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Agli albori della RSI italiana: Adriano Olivetti

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Messaggio  724804 Lun Mag 16, 2016 12:44 pm

Oggi, il tema della responsabilità sociale d'impresa è trattato da giuristi, economisti, imprenditori, studiosi in genere, con sfiducia ed un filo di retorica. A volte viene considerato come un progetto utopico o che, nella migliore delle ipotesi, non riesca a raggiungere totalmente gli obiettivi che esso stesso propone. Non dimentichiamoci, però, che noi italiani, e in particolar modo gli italiani del secondo dopoguerra, sono stati testimoni di un'esperienza di responsabilità sociale sperimentata direttamente nel nostro territorio, esattamente ad Ivrea, in Piemonte. L'artefice di tutto ciò fu Adriano Olivetti, figlio del fondatore della Ing. C. Olivetti & C, la prima fabbrica italiana di macchine da scrivere. Egli, fiducioso sul fatto che fosse possibile creare un equilibrio fra solidarietà sociale e profitto e che la tutta la produzione dovesse essere fondata su un ideale di bellezza sociale, organizzò il lavoro dei dipendenti in modo tale che all'interno dell'azienda si sviluppasse una sorta di felicità collettiva capace di generare efficienza. Gli operai erano trattati come persone vicine alla famiglia, ricevevano salari più alti, lavoravano in ambienti aperti che lasciavano intravedere l'ambiente circostante e, per conciliare i loro tempi familiari con quelli lavorativi furono costruiti asili e abitazioni in prossimità delle fabbriche stesse. Inoltre, fra ingegneri e operai non doveva crearsi nessun divario sociale: tutti, durante le pause, potevano partecipare a conferenze, concerti e dibattiti appositamente organizzati all'interno dei luoghi di lavoro: solo così il lavoro manuale dei dipendenti avrebbe potuto essere stimolato culturalmente, con creatività e sensibilità. L'imprenditore Olivetti era un fervente sostenitore dell'idea di far nascere una comunità capace di eliminare le differenze socio economiche, il divario fra produzione e cultura e che fosse capace di fondere insieme tutte le forza attive della società, anche col fine ultimo di ampliare questo progetto a livello nazionale. Sogno che, però, non fu realizzato a causa della morte prematura del signor Olivetti, avvenuta nel 1960, a soli 59 anni.
Alla luce di questa esperienza, credete che sia possibile oggi, che un'impresa italiana funga da modello virtuoso per la realizzazione di obiettivi socialmente responsabili, senza però provocare invidie, malcontenti nelle altre imprese del settore, ma solo una sana concorrenza e competizione, oltre che, ovviamente, il raggiungimento degli obiettivi ultimi della responsabilità sociale d'impresa?

724804

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