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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia

Messaggio  722481 Dom Apr 10, 2016 1:54 pm

Cari colleghi, credo sia importante aprire un dibattito su un tema così caldo e, allo stesso tempo, di grande attualità. Solo per introdurre l'argomento, volevo ricordare questa iniziativa, per me molto importante. Qualche anno fa è stato organizzato un convegno presso l'UniCredit Tower Hall da UniCredit Foundation e Libera, nell'ambito del 3° Festival dei beni confiscati alla criminalità organizzata, dal titolo "Fare impresa sociale e buona economia con i beni confiscati alle mafie:si può!". Molti importanti i temi qui trattati, tra i quali spiccano: il ruolo dell’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Confiscati e Sequestrati alla Criminalità Organizzata;l’utilità sociale di una corretta gestione di tali beni e i possibili ambiti di miglioramento; il contributo del mondo del credito; l’importanza della formazione delle risorse umane impegnate nella valorizzazione di un bene sottratto all'inquinamento mafioso; i compiti della politica. Le discussioni più accese hanno riguardato proprio le problematiche legate all'azione dell’Agenzia, ritenuta uno strumento utile e fondamentale per l’amministrazione di un patrimonio che ha raggiunto una dimensione economicamente abnorme: secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, infatti, nel solo periodo che va dall’1 agosto 2013 al 31 luglio 2014, i beni sequestrati alle mafie sono stati 10.769 (di cui 709 aziende) e quelli confiscati 3.513 (161 aziende), per un valore complessivo di quasi 7 miliardi di euro. E’ quindi evidente la ricchezza immensa di questi possedimenti passati nelle mani dello Stato, che possono diventare molto utili per la collettività. Roberto Maroni ha  sottolineato quanto sia importante coinvolgere Regioni ed enti locali nel processo di gestione e assegnazione dei beni portato avanti dall'Agenzia Nazionale. Ciò servirebbe infatti a snellire le procedure e rendere più concreto ed efficiente il meccanismo. “L’aggressione ai patrimoni è lo strumento che più colpisce la legittimità mafiosa: sottrarre i beni vuol dire mettere in crisi la struttura organizzativa mafiosa, togliere potere e consenso sociale”.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Quando i tesori mafiosi diventano impresa sociale

Messaggio  723827 Dom Apr 10, 2016 3:34 pm

L'argomento introdotto mi sembra molto interessante in quanto i fini sociali ai quali le imprese mirano, necessitano di incentivi molto forti da parte dello Stato e delle sue risorse, tra le quali spiccano appunto gli innumerevoli beni confiscati alle associazioni criminali, mafia in primis. Documentandomi sull'argomento ho appreso che da Nord a Sud, i beni sequestrati e confiscati alle mafie nell'ultimo anno valgono come un quarto della prossima finanziaria; per legge devono essere riutilizzati per la collettività, ma mostrano prima di tutto che le cosche possano essere sconfitte. Tra le prime sei regioni interessate, ci sono l'Emilia Romagna e la Lombardia, a conferma di come non sia un fenomeno solo meridionale. Questi beni diventano un'occasione di rigenerazione quando fanno nascere speranza, dignità e lavoro, nel segno di un'economia che non dimentica il senso etico d'impresa per il bene comune. I problemi però sono molteplici primo tra tutti la lentezza dello Stato per l'assegnazione dei beni confiscati.  Occorrono in media cinque anni, a volte anche dieci, prima che il tesoro dei boss venga assegnato alle associazioni. In tutto questo tempo, i beni rischiano di rovinarsi e perdere valore. Le inesauribili pratiche burocratiche inerenti all'assegnazione dei beni confiscati rischiano di far perdere fiducia ai cittadini che potrebbero addirittura, nel caso di perdita di lavoro nell'impresa in cui prima erano dipendenti (nonostante la gestione fosse mafiosa), rimpiangere la stessa gestione mafiosa. I beni confiscati sono per legge da assegnare al popolo secondo le inerenti procedure e ,perciò, snellire i procedimenti burocratici e velocizzarli aiuterebbe nella nuova gestione degli stessi a vantaggio di imprese oneste. I beni mafiosi confiscati sono, visto il loro numero e valore, una risorsa enorme del nostro patrimonio e sicuramente possono essere riutilizzati a fini sociali mettendoli in mano a imprese che lavorano in modo serio e che si interessano della collettività e del bene comune.


Ultima modifica di 723827 il Dom Apr 10, 2016 6:02 pm - modificato 1 volta.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Confisca delle aziende "mafiose"= aiuto per i giovani

Messaggio  0000724335 Dom Apr 10, 2016 3:55 pm

In un paese come il nostro che, purtroppo, è stato infangato da un fenomeno come la mafia, a mio avviso, è molto importante fare riferimento alla confisca dei beni come strumento per l’aumento dell’economia. Infatti, tale fenomeno è talmente radicato in Italia che si registrano sequestri, soprattutto, nelle zone meridionali, ma tra le prime sei rientrano anche la Lombardia e L’Emilia Romagna. Come ha sostenuto Maurizio Carrara, presidente della Unicredit Foundation, in occasione del convegno citato, i dati registrati mettono in luce come il sequestro dei beni mafiosi possa essere una risorsa per l’intera collettività, non solo dal punto di vista economico, ma anche sociale. L’Unicredit Foundation e l’Unicredit hanno avviato delle procedure per l’utilizzo di tali beni solo con funzioni sociali e nel rispetto della legalità. Tali misure permetterebbero di trasformare un fenomeno negativo come quello mafioso in possibilità di miglioramento produttivo per il nostro paese, soprattutto se i beni confiscati sono delle aziende, poiché si darebbe speranza a soggetti come i giovani che risentono particolarmente dell’aumento della disoccupazione. Queste azioni possono essere considerate come un espletamento della responsabilità sociale, della quale l’Unicredit Foundation si fa portatrice fin dalla sua costituzione, avendo come obiettivi principali la diffusione di solidarietà e filantropia nelle aree geografiche in cui opera. Come rileva dal sito internet, Unicredit Foundation mira a realizzare interventi nel settore del non profit, ma anche a tutelare i gruppi sociali più a rischio, tra cui i giovani, gli anziani e gli stranieri.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Re: Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia

Messaggio  0000723020 Dom Apr 10, 2016 6:12 pm

Nel riallacciarmi a quanto detto, non posso non far cenno alla realtà di Agrorinasce scrl – Agenzia per l’innovazione, lo sviluppo e la sicurezza del territorio: una società consortile, con capitale interamente pubblico, che è stata costituita nel mese di ottobre del 1998 da quattro Comuni, sei nel 2005, della provincia di Caserta; con l'ovvio scopo di rafforzare la legalità in un'area ad alta densità criminale. Per quanto riguarda la promozione e lo sviluppo dell'impresa, il Consorzio, si attiva gestendo un'area attrezzata per le imprese e lo sportello "Creaimprese", in collaborazione con Sviluppo Italia Campania s.p.a. . In provincia di Palermo, invece, il Consorzio Sviluppo e Legalità, prevede il riutilizzo dei beni confiscati alla mafia in modo da creare opportunità di lavoro in un'area in cui lo sviluppo economico è stato in negativo condizionato dalla presenza dei più pericolosi criminali mafiosi. Il progetto, infatti, prevede la realizzazione di cooperative specializzate nel settore agricolo e delle colture biologiche; dimostrando così che ciò ch ela mafia aveva sottratto alla collettività, può rinascere portando in seno una nuova cultura imprenditoriale, e ricattare così, dando un "marchio di legalità", un territorio, sin oggi, segnato e costretto all'arretratezza a causa del fenomeno mafioso. Ad oggi, sui territori confiscati alla mafia, sono stati costruiti: un centro ippico e un centro agrituristico, una cantina vinicola e un centro per il confezionamento delle lenticchie, mentre su altri beni sono in corso lavori di recupero affinchè vengano destinati ad attività economiche, produttive e sociali.
Inoltre, altro programma pilotato dall' Unicredit Foundation è "Italia- Giona: Network di beni confiscati alle mafie" , che prevede la costituzione di un’ampia partnership che coinvolga diversi enti assegnatari di beni confiscati alla criminalità organizzata nella provincia di Reggio Calabria, sotto forma di struttura consortile che divenga soggetto imprenditoriale capace di coordinare e sostenere le attività della singole cooperative aderenti.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Riutilizzo sociale dei beni confiscati

Messaggio  0000724520 Dom Apr 10, 2016 6:54 pm

Trovo la discussione molto interessante soprattutto perché sono nato e cresciuto in una città e in una regione in cui l'argomento criminalità organizzata "non passa mai di moda". A mio parere, fare dei beni confiscati un'impresa sociale è un grande passo avanti per l'economia e la disoccupazione. Recentemente nel casertano sono stati organizzati percorsi formativi sugli ecoreati e l'uso sociale dei beni confiscati, ma questo è solo il risultato della storica campagna, "Riprendiamoci il maltolto", portata avanti da Libera e Don Luigi Ciotti che, con oltre un milione di firme raccolte, portò alla legge 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia. Una norma che rende possibile il rinsaldamento di quel rapporto fiduciario tra cittadini e istituzioni che la criminalità organizzata inesorabilmente corrode. Secondo Don Ciotti, "questi beni diventano un'occasione di rigenerazione quando fanno nascere speranza, dignità e lavoro, nel segno di un'economia che non dimentica il senso etico d'impresa per il bene comune". Tutto ciò è ostacolato dalla lentezza dello Stato dal momento che ci vogliono dai cinque ai dieci anni per assegnare il bene confiscato alle associazione, ma abbiamo anche esempi positivi come quelli già citati di di Libera e Unicredit Foundation, la quale nell'ultimo anno e mezzo ha stanziato 1 milione e 200mila euro per sostenere dieci progetti in varie regioni italiane. Gli ultimi sono per la pizzeria "Wall Street" di Lecco, sorta nel covo che il boss della 'ndrangheta Franco Coco Trovato usava per riciclare denaro sporco, gestire traffici di droga, ordinare agguati, e per la cooperativa "Rita Atria" di Trapani. Concludo citando un'altra campagna di Libera “Impresa bene comune”, che si propone di coinvolgere il sistema imprenditoriale sano del nostro Paese, il vero Made in Italy, in un grande progetto di responsabilità sociale: “condividere le esperienze imprenditoriali di successo e metterle al servizio del recupero, della salvaguardia e della valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, a beneficio dello sviluppo economico, della legalità e della tutela del lavoro”.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Le lacune burocratiche nella gestione e assegnazione dei beni confiscati

Messaggio  722481 Mar Apr 12, 2016 9:10 am

Colleghi, vi ringrazio per ciò che avete scritto sopra e penso che avete proprio centrato l'argomento. Prima di chiudere però il topic mi sembrava giusto soffermarmi su un punto toccato dal nostro collega sopra, e cioè il lento processo burocratico che riguarda la gestione e l'assegnazione dei beni confiscati alla criminalità mafiosa. Ciò è emerso, in particolare, negli ultimi anni, alla luce degli interventi legislativi che hanno definito gli aspetti peculiari di questa materia. Abbiamo già visto come i beni confiscati costituiscono, ormai, una quota notevole dell'economia italiana e del sistema produttivo del Paese. Ed abbiamo anche osservato bene come in tale contesto l'impresa sociale ha un ruolo determinante nella fase di destinazione. Il riutilizzo dei beni, e quindi, la restituzione alla collettività risulta l'unica strada efficace e percorribile nell'ottica della ricollocazione del capitale sociale. Tale strategia va però incontro a forti limiti normativi in tema di destinazione e ad un lento processo burocratico.  Quindi si incontrano, da un lato una serie di problematiche relative al fatto che in primis le istituzioni non mettono in atto delle azioni mirate alla riallocazione di questo patrimonio. Dall'altro, l'impresa sociale presenta, per la sua struttura giuridica ed economica flessibile, una predisposizione quasi fisiologica alla riallocazione del capitale sociale. Tale scelta strategica incontra, tuttavia, forti limiti in quanto solo beni per 2-3 miliardi di euro sono in fase di destinazione mentre, per la restante parte, questi rischiano di rimanere inutilizzati, disperdendo così risorse e capitale sociale che potrebbe, attraverso un'allocazione efficiente, creare valore per la comunità e ridurre la disoccupazione nel nostro Paese.  Nel 2011 viene emanato il decreto legislativo n. 159 “ Codice Antimafia” entrato in vigore il 15 marzo 2012. In linea di massima, il “Codice Antimafia” ricalca i fondamenti della L. 109/1996 anche se in parte non ne rispetta le finalità. Tuttavia il Codice Antimafia non offre strumenti di raccordo tra la fase di aggressione del patrimonio e quella della destinazione dei beni confiscati, poiché in linea di massima la finalità sembra essere quella di tutelare i terzi creditori che possono dimostrare la Buona Fede, titolari di diritti e crediti nei confronti di patrimoni sequestrati, stabilendo una complessa procedura completamente sganciata dalla gestione del bene. Penso, quindi, che ci troviamo davanti un serio problema che, se superato, ci permetterebbe di "guardare il futuro con qualche sorriso in più".

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Mappatura beni confiscati

Messaggio  0000724648 Gio Apr 14, 2016 6:38 pm

Se può interessare, sul sito mappalaconfisca.com si trova una mappatura aggiornata al 2015 dettagliata di tutti i beni confiscati in Emilia Romagna, a cui hanno lavorato anche colleghi del master in gestione e riutilizzo dei beni e delle aziende confiscate Pio la Torre (metterei il link ma non sono autorizzata).
Io sono convinta che lo strumento della confisca dei beni (mobili ed immobili) sia uno strumento efficace solo se affiancato da un'corretto riutilizzo delle risorse, riutilizzo che deve essere di carattere sociale. In questo senso associazioni come Libera hanno dato un contributo importante, così come tante cooperative (ad esempio la calabrese Valle del Marro). Fondamentale è stata la legge 109/96 sul riutilizzo sociale dei beni confiscati (legge approvata anche grazie al lavoro di Libera e alla petizione popolare che contò un milione di firme). Insomma, non basta confiscare, è fondamentale restituire il bene alla collettività, e secondo me la restituzione ha valore aggiunto quando a riutilizzare il bene è un'impresa, sia essa agricola, d'intrattenimento o quant' altro. Meglio ancora se l'impresa in questione è autoctona.
La già citata cooperativa Valle del Marro, ad esempio, opera in Calabria nella piana di Gioia Tauro (zona straziata dal potere mafioso) in ambito agricolo, e riesce a promuovere contemporaneamente i valori dell'antimafia, un'idea di sviluppo sostenibile e agricoltura biologica, l'attività di informazione e formazione nelle scuole, l'inserimento nel lavoro per soggetti svantaggiati (in quanto cooperativa sociale) e un'idea di turismo sostenibile. Insomma, esistono imprese e cooperative che il tema della responsabilità sociale lo prendono sul serio e con spirito genuino. Fa sempre piacere.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Alcune soluzioni per risolvere la "crisi istituzionale" di gestione dei beni sequestrati

Messaggio  722481 Lun Apr 18, 2016 8:39 pm

Abbiamo discusso a lungo su questo fenomeno, ma mi preme dare alcuni spunti su come, effettivamente, potrebbe essere risolto il grave problema della gestione dei beni sequestrati alla mafia. Prima di fare delle ipotesi, voglio ricordare che questo strumento, cioè il sequestro dei beni mafiosi, è stato, e rappresenta tuttora, lo strumento principale di contrasto alla criminalità di stampo mafioso. Come amava ripetere il giudice Falcone: "Per debellare Cosa Nostra bisogna seguire i suoi profitti, bisogna strapparglieli" (non a caso fu proprio il giudice a spingere il Governo ad emanare alcune significative leggi sul sequestro dei patrimoni ai mafiosi, tutto ciò divenendo realtà, purtroppo, solo dopo la sua morte). Penso sia necessario compiere un ulteriore passo avanti, ovvero allargare il campo d’azione ai beni immobili confiscati, soprattutto quelli che rientrano nella categoria di appartamenti e ville (e non solo terreni e aziende) per pensare ad un loro recupero e ad una loro valorizzazione che permetta di trasformarli in luoghi di accoglienza, di recupero, di incontro e di assistenza per persone in difficoltà che vivono in una condizione di povertà e di marginalità sociale. Vi è una necessità, non più rinviabile, di uscire dalle politiche di settore per ridare dignità e competenza ad un welfare statale pubblico, fondato sui principi fondamentali del patto costituzionale del nostro Paese, capace di legare libertà personali e dignità umana. Si potrebbe, ad esempio, intervenire in aiuto delle persone più deboli utilizzando le strutture dei beni confiscati affinché da luogo simbolo di prepotenza e dominio mafioso diventino invece luogo di accoglienza e sostegno, strutture di accoglienza momentanea o permanente per persone in difficoltà e che vivono situazioni di marginalità sociale; ovvero pensare ad un loro riutilizzo anche in chiave di strutture informative e di servizio, favorire l’abbattimento di costi per l'avvio di nuove imprese sociali che troverebbero, nell’affidamento dei beni confiscati, un importante punto di partenza per lo svolgimento delle loro attività. Il riutilizzo sociale dei beni confiscati, non può che essere manifestazione concreta dello svolgimento di questa funzione.
La stessa Corte Costituzionale l’ha riconosciuta con recenti sentenze nelle quali ha affermato che «la restituzione alle collettività territoriali - le quali sopportano il costo più alto dell’“emergenza mafiosa” - delle risorse economiche acquisite illecitamente dalle organizzazioni criminali rappresenta […] uno strumento fondamentale per contrastarne l’attività […]». E' chiaro allora come la restituzione alla collettività dei beni sottratti alle mafie è uno strumento che rappresenta il mezzo di rieducazione ed integrazione sociale delle comunità, capace di invertire, nelle varie realtà territoriali in cui agisce, il corso politico, economico, sociale e culturale spesso deviato da interessi anticostituzionali, individualistici e criminogeni.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Gestione responsabile

Messaggio  0000722544 Lun Apr 18, 2016 9:45 pm

Mi è sembrato molto interessante il tema aperto dal collega, informandomi a tal proposito ho notato un'idea originale e pragmatica proposta da Salvatore Gibiino, nonché presidente della cooperativa " Pio la torre. Egli proporne l'Istituzione di un’Agenzia nazionale per la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie.
Ancora oggi, a distanza di anni dall’entrata in vigore della legge n. 109/96, viviamo un periodo di straordinarietà nei progetti di riutilizzo dei beni confiscati. Occorre invece una vera e propria programmazione e l’inserimento dei beni confiscati nei piani di sviluppo economico e sociale sia nazionali che regionali e locali. Sono certamente insufficienti, oggi, le persone impegnate dall’Agenzia del Demanio, al di là dell’impegno e della sensibilità dei suoi funzionari, nella gestione dei beni immobili e delle aziende confiscate ancora da destinare. L’esperienza nei progetti sull’uso sociale dei beni confiscati compiuta in questi anni segnala la necessità di un interlocutore unico, autorevole e competente che prenda in mano la gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati.Si propone, a tal fine, la creazione di un’Agenzia nazionale (con personale e funzionari qualificati, compreso quello attualmente in forza nelle sezioni misure di prevenzione dei Tribunali, nell’Agenzia del Demanio e di quegli amministratori che abbiano dimostrato una buona capacità gestionale) che affianchi la magistratura della gestione dei beni sequestrati e possa garantire una organicità e sistematicità della gestione dei beni confiscati Certo l’individuazione delle caratteristiche dell’Agenzia non è questione semplice. Ad esempio, dovrà essere attivata una forte sensibilità economica poiché gran parte dei progetti sui beni confiscati necessitano di competenze di promozione d’impresa e di analisi di mercato.


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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty La Calcestruzzi Ericina Libera

Messaggio  722481 Mer Apr 20, 2016 4:57 pm

Un significativo esempio rispetto a tutto ciò che abbiamo detto può essere offerto da quello di questa cooperativa. Sequestrata nell'agosto del 1996 e raggiunta da provvedimento di confisca definitiva nel giugno del 2000, apparteneva ai figli del boss Vincenzo Virga, capo-mandamento di Trapani, alleato del tuttora superlatitante Matteo Messina Denaro. Subito dopo la confisca, i tre diversi stabilimenti (siti a Trapani, Valderice e Favignana) hanno mantenuto costanti i loro standard produttivi di cemento armato, garantendo anche i livelli occupazionali precedenti al sequestro. I primi problemi si sono presentati nei mesi di febbraio e marzo 2001, in coincidenza dell’arresto di Virga, quando le commesse hanno iniziato a diminuire in maniera sistematica e ci sono stati diversi tentativi, da parte del potere mafioso, di far fallire la Calcestruzzi per poterla poi ricomprare a prezzi stracciati. Queste difficoltà sono state il motore per la nascita della “Calcestruzzi Ericina Libera” cooperativa formata da sei ex lavoratori dell’azienda, presentata ufficialmente il 9 febbraio 2009. Negli ultimi anni, la cooperativa ha sviluppato anche una nuova filiera produttiva: il riciclaggio degli inerti, che permette di creare nuove prospettive di mercato e migliorare la gestione del territorio e  dell’ambiente e consente di recuperare materiali altrimenti destinati a finire in discarica, o peggio ancora abbandonati nell'ambiente, trasformandoli in una risorsa. L’impianto R.o.s.e. è stato reso possibile anche grazie la destinazione di 1,13 milioni di euro ottenuti nell'ambito del Por Sicilia 2000/2006.
Gli impianti dello stabilimento trapanese, ridipinti di un verde che richiama al valore di un calcestruzzo pulito, in quanto legale ed ecologico, sono l’emblema di una riconquista possibile grazie all'impegno degli amministratori giudiziari, alla ferma determinazione della Prefettura e della Procura della Repubblica di Trapani, alla professionalità e alla corresponsabilità civile da parte dei lavoratori. Un presidio di legalità in un settore strategico come quello delle costruzioni, profondamente inquinato dalla presenza delle mafie ma che vede oggi l’inizio del progetto territoriale “Il calcestruzzo della legalità”, promosso in collaborazione con il Tribunale di Trapani e Unioncamere.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Coop Liguria e campo volontariato di Libera

Messaggio  0000724520 Dom Apr 24, 2016 5:37 pm

Cari colleghi, il mio intervento potrà sembrare una "nota stonata" all'interno di questo topic, ma credo rientri a pieno titolo nella tematica del riutilizzo sociale dei beni confiscati. Vorrei portare alla vostra attenzione un'iniziativa che Coop Liguria promuove ormai ogni anno, ovvero sostenere la partecipazione dei giovani ai campi di volontariato e impegno civile dell'associazione Libera. I campi si svolgono presso le cooperative sociali che gestiscono i terreni confiscati alle mafie e alternano il lavoro a incontri con i familiari delle vittime, con le istituzioni e con gli operatori, per approfondire lo studio del fenomeno mafioso e diffondere una cultura fondata sulla legalità e la giustizia sociale. Il bando si rivolge a giovani di età compresa tra i 18 e i 27 anni non ancora compiuti, residenti in Liguria o nel Basso Piemonte (nelle aree dell'Ovadese, del Novese e del Monregalese), dove la Cooperativa è presente con i suoi punti vendita. 
Questa è solo una delle iniziative a tutela della legalità che la Cooperativa realizza ogni anno, promuovendo eventi di sensibilizzazione nei propri programmi di attività sociali; proponendo percorsi sulla legalità ai ragazzi delle scuole; valorizzando nei punti vendita i prodotti delle cooperative che gestiscono i beni confiscati alle mafie. Penso che per poter parlare di responsabilità sociale o di riutilizzo sociale dei beni confiscati vi sia bisogno di sensibilizzazione ed è proprio quello che fa Coop Liguria con tali iniziative. Riallacciandomi alla tematica in discussione, ritengo che iniziative del genere siano un'ottima pubblicità, tale da smuovere i cittadini ed accrescere l'acquisto dei prodotti provenienti dai terreni confiscati.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty COMITATO ADDIOPIZZO

Messaggio  0000588170 Mar Apr 26, 2016 4:12 pm

In merito vorrei segnalare il Comitato Addiopizzo, movimento antimafia italiano, nato e sviluppatosi in Sicilia, impegnato principalmente sul fronte della lotta al racket delle estorsioni mafiose (c.d. Pizzo).
Nasce dall'iniziativa di alcuni ragazzi che tappezzarono il centro di Palermo di adesivi con su scritto " Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità ".
Questa iniziativa non rimase senza riscontro, attirò l'interesse dei mass media, forze dell'ordine e della Procura della Repubblica, divenendo nel corso degli anni una realtà molto importante nel panorama siciliano e non solo. Vorrei soprattutto portare l'attenzione sulla campagna " Contro il pizzo, cambia i consumi " del 2005.
La campagna ha il duplice scopo di stimolare i cittadini ad una responsabilizzazione , facendo arrivare il messaggio che il singolo può decidere di consumare in un modo critico, comprando presso esercizi liberi dal pizzo, non pagandolo lui stesso indirettamente; allo stesso tempo agli imprenditori viene data la possibilità di prendere le distanze dagli ambienti mafiosi. Le richieste di adesione all'iniziativa da parte degli operatori economici devono essere vagliate da una commissione di garanzia, con il supporto di documenti (processuali, giudiziari, amministrativi, giornalistici) e/o altri elementi obiettivi di qualsiasi natura che possano sostenere la valutazione della Commissione in merito alla sua inclusione nella lista.
A mio avviso la scelta coraggiosa di tali imprese di aderire a questa campagna, sottraendosi in questo modo al racket delle estorsioni mafiose e riuscendo a proporre un prezzo inferiore ai propri consumatori, è uno degli esempi migliori dell'essere socialmente responsabili.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Re: Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia

Messaggio  722481 Mer Apr 27, 2016 3:38 pm

Altro grande esempio di utilità sociale dei beni confiscati è rappresentato dalla Cooperativa sociale Placido Rizzotto, che opera sulle terre del Consorzio dei Comuni “Sviluppo e Legalità” dove effettua l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, creando opportunità occupazionali ispirandosi ai principi della solidarietà e della legalità. Il metodo di coltivazione scelto sin dall’inizio è quello biologico e le produzioni sono tutte artigianali, al fine di garantire la bontà e la qualità dei prodotti che conservano il sapore antico della tradizione siciliana. La Cooperativa aderisce a Libera e al CONAPI, Consorzio nazionale di apicoltori e agricoltori biologici. Grazie allo straordinario impegno di soggetti istituzionali, quali la Prefettura di Palermo e il Consorzio Sviluppo e Legalità dell’Alto Belice corleonese ed all’impegno dell’Associazione Libera, il Progetto Libera Terra muove i primi passi nel Luglio 2001, con l’istituzione di un bando per la ricerca di 15 giovani disoccupati raggruppati secondo diversi profili. Dopo tre mesi di intenso percorso formativo, i 15 giovani selezionati, il 21 Novembre 2001, costituiscono la Cooperativa sociale Placido Rizzotto – Libera Terra e ricevono dal Consorzio Sviluppo e Legalità terreni confiscati alla mafia siti nel territorio dei comuni di Piana degli Albanesi, Corleone, San Giuseppe Jato, San Cipirello e Monreale. Il principale carattere distintivo dell’attività sociale della cooperativa è rappresentato dall’inserimento lavorativo di ragazzi diversamente abili che, altrimenti, difficilmente troverebbero un impiego e un’integrazione sociale in una realtà marginale ed economicamente depressa come quella dell’Alto Belice - Corleonese. Il tutto è realizzato garantendo il recupero produttivo di quelle terre che, dopo la confisca ai boss mafiosi, erano rimaste in stato di totale degrado ed abbandono. Tale attività si presenta di notevole complessità e richiede un impegno solidale da parte di tutta la compagine sociale.
Inoltre, durante il 2005, la Cooperativa ha partecipato costantemente alle iniziative promosse dall’associazione Libera, dal Consorzio Sviluppo e Legalità, dalla Lega delle Cooperative, dalla Coop e da altre associazioni e istituzioni. Anche nel 2005 la Cooperativa ha collaborato con la Federazione Nazionale delle
Associazioni Auser di Volontariato per la realizzazione di una campagna a sostegno del Filo d’Argento, un servizio di assistenza domiciliare gratuita agli anziani.
Infine, la Cooperativa ha collaborato alla realizzazione della “48 ore non stop per lo sviluppo e la legalità” promossa dal Consorzio Sviluppo e Legalità in collaborazione con Libera.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Gli sprechi di legalità

Messaggio  0000725523 Mar Mag 03, 2016 12:54 pm

Cari colleghi, decido di intervenire con un approfondimento sul progetto “impresa bene comune” intrapreso, ancora una volta, dall’associazione Libera, soffermandomi soprattutto sugli “sprechi di legalità”.
L’obiettivo della campagna “Impresa Bene Comune”, promossa da Libera, è quello di trasformare ogni azienda sottratta alla mafia in una risorsa in grado di sostenere il Paese in un momento di grande difficoltà economica. La campagna si propone di coinvolgere il sistema imprenditoriale sano (il Made in Italy) del nostro Paese in un grande progetto di responsabilità sociale: condividere le esperienze imprenditoriali di successo e metterle al servizio del recupero, della salvaguardia e della valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata, a beneficio dello sviluppo economico, della legalità e della tutela del lavoro. L’obiettivo della campagna è quindi, quello di coinvolgere immediatamente il sistema imprenditoriale italiano in una grande iniziativa per il rilancio della nostra economia e perché questo possa accadere, ogni azienda confiscata entrerà in partnership con imprese sane dello stesso settore o di settori affini o complementari, fino a quando non si deciderà la sua destinazione: la nascita di cooperative di lavoratori a cui affidarla, l’affitto o la vendita.
Frutto della raccolta di firme promossa da Libera nel 1995, la già citata legge n.109 del 1996 (modificata dal recente Codice delle leggi antimafia) rappresenta ancora oggi uno straordinario strumento di affermazione e crescita della legalità e dell’antimafia sociale nel nostro Paese. Grazie all’uso sociale dei beni immobili confiscati, infatti, pur tra limiti e difficoltà ancora da superare, sono centinaia le associazioni e le cooperative sociali che in questi anni hanno operato per restituire, concretamente, alla collettività le ville, gli appartamenti, i terreni agricoli sottratti alla criminalità organizzata.
Valorizzare queste esperienze, sostenerle nei loro sforzi, significa accrescere il capitale sociale del nostro Paese, favorire la creazione di posti di lavoro puliti e affermare, nell’impegno quotidiano, che la “legalità conviene”. Si tratta di un’azione fondamentale, perché le mafie stanno approfittando di questa crisi economica per investire, sempre di più, i loro capitali nell’economia legale. Non a caso si moltiplicano i sequestri di compendi aziendali, anche di rilevanti dimensioni. La legge prevede che queste aziende possano essere vendute, affittate oppure affidate a cooperative di lavoratori. Accade, purtroppo, il contrario. Le aziende confiscate che potrebbero restare sul mercato, continuando a produrre ricchezza e lavoro, chiudono e falliscono. La loro sopravvivenza e trasformazione in segni concreti di un cambiamento possibile è l’eccezione. Le cause di questo vero e proprio “spreco di legalità” sono diverse:
a) Revoca dei fidi bancari: le banche chiudono i “rubinetti”, revocando gli affidamenti e non consentendo all'azienda, già nella fase del sequestro, di proseguire la propria attività;
b) Rapporti con i clienti/fornitori: dopo il sequestro i clienti revocano le commesse e i fornitori chiedono di rientrare immediatamente dei loro crediti, in questo caso spingendo l'azienda alla chiusura;
c) Innalzamento dei costi di gestione: l'azienda sequestrata/confiscata, ricollocata in un circuito legale, sconta l'inevitabile aumento dei costi di gestione relativi alla regolare fatturazione delle commesse e alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro;
d) Gestione conservativa delle aziende: l'autorità giudiziaria e gli amministratori si trovano spesso senza strumenti, risorse e competenze specifiche.
Il risultato è uno e inaccettabile: la chiusura delle aziende sequestrate/confiscate, con i relativi licenziamenti dei lavoratori.
Secondo i dati aggiornati al 31 dicembre 2012, dal1982 sono state confiscate in via definitiva 1708 aziende, nel settore del commercio, seguito da quello delle costruzioni e della ristorazione. Ma non mancano le attività immobiliari e quelle finanziarie, l’informatica e i servizi alle imprese, le aziende agricole e quelle di pesca, le imprese manifatturiere e di trasporto, quelle che si occupano di sanità e servizi sociali e persino le società di produzione e distribuzione di energia elettrica, acqua e gas. Tuttavia, è urgente impegnarsi direttamente per trasformare ogni azienda confiscata alle mafie in un “bene comune” e a farlo, deve essere anche la migliore classe imprenditoriale e dirigenziale del nostro Paese. Si tratta, insomma, di fare un passo avanti: dal sostegno e dalla solidarietà, pure fondamentali, nei confronti di associazioni e cooperative di giovani impegnati nell’uso sociale dei beni immobili confiscati, alla responsabilità diretta.
Concludo citando la recente proposta di legge di iniziativa popolare “Io riattivo il lavoro”, promossa dalla CGIL e sostenuta anche da Libera, per ottenere disposizioni legislative volte a: velocizzare i tempi previsti dal sequestro alla confisca; istituire un sistema di incentivazione fiscale; introdurre agevolazioni contributive per il mantenimento dei dipendenti e per l’assunzione di nuova forza lavoro; prevedere un sistema che consenta ai lavoratori di essere utilmente ricollocati sul mercato del lavoro nel caso di chiusura dell’azienda; introdurre agevolazioni per l’imprenditorialità giovanile; prevedere, già in fase di sequestro, una sorta di tutorship da parte di imprese sane e leader del settore o di settori affini, da affiancare a titolo gratuito all'amministratore giudiziario, definendo in caso di confisca definitiva, vendita e/o affitto, criteri premianti o possibilità di prelazione per chi ha svolto questa attività di tutoraggio.

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Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia Empty Re: Responsabilità sociale dell'impresa e buona economia dei beni confiscati alla mafia

Messaggio  724326 Mar Mag 10, 2016 4:24 pm

La Torre, nel 1982, affermò che “dobbiamo considerare la lotta alla mafia un aspetto molto importante e decisivo, non a sé stante, ma nel quadro della battaglia più generale per la difesa dello stato democratico”.
Il tema che riguarda la confisca dei beni alla mafia, è molto interessante, quanto triste, sapere che in Sicilia sono stati confiscati circa il 44% degli immobili in Italia in mano mafiosa No
Finalmente, ammiro con piacere che si è intervenuti su questo tema evitando che questi beni rimanessero lì, senza essere più neanche toccati, lasciati corrodere dal tempo..
Nel 2014 Libera ha promosso un primo censimento delle esperienze positive di riutilizzo di beni confiscati alle mafie da parte delle realtà
del terzo settore, dell’associazionismo, del volontariato e della cooperazione. Il censimento è stato realizzato in preparazione alla Conferenza nazionale sui beni confiscati che si è svolta lo scorso 1 marzo in Campidoglio, in occasione dei 18 anni di applicazione della legge n.109/96. I Forum regionali sono stati realizzati in Calabria, in Campania, in Puglia, in Sicilia, in Lombardia per il Nord Italia e Roma per il Centro Italia, con l’obiettivo di individuare e conoscere tutti i soggetti assegnatari dei beni confiscati e raccogliere esperienze, criticità, nuove idee, buone prassi e proposte di modifica normativa.
Sono state 395 le realtà sociali censite che rappresentano trecentonovantacinque buone pratiche di gestione di beni confiscati.
Il 65,8 % sono localizzate nel Sud Italia, il 25% nel Nord e il 9% nel Centro Italia. La regione con il maggior numero di esperienze positive è la Sicilia con 99 buone pratiche da parte delle realtà sociali, seguita dalla Lombardia con 75 realtà sociali, terza la Campania con 64. Trecentonovantacinque esperienze che fotografano un paese reale tra riutilizzo sociale, impegno e corresponsabilità. Un messaggio concreto che
testimonia che quando lo Stato da un lato e i soggetti della società civile organizzata – cooperative sociali, associazioni di volontariato e di promozione sociale, onlus, imprese sociali - dall’altro operano fattivamente, producono i frutti positivi di una nuova cultura della valorizzazione e
promozione del bene comune. Very Happy

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