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Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più

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Messaggio  728145 Mar Apr 19, 2016 4:05 pm

Qualche giorno fa ho letto sulla Repubblica una notizia su una iniziativa abbastanza curiosa, che mi è sembrata attinente al tema di responsabilità sociale d'impresa, ed anche di buon esempio. Si tratta del caso di Aetna, una compagnia assicurativa americana specializzata in polizze sanitarie, che ha deciso di pagare un'indennità ai propri dipendenti che dimostrino di dormire almeno 7 ore a notte. L'idea è stata del CEO Mark Bertolini, il quale oltre ad essere convinto del legame tra il sonno dei dipendenti, la loro produttività e i profitti che ne ricava l'impresa, si è basato su uno studio della Duke University secondo il quale le aziende che investono in programmi di benessere e consapevolezza guadagnano un aumento di produttività degli impiegati di 69 minuti al mese. Durante il talk show Squawk Box della Cnbc, Bertolini ha spiegato che “Se sono in grado di dimostrare che dormono sette ore o più per venti notti daremo loro 25 dollari in più a notte: fino a 500 dollari in più all'anno".
Mi sembra un esempio di politica aziendale che sposa in pieno i principi della responsabilità sociale d'impresa. Non solo va incontro ai lavoratori, con l'aumento di stipendio di 25 dollari a notte e in generale con la promozione di programmi di benessere; ma lo fa con la consapevolezza che questo porterà alla compagnia un aumento nei profitti.
Bertolini si è reso conto che il benessere dei propri dipendenti è il benessere della compagnia, ed ha investito su questo.
Io penso che sia proprio questo il modo in cui la RSI può vivere e funzionare. Secondo me sta proprio in questo la sua forza: un'impresa che decida di assumersi determinate politiche di responsabilità ovviamente vuole trarne anche dei vantaggi. Il signor Bertolini è probabilmente più interessato ai profitti dell'Aetna piuttosto che alle ore di sonno dei suoi dipendenti, ma se può ottenere sia l'una che l'altra in una mossa sola è ben contento di farlo. Questa è secondo me la mossa vincente che dovrebbe essere fatta per promuovere veramente la RSI: dimostrare alle imprese quanto esse stesse abbiano da guadagnare applicando politiche responsabili. E' vero che spesso queste politiche comportano degli sforzi importanti, che non sempre sono sostenibili dalle aziende, ma in questi casi potrebbero intervenire i poteri pubblici con forme di incentivi o premi per chi decida di impegnarsi attivamente.

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Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più Empty Benessere e profitto

Messaggio  0000724648 Mar Apr 19, 2016 4:43 pm

Io credo che questo caso metta in evidenza un concetto che purtroppo non riesce ad essere capito: il benessere dei lavoratori è strettamente connesso alla loro produttività, e quindi al profitto dell'azienda. Della serie, politiche di responsabilità sociale incentrate sull'attenzione nei confronti del dipendente e massimo profitto non sono in contrasto tra di loro, anzi! Lo aveva capito già Olivetti, e lo stanno capendo adesso alcuni paesi europei. Uscì qualche mese fa la notizia della Svezia che sperimenta le giornate 6 ore lavorative (contro le 8 nostrane), che hanno come scopo quello di permettere al lavoratore 1) di riposare sia il corpo che la mente 2) di svolgere, durante la giornata, attività ricreative (che si sa, fanno bene all'anima). In questo modo si avrà un dipendente più riposato, più soddisfatto, più invogliato, insomma, più produttivo.
La solita paura dei costi immediati che non tiene conto però dei guadagni nel lungo periodo (umani, sopratutto, ma anche economici).
Sempre in tema di benessere del lavoratore si dovrebbe parlare anche di asili presso i posti di lavoro e di semplificazioni dei mezzi di trasporto, ad esempio. Una madre o un padre che hanno la possibilità di avere il loro bambino vicino potrebbero tornare al lavoro prima, e in condizioni di serenità. Tutte situazioni che si verificano nel nord dell'Europa, dove guarda caso il sistema del welfare è tra i più avanzati.
Si può trovare un articolo di Repubblica che espone nel dettaglio la situazione svedese e i vantaggi economici che ne sono derivati digitando su google 'la svezia dimuisce l'orario lavoratorivo' (purtroppo non riesco a postare il link)

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Messaggio  728145 Mar Apr 19, 2016 7:10 pm

Concordo pienamente: il benessere dei lavoratori comporta profitti per le aziende, che potranno disporre di dipendenti più produttivi ed efficienti perché soddisfatti e riposati. Qualcuno lo sta capendo, vedi l'esempio che ho fatto io della compagnia americana Aetna, vedi Olivetti, vedi gli uffici pubblici del comune svedese di Goteborg che hai citato tu. Così come la Toyota di Goteborg, che già da tredici anni ha ridotto l'orario di lavoro giornaliero a sei. Il problema però è che manca un intervento da parte del legislatore, che secondo me in questo caso sarebbe auspicabile. Uno dei deterrenti è infatti quello del costo che deriverebbe dal diminuire l'orario di lavoro dei dipendenti, con la conseguenza di aumentare il numero degli assunti (la riduzione di orario, almeno nei casi svedesi, non comporta una relativa riduzione di stipendio!). Costo che dovrebbe però essere riassorbito dalla maggiore produttività dei lavoratori nel lungo periodo. Tra l'altro, sempre negli esempi svedesi, ne ha beneficiato anche la sanità pubblica, poiché è venuto fuori che tra i lavoratori ai quali è stato ridotto l'orario sono diminuiti considerevolmente le assenze per malattia e i casi di depressione. Per non parlare del fatto che ridurre le ore significa avere bisogno di più dipendenti, perciò creare nuovi posti di lavoro. Ultimo ma non per importanza, avere dei cittadini sani, soddisfatti del proprio lavoro e che riescono a conciliare meglio il lavoro e la vita personale fa bene anche allo Stato in generale, al di là del fatto che la singola azienda che opera la riduzione di orario ne tragga dei profitti. Per questo, secondo me, sarebbe importante un qualche intervento normativo in questo campo, volto almeno ad orientare le imprese verso una valorizzazione del benessere dei lavoratori e cercando di minimizzare i costi che inevitabilmente, almeno inizialmente, le imprese dovrebbero affrontare.

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Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più Empty “Welfare Index PMI”: si misura il benessere dei dipendenti

Messaggio  0000724520 Mer Apr 20, 2016 10:49 am

Come ho sostenuto anche in altri interventi, inerenti alla sicurezza sul posto di lavoro, penso che il benessere dei dipendenti non solo possa rientrare nell'ambito dell'RSI, ma costituisce un vero e proprio "cavallo di battaglia". Ritengo che mostrare attenzione verso i propri dipendenti non possa far altro che incentivarli e essere motivo di soddisfazione per questi. Facendo alcune ricerche in internet, ho trovato un articolo di "Repubblica-Economia e Finanza" abbastanza recente, di circa un mese fa, che ho pensato potesse interessarvi data la tematica in discussione.
"Esame in ufficio, si misura il benessere dei dipendenti" di Monica Zunino (7 Marzo 2016)
"Milano. Si chiama “Welfare Index PMI” ed è l’indice costruito apposta per misurare il tasso di benessere nelle piccole e medie imprese italiane, come le più grandi alle prese con il problema di non farsi scappare i dipendenti più validi, migliorando con la soddisfazione dei lavoratori anche la propria immagine. Promosso da Generali Italia con la partecipazione di Confagricoltura e Confindustria, valuta le iniziative con un voto da zero a cento, mettendo a confronto le esperienze. Rette per asili nido e scuole materne o asili aziendali, assistenza sanitaria, previdenza integrativa, agevolazioni per il tempo libero, dalla palestra al cinema, partecipazione alle spese per l’assistenza ai parenti anziani, corsi di formazione e corsi di lingua italiana per gli stranieri sono solo alcune delle nuove frontiere dei benefit messi a disposizione dalle politiche aziendali ritagliate su misura per il personale. Le aziende puntano a rendere più “felici” i dipendenti soprattutto con l’obiettivo di «fidelizzare le figure più qualificate, migliorare il clima aziendale, la soddisfazione degli addetti e la produttività»: dichiara un terzo delle 1.240 imprese interpellate per costruire appunto il “Welfare Index Pmi”. Un altro terzo attua iniziative puntando a costruire una strategia di lungo periodo per il successo, l’immagine e la reputazione dell’azienda. Obiettivi economici più immediati, come il contenimento del costo del lavoro e l’utilizzo dei vantaggi fiscali sembrano essere ritenuti meno importanti nella classifica delle motivazioni: solo il 20% infatti li considera fondamentali. E sono determinanti per la diffusione del welfare aziendale nelle piccole e medie imprese anche gli incentivi fiscali che permettono gli investimenti. Il 35% delle aziende sentite per l’indagine, sostiene infatti costi aggiuntivi per le prestazioni e i servizi erogati ai dipendenti largamente compensati dai vantaggi fiscali, a fronte di un 7,4% che affronta i costi a proprio carico. La Legge di stabilità, del resto ha allargato le aree di welfare aziendale e ha aperto alle aziende la possibilità di offrire premi di produzione in forma di servizi, detassando le somme erogate anche per l’assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti proprio con l’idea di incentivare un’ulteriore diffusione del fenomeno. «Con il “Welfare Index PMI” vogliamo stimolare un cambio culturale nelle piccole e medie imprese con l’obiettivo di valorizzare la centralità del welfare nella vita quotidiana delle aziende, dei lavoratori e delle loro famiglie. Per un’impresa il welfare aziendale può essere un fattore distintivo sul mercato, segno di relazioni industriali evolute, e può favorirne la crescita» spiega Philippe Donnet, country manager e ammini-stratore delegato di Generali Italia che ha promosso la nascita del nuovo indice che interessa una galassia di imprese che occupa l’80% della forza lavoro italiana. L’indice di benessere si misura su dieci ambiti di intervento che vanno dalla previdenza integrativa alla salute, dalla tutela delle pari opportunità e sostegno ai genitori alle assicurazioni per i dipendenti e le famiglie. E ancora, dalla sicurezza e prevenzione alle assicurazioni per i dipendenti e le loro famiglie, dalla conciliazione del lavoro con le esigenze familiari al sostegno economico ai dipendenti e le loro famiglie, dalla formazione e sostegno alla mobilità delle generazioni future alla sicurezza e prevenzione, dal sostegno ai soggetti deboli e integrazione sociale al welfare allargato al territorio. Rette scolastiche, assistenza sanitaria, previdenza integrativa, agevolazioni per il tempo libero, si allarga il ventaglio dei benefit."

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Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più Empty Re: Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più

Messaggio  728145 Mer Apr 20, 2016 11:28 am

Non conoscevo questa iniziativa ma l'ho trovata molto interessante. Leggendo il Rapporto nazionale 2016 che riporta i risultati della ricerca, emergono secondo me dei dati che meritano di essere presi in considerazione.
Innanzitutto, secondo me è necessario partire dalle motivazioni che hanno spinto le PMI ad intraprendere iniziative di welfare aziendale: prime tra tutte la fidelizzazione dei dipendenti ed il miglioramento dell'immagine e reputazione dell'azienda. Grande importanza hanno poi i contributi fiscali, ed anche su questo credo sia importante porre l'accento. Il 35% delle aziende afferma di aver effettuato i rilevanti investimenti di risorse aziendali compensati dai risparmi fiscali: ancora una volta è dimostrato che, per quanto la responsabilità sociale d'impresa sia un atto volontario, non si può prescindere dall'intervento dello Stato, che deve supportare ed incentivare tali iniziative. Inoltre, un fattore rilevante per lo sviluppo del welfare è risultato essere la dimensione aziendale. Le iniziative sono più diffuse in aziende con maggior numero di dipendenti: quelle attive nel welfare hanno tipicamente più di 100 dipendenti. E' emerso che ciò che frena le piccole e medie imprese è sopratutto la carenza di informazioni chiare sulle modalità di attuazione del welfare aziendale, e la mancanza delle competenze necessarie per metterle in atto. Circa il 60% delle imprese molto attive ha indicato come fattore di primaria importanza la possibilità di accedere a servizi di informazione e consulenza da parte delle associazioni imprenditoriali.

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Aetna: l'azienda che paga i dipendenti per dormire di più Empty Stress lavorativo e salute mentale

Messaggio  0000621425 Mer Apr 20, 2016 12:13 pm

Concordo con quanto detto sopra, ci sono stati molti studi negli ultimi decenni a livello europeo di come lo stress lavorativo vada ad incidere sulla salute psicofisica di un individuo. L'Accordo Quadro europeo del 2004 sullo stress lavoro-correlato fornisce una definizione di stress lavorativo come: " una condizione accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale, conseguenza del fatto che alcuni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro".
Lo stress lavorativo si presenta sopratutto quando il lavoratore percepisce uno squilibrio tra richieste avanzate nei suoi confronti e le risorse organizzative individuali a sua disposizione per fronteggiarle adeguatamente; solitamente il lavoratore riesce ad adattarsi ed affrontare tale esposizione solo nel breve termine, se tale esposizione permane, superando la possibilità di compensazione del lavoratore, riduce sull'efficacia lavorativa e diviene un rischio per la salute.
Proprio per questo bisognerebbe migliorare la condizione del lavoratore non solo in tema di sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro ma allargando l'orizzonte abbracciando l'idea dell'ambiente lavorativo come luogo privilegiato per la promozione della salute.

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