizione dell'Europa rispetto al tema delle RSI. Tale documento invita il management di una società ad attuare comportamenti socialmente responsabili, senza , però, vincoli di alcun modo. Tuttavia, nel momento in cui la società aderisce all'iniziativa, tali politiche sociali devono essere integrate nella strategia d'impresa; in più l'impresa stessa deve documentare l'attività della RSI in modo da rendere quanto più credibile ed efficace il suo operato tramite l'attivazione di un sistema di raccolta e gestione delle informazioni che riguardano la CSR. Pertanto, l'aspetto volontaristico appena descritto si sposa perfettamente con la consapevolezza da parte dell'azienda dell'impatto sociale che effettivamente ha la propria attività produttiva. Di conseguenza le iniziative avanzate dagli stakeholder potranno non riguardare più strettamente l'aumento del profitto, ma guarderanno con più attenzione al miglioramento della qualità della vita. È opportuno, quindi, promuovere un'attività di sensibilizzazione all'interno delle imprese, per poter fare in modo che la presa di coscienza dell'impatto che ha una politica sociale di questo tipo possa portare l'impresa stessa ad aumentare i profitti tramite il miglioramento dell'aspetto "etico" della stessa.

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Quanto é importante la volontarietà? Empty Volontarietà la sua forza e la sua debolezza

Messaggio  725283 Mar Mag 10, 2016 8:42 am

La Responsabilità Sociale d'Impresa è intrinsecamente e per definizione un'azione volontaria, in quanto costituisce l'impegno delle imprese, autonomamente e al di fuori da vincoli legali e contrattuali, ad attuare operazioni di rilevanza sociale e ecologica nelle loro attività commerciali e nei rapporti con le parti interessate. Quindi ciò che contraddistingue la RSI è appunto l'indipendente presa di coscienza da parte delle imprese della necessità, o dell'opportunità, di applicare al proprio contesto produttivo politiche che si pongono come obiettivi una produttività sostenibile in termini di rispetto dell'ambiente e una gestione delle risorse umane che possa vantare il perseguimento di finalità che esulano dal mero fine commerciale, senza però trascurarlo, in un'ottica di responsabilità dell'impresa anche in termini di impegno sociale e di incentivazione ad occupare e a tutelare categorie di lavoratori che solitamente non godono dei privilegi del mercato del lavoro. Come conseguenza, mi pare contraddittorio rivolgersi ad una fonte legale per chiederne un immediato intervento regolatore che possa disciplinare le fondamenta di questo fenomeno, in quanto la RSI costituisce un cammino alternativo rispetto a quelli solitamente intrapresi nel diritto del lavoro, e cercare di etero-regolarlo dalla legge o dal contratto collettivo mi pare un tentativo di tarpare le ali precocemente ad un qualcosa ancora in procinto di prendere definitivamente una propria fisionomia, poichè la sua forza risiede appunto nell'essere una via nuova e diversa rispetto alle altre e soprattutto volontaria, frutto non degli obblighi etero-imposti ma di obiettivi voluti in prima persona. Tale volontarietà però si può anche leggere in modo semplicistico come non-obbligatorietà e ciò non può che rappresentare un limite alla sua espansione, la quale infatti potrà passare attraverso incentivazioni e promozioni ma non tramite imposizioni e sanzioni. Bisogna cercare di premiare chi ricorre a questo strumento e non sanzionare chi non lo fa, poichè è la sua stessa definizione ontologica ad imporlo.

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