Pizzeria Masaniello: la "pizza etica" a Bologna

Pochi giorni fa ho avuto il piacere di ascoltare dal telegiornale regionale dell'Emilia Romagna una notizia che mi ha colpito molto.
La notizia in questione riguarda l'apertura, prorprio nella nostra amata città universitaria e precisamente in via San Donato, di una pizzeria, definita dai suoi stessi proprietari, i fratelli Marco e Luca Caiazza, "pizzeria etica".
La pizzeria Masaniello (questo è il nome del locale), infatti, ha deciso di cucinare le proprie pizze solamente attraverso ingredienti "mafia-free", più precisamente ingredienti prodotti da cooperative che lavorano sui beni confiscati dalla mafia o che da questa hanno subito ritorsioni.
I due fratelli, che il 10 aprile scorso hanno inaugurato il loro locale, dopo aver girato l'Europa per alcuni anni, si sono dichiarati davvero soddisfatti del loro progetto "etico" e prorprio uno dei due fratelli, Luca, ha dato ai giornalisti una particolare definizione del concetto di etica nella loro iniziativa: "Etica sta nel fatto che rispettiamo la ricetta dell'impasto tradizionale, ma, soprattutto, che gli ingredienti provengono quasi tutti da cooperative che lavorano sui beni confiscati alle mafie o che hanno subito ritorsioni. Noi ci impegniamo a sostenerle e finanziarle".
Voi mi direte: "ok, bella notizia. Ma cosa c'entra questo con la RSI?".
A mio parere, questa iniziativa si sviluppa su diversi fronti della responsabilità sociale d'impresa, poiché la pizzeria in questione comunica in modo esplicito con quali fornitori si relaziona, assicura alimenti genuini ai prorpri clienti, prodotti nel pieno rispetto dell'ambiente e della salute dell'uomo e, soprattutto, dà una risposta positiva ad una delle piaghe del nostro sistema economico, quale l'infiltrazione mafiosa.
Direi che questa pizzeria Masiello è un vero e proprio esempio di responsabilità sociale.
Cosa ne pensate di questa iniziativa a noi così vicina?
Se avete conoscenza di iniziative simili anche in altri parti di Italia mi piacerebbe essere messo al corrente.

Concordo con te collega, trovo che in questa bellissima iniziativa la RSI trovi riscontro sotto diversi punti di vista. Innanzitutto vengono selezionati solo ingredienti mafia free dunque troviamo la mozzarella delle “Terre di Don Peppe Diana” di Castel Volturno nel casertano, dove una cooperativa ha riqualificato masserie e allevamenti appartenenti ai Casalesi; i friarielli sono prodotti dal consorzio Nuova cooperazione organizzata (N.C.O) di Aversa, così come i broccoli, la birra e tantissimi altri prodotti racchiusi sotto l’etichetta di Libera di don Ciotti; persino per le pulizie vengono utilizzati solo prodotti della linea “CON TE” realizzata dalla CLEPRIN (azienda con 3 stelle del rating della legalità) per conto di N.C.O. L’obiettivo è proprio quello di adoperare prodotti genuini di cui si conosce la provenienza, supportare altre attività che lavorano costantemente per riqualificare i beni confiscati alle mafie e di sostenere le cooperative e le aziende che resistono e che non alimentare il mercato delle mafie, dando un messaggio di responsabilità sociale non indifferente. Non solo, durante la serata di inaugurazione gli incassi sono stati devoluti interamente all’associazione “Un seme per Enza e Tiberio Bentivoglio” (imprenditore antimafia e collaboratore di giustizia), inoltre in segno di solidarietà la pizzeria ha lanciato l’iniziativa “Una pizza sospesa” , in collaborazione con le cucine popolari per cui chiunque potrà pagare una pizza e lasciarla "sospesa", ovvero già pagata per chi invece non può permetterselo. Che dire, un’iniziativa davvero eccezionale da prendere come modello.

Giovanni Falcone fece un'affermazione, che nella sua schiettezza, mi pare centri in pieno il tema della questione avanzata dal collega: “se vuoi fa inc****re un mafioso, mettigli le mani in tasca”. Ed è proprio questo quello che sempre più persone stanno iniziando a fare: ostacolare il finanziamento delle organizzazioni criminali di stampo mafioso per indebolirle.
Sono stata all'inaugurazione della Pizzeria Etica Masaniello di San Donato, domenica, e ho avuto il piacere di notare una grande affluenza di persone, segno che la collettività è sempre più sensibile a questa tematica, e attenta ai propri consumi anche in un'ottica mafia-free.
Gli imprenditori che seguono questo tipo di condotta sono maggiormente concentrati nel sud Italia.
Volevo portarvi, a questo proposito, l'esempio di Addiopizzo, un Comitato antimafia nato a Palermo ad opera di alcuni ragazzi siciliani, con cui ho avuto modo di entrare in contatto tramite il mio liceo, in passato, grazie al fatto che questo movimento, da anni, promuove attivamente progetti che coinvolgono le scuole. A questa associazione aderiscono più di 1000 negozi imprese, che si distinguono esponendo al di fuori del proprio locale il marchio di Addiopizzo, con tanto di slogan "pago chi non paga", per rendere esplicita agli occhi della comunità la propria posizione in termini di contrarietà e resistenza a quella forma di estorsione esercitata da esponenti mafiosi, che è, appunto, il pizzo, il versamento di una percentuale fissa degli incassi in cambio di "protezione". Il nome stesso della'associazione rende subito chiara la condizione necessaria, richiesta alle imprese, per ottenere l'inserimento nella lista degli operatori economici da sostenere, diffusa a tutti consumatori che supportano l'iniziativa dell'associazione.
Al primo comma, paragrafo a) dell'Articolo 2 dello statuto del Comitato Addiopizzo si legge:
"L'organizzazione ha lo scopo di:
a) Promuovere una cultura della legalità, della solidarietà e
dell’ambiente, basata sui principi della Costituzione, in opposizione al
fenomeno delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e al pizzo.
In particolare, fine prioritario dell’organizzazione è quello di tutelare il
diritto alla legalità ed al libero esercizio dell’attività d’impresa, senza
pressione malavitose, e di garantire gli interessi e le prerogative dei
cittadini-consumatori e degli operatori economici che si oppongono al
racket delle estorsioni;"

Addiopizzo punta molto alla sensibilizzazione dei consumatori e piano piano sta allargando il numero dei propri sostenitori, i dati lo confermano: i cittadini che sostengono questo tipo di consumo critico sono, attualmente, quasi 13mila.
Promuovere e supportare una forma di consumo etico, boicottando imprese che finanziano attività malavitose, può innescare una serie di comportamenti emulativi e alla fine può spingere altre imprese a comportarsi responsabilmente nei confronti dell'ambiente, della società e -in questo caso particolare- della legalità.
Lo stesso "Manifesto del cittadino-consumatore per la legalità e lo sviluppo" dell'associazione, sottolinea l'importanza e il ruolo attivo che ricopre il singolo cittadino quando si parla di responsabilità d'impresa:
"IN QUANTO CITTADINO E CONSUMATORE CONSAPEVOLE DEL MIO POTERE E DELLA MIA RESPONSABILITÀ, MI IMPEGNO A SCEGLIERE PRODOTTI E SERVIZI FORNITI DA IMPRENDITORI, ESERCENTI E PROFESSIONISTI CHE NON PAGHINO IL PIZZO O CHE, ESSENDO STATI VITTIME DI RICHIESTE ESTORSIVE, NE ABBIANO FATTO DENUNCIA."

Trovo che sia un'iniziativa davvero molto bella; abito su via San Donato e dopo aver letto questo post penso che non mi farò mancare l'occasione di ordinare una pizza lì . Ciascuno di noi nella propria quotidianità può dire "NO ALLA MAFIA" attraverso questi piccoli/grandi gesti. Colgo l'occasione per presentarvi una questione ,che non riguarda l'ambito gastronomico, ma che ha attirato ugualmente la mia attenzione negli ultimi giorni. Sicuramente avrete sentito parlare del libro pubblicato da Salvatore Riina,figlio del noto boss; molte librerie hanno esposto un cartello con scritto "qui non si vende il libro di Salvatore Riina" ,così come anche la libreria Ubik di Via Irnerio. Vi riporto qui l'articolo che ho letto. Spero che possa interessare anche voi.

IL CARTELLO - «E' una decisione nostra, presa da noi quattro soci della libreria, non dalla catena – spiega Cinzia Argellani di Ubik – per una volta abbiamo scelto di fare una censura, non lo vendiamo, né l'ordiniamo su richiesta. È la prima volta che non teniamo un libro per scelta».

LA MOTIVAZIONE - «La molla che ci ha spinto ad appendere il cartello due giorni fa - prosegue Argellani - è stata l'intervista». Il riferimento è alla trasmissione «Porta a Porta» trasmessa su Rai1 lo scorso mercoledì, che molte polemiche ha sollevato, durante la quale il figlio del boss siciliano ha risposto alle domande di Bruno Vespa. Una scelta contestata anche dalla libreria bolognese: «Ci siamo chiesti perché dare spazio in Tv al figlio di un mafioso quando ci sarebbe gente molto più interessante da intervistare? E abbiamo seguito l'esempio della libreria Ubik di Catanzaro» prosegue Argellani.

LE REAZIONI - «Dopo l'intervista sono arrivate un po' di persone a chiederci una copia. Alcuni hanno capito e apprezzato la nostra scelta, altri si sono lamentati» spiegano dal negozio in via Irnerio. E se un cliente lo vuole leggere? «Lo acquisterà in un'altra libreria», conclude decisa Argellani. Effettivamente da una breve ricognizione tra le librerie cittadine, grandi catene e non, il libro si trova, certo non promosso in bella vista in vetrina, ma volendo non è difficile procurarsene una copia. E coloro che non ne hanno una copia in negozio sono disponibili ad ordinarlo. Unica eccezione fatta per le librerie Coop che non hanno mai venduto i libri della piccola casa editrice che ha pubblicato Riina.

A proposito della "pizzeria etica Masaniello" che, come detto, è stata ribattezzata "pizzeria antimafia" perché utilizza prodotti provenienti da terre e aziende libere dai clan, ho letto del suo legame con l'associazione Piazza Grande, l'associazione dei senza fissa dimora, attiva a Bologna dal 1993. Insieme queste due realtà hanno dato vita alla "pizza sospesa", un'usanza diffusa a Napoli (anche con il caffè): in pratica ognuno può comprare una pizza dalla "pizzeria etica Masaniello" poi, se vuole, ne può pagare un'altra da lasciare ai volontari dell'associazione Piazza Grande, che provvederanno a portare le pizze-regalo nei centri di accoglienza di Bologna. La "pizzeria etica Masaniello" attraverso queste due iniziative, di natura diversa, ha mostrato il suo impegno effettivo verso i problemi sociali e, a mio avviso, rappresenta un buon punto di riferimento per le altre attività commerciali che intendono impegnarsi nell'ambito della Responsabilità Sociale d'Impresa.

Anche io pochi giorni fa ho letto un articolo su Bologna.repubblica.it concernente questa iniziativa. Infatti volevo imbattermi immediatamente a scrivere un topic, ma siete stati più veloci di me...e questo mi rende davvero contenta perchè vuol dire che la notizia non è passata inosservata! Un'iniziativa che mi ha rubato il cuore, un'iniziativa che merita visibilità, più di quanto già ne abbia.
Siete stati precisi ed esaurienti nello spiegare "come funziona" la cucina Masaniello. La cosa che, in particolare, ha attirato la mia attenzione è stata la particolarità del primo incasso del locale: pizza e birra saranno offerti a 5 euro e il guadagno sarà devoluto a due commercianti reggini, Enza e Tiberio Bentivoglio. Due calabresi che si sono opposti al racket della 'ndrangheta; due calabresi che da anni si battono pubblicamente contro i clan; due calabresi che oggi sono costretti a vivere sotto scorta.

E' ovvio che il tutto c'entra con la RSI: a mio parere, l'obiettivo dei fratelli Masaniello dà un messaggio di responsabilità sociale molto molto forte!

Sono d'accordissimo con voi, colleghi. Ho avuto il piacere di partecipare all'inaugurazione di questa pizzeria e ho apprezzato molto la linea d'azione che si è impegnata a portare avanti, che credo rientri perfettamente nella nozione di responsabilità sociale. Infatti impegnarsi ad acquistare soltanto prodotti trasparenti, provenienti da cooperative che agiscono nell'ambito di beni confiscati alle mafie o che comunque non alimentano il mercato mafioso, è sicuramente qualcosa "in più", che va oltre quanto strettamente previsto a livello legislativo e che lancia un forte messaggio di impegno sociale. In fondo, da un'azione come questa, indirettamente si tutelano anche gli interessi dei cittadini e dei lavoratori: sia i lavoratori delle stesse cooperative, che incrementano il proprio profitto e si ingrandiscono, sia, a voler vedere il quadro nella sua interezza, anche quei lavoratori che sarebbero costretti a rivolgersi alle mafie ma che invece, magari, possono avere la possibilità di trovare lavoro nelle stesse cooperative che si sono ampliate. Insomma, se molti altri esercizi commerciali seguissero l'esempio di questa pizzeria bolognese, forse si potrebbe dare il via ad un circolo virtuoso i cui effetti sarebbero benefici per l'intera collettività.

avevo notato anche io questa iniziativa di "pizzeria etica",che trovo assolutamente un ottimo esempio di responsabilità sociale di impresa.
L'idea dei due pizzaioli,è di grande impatto "sociale", che nel giro di pochi giorni li ha fatti conoscere in tutta Bologna.
Questo esempio di responsabilità di impresa che unisce sia la scelta di acquistare prodotti biologici e controllati qualitativamente,che prodotti etici perchè acquistati dai terreni confiscati alle Mafie.
A mio parere,l'iniziativa imprenditoriale è di grande pregio,ma è anche una sfida forse difficile da mantenere nel tempo.
Questo perchè legarsi a determinati fornitori,significa anche decidere di non affidarsi ad altri,altrettanto "etici",ma che sarebbero magari in grado di fornire prodotti a prezzi migliori,o anche qualitativamente superiori.
Fare società responsabile però,è anche questo; credere nelle sfide .

Qualche tempo fa ho avuto il piacere di conoscere personalmente Don Ciotti di Libera, e mi colpì molto il discorso che fece in merito alla riscoperta dell'etica dentro di noi, ma soprattutto nell'ambito della professione che esercitiamo, quale essa sia. L'idea di una "pizzeria etica" è molto interessante e sicuramente un ottimo esempio di responsabilità sociale d'impresa, un esempio però che dovrebbe divenire la "normalità" del modo di interagire all'interno della scena economica, locale e internazionale. L'attenzione alla qualità degli ingredienti, sociale (provenienza) e qualitativa (natura), e alla società, attraverso la bellissima iniziativa della "pizza sospesa" ad esempio, mi porta a pensare, visto soprattutto il successo che questa pizzeria ha riscosso, che delle forme di responsabilizzazione siano assolutamente positive anche in termini di costi-benefici con un buon lavoro di marketing.

Bologna, 5 ottobre 2015 - Ci sono anche una pizzeria bolognese e tre panifici (due in città e uno sull’Appennino) chiusi dopo i controlli dei Nas. Solo a Bologna e provincia sono state trovate e sequestrate quasi due tonnellate di alimenti scaduti; sono state fatte sanzioni amministrative per 20.000 euro e nove persone sono state segnalate all’autorità giudiziaria.

In particolare in un panificio bolognese sono stati trovati salumi, latticini, confetture, farine, frutta secca, cioccolato, sciroppi, miele con date di scadenza superate anche di qualche anno, privi di etichettatura e di documentazione attestante la rintracciabilità.
Questa è la notizia riportata dal Resto del Carlino non molto tempo fa; e successivamente ne sono stati chiusi molti altri. La provenienza dei prodotti è diventato un "must" in questi anni in cui c'è una concorrenza al ribasso eclatante. Concorrenza che porta ad utilizzare mozzarelle scadute e soprattutto olio di cui non si sa la provenienza. Questa iniziativa può dare una svolta in senso di legalità e correttezza a diverse attività ed è sicuramente il caso di incentivarla.

Grazie mille per aver dato questa notizia strepitosa. Iniziativa stupenda, ho letto che i proprietari sono napoletani, quindi finalmente (forse) non si continuerà ad andare avanti con questi steriotipi (Napoli=camorra, Sicilia=mafia) forse si capirà che non bisogna fare di tutta l'erba un fascio, non a caso alla serata inaugurale sono arrivati il procuratore antimafia di Napoli Giuseppe Borrelli e il giornalista Sandro Ruotolo per parlare ancora una volta di legalità insieme a Gino Fabbri e Nadia Monti coordinatrice regionale di “Avviso Pubblico. Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie. La Pizzeria Etica per uno strano gioco del destino ha trovato il suo posto proprio in San Donato, un quartiere storico vicino alla zona universitaria che negli anni è stato prima bollato come ghetto dei meridionali e successivamente indicato come quartiere difficile, ad alta concentrazione di immigrazione e microcriminalità e su cui il Comune sta effettuando un minuzioso piano di recupero e di rivitalizzazione, speriamo bene!

Cosa ha a che fare questa iniziativa con la RSI? Direi che ha molto a che fare, dal momento che il concetto di stakeholders è un concetto molto ampio che non si limita soltanto ai lavoratori o ai consumatori, ma in alcuni casi (e soprattutto secondo una lettura estensiva di questa categoria) può coincidere con l'intera società in cui l'attività opera.
Questa pizzeria infatti collaborando con questo tipo di fornitori, implicitamente agisce contrastando e organizzazioni criminali, facendo l'interesse di tutte quelle persone che vengono sfruttate e schiavizzate dalle mafie.
Se, come tutti ci auspichiamo, altre pizzerie (ma anche imprese di altri settori) seguissero l'esempio di questa, si riuscirebbe a limitare il potere di azione della mafia.
E se questa non è RSI, che cos'è?

Carissimi colleghi, ho letto i vostri post e sono anch'io molto felice che l'apertura della pizzeria etica Masaniello, in via San Donato, sia stata un'occasione e, continua ad esserlo, per far riflettere. L'iniziativa della "pizza sospesa" è una delle idee più sorprendenti dei fratelli che hanno deciso di gestire la pizzeria e di portare avanti questo progetto ETICO. Vorrei condividere con voi un'esperienza in modo tale da rendere noti i risultati sociali ai quali ha dato impulso l'apertura della pizzeria Masaniello. Ho incontrato una delle tantissime persone che, purtroppo e non per scelta, è priva di casa e dorme sotto i portici: ho informato la stessa dell'iniziativa e, rilevati i suoi handicap fisici, le ho consegnato di persona una delle tante pizze sospese che la gente generosa aveva voluto lasciare, in sospeso appunto, a favore di chi è più sfortunato. I fratelli Marco e Luca Caiazza, una volta prospettatagli la situazione, non hanno esitato un attimo nel consegnarmi una delle tantissime pizze già pagate e lasciate sospese. E' stato per me sorprendente vedere quante pizze sospese erano state pagate in quel giorno! Ciò mi rende orgogliosa: sapere che c'è tanta gente così attenta alle esigenze dei senza tetto, dei più poveri, mi rende ancor più contenta della scelta fatta circa un anno fa,ovvero quella di entrare a far parte di un'associazione di volontari!
E' stato commovente osservare come quel fratello sorrideva e ringraziava Dio per quel dono! La pizzeria etica è una delle iniziative più importanti e socialmente responsabili poiché l'impegno e la sfida dei proprietari si pone in linea con le idee di sviluppo, di contrasto alla mafia, di sensibilizzazione alla tematica della legalità.