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Più welfare e stop all'aumento dei salari: paradosso o soluzione della contrattazione collettiva?

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Messaggio  0000724448 Mer Apr 13, 2016 9:47 pm

Pochi giorni fa ho letto un interessante articolo sull'ultimo numero di L'Espresso, da cui sono venuto a conoscenza di un'importante proposta relativa alla contrattazione collettiva in campo metalmeccanico.
Nel novembre del 2015, infatti, Federmeccanica, la federazione delle associazioni che in Confindustria rappresentano 16 mila imprese, ha presentato una nuova piattaforma che, secondo il presidente Fabio Storchi, dovrebbe rappresentare una svolta epocale nell'ambito delle relazioni industriali.
La proposta in questione prevede una forte valorizzazione del contratto aziendale il quale dovrebbe introdurre una distribuzione di premi di prudoziuone ai lavoratori più meritevoli da parte dell'impresa che, inoltre, sarebbe anche maggiormente impegnata sul piano della responsabilità  sociale dato che dovrebbe farsi carico anche di una fetta di previdenza sociale o consentire ai lavoratori la partecipazione agli utili; il contratto collettivo nazionale, invece, sarebbe destinato al ruolo di garante della difesa del salario minimo che, in qualità di contropartita, non verrebbe aumentato, fatta eccezione per quelle buste paga inferiori ai minimi contrattuali.
Da quanto detto, è evidente come sia stata data importanza all'interno del contratto collettivo di una voce importante della RSI, quale appunto un maggior investimento in chiave welfare, il quale però, più che un'integrazione del salario, risulta essere in questo caso "una boccata d'aria" per le imprese, data la mancanza di una definizione temporale e quantitativa delle integrazioni da effettuare.
Contro questa piattaforma si sono scagliati in maniera compatta, come non succedeva da tempo, la FIOM, la FIM e la UILM, poiché, se da un lato apprezzano la ripartizione degli utili e i contributi relativi al welfare, dall'altro non accettano la mancnaza di un aumento dei salari.
Dall'altra parte della barricata, invece, la Confindustria inizialmente ha espresso un consenso unanime alla proposta di Federmeccanica, mentre negli ultimi tempi sono cresciuti i malumori, dovuti ai dissapori sorti durante l'elezione del nuovo presidente Vincenzo Boccia e alla considerazione da parte di molti che l'iniziativa possa rappresentare un serio scivolone.
Il governo, da parte sua, è l'unico che sembra convinto della nuova piattaforma che garantirebbe un'aumento della produttività (elemento essenziale per la crescita del paese) e una riduzione dei costi.
La situazione è molto complicata e una soluzione, che risulterà molto probabilmente frutto di un compromesso modificatore, risulta ancora lontana.
A mio parere sono necessarie ulteriori analisi e modifiche riguardo a questo progetto, poiché sacrificare l'aumento di salario sull'altare di una maggiore responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori risulta un paradosso.
Voi cosa ne pensate? Siete convinti della proposta di Federmeccanica o ritenete che la valorizzazione di un aspetto della RSI non debba pregiudicare un elemento essenziale come l'aumento di salario, di cui dovrebbe essere all'opposto un "valido alleato".

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Messaggio  0000723313 Gio Apr 14, 2016 5:24 pm

" Per quanto riguarda il salario la piattaforma degli imprenditori metalmeccanici prevede aumenti in busta paga dal 2017 e solo per quei salari non allineati alla soglia del minimo di garanzia per 37,31 euro mese, concentrando gli incrementi di retribuzione nella contrattazione aziendale. Una cosa improponibile. E’ noto che il salario minimo di garanzia non permetterebbe di erogare aumenti a livello nazionale ed allineerebbe le retribuzioni al di sotto del minimo suddetto, per concentrare gli incrementi in busta paga solo con la contrattazione aziendale. In questo modo, gli aumenti erogati dal livello nazionale riguarderebbero solo il 5 per cento dell’intera platea interessata dal rinnovo contrattuale. Quindi, viene proposto un aumento contrattuale solo per coloro che sono ai minimi contrattuali, escludendo il 95 per cento dei metalmeccanici, cioè tutti coloro che hanno voci retributive derivanti da contratto aziendale o da superminimi individuali ", parola di Rocco Palombella (Segretario UILM).
Premesso che la questione non è tanto "salari si - salari no", ma "aumento di salari a tutti - aumento di salari solo ai lavoratori che sono ai minimi contrattuali" (o per lo meno così mi pare di aver capito), riconosco di non essere nelle condizioni di farmi una precisa opinione. Un aumento di tutti i salari (se non sottoposto a subdole condizioni), sarebbe, per i lavoratori, un dato di certa positività, ma altrettanto positive (almeno in grossa parte) mi sembrano anche le altre iniziative formulate nella piattaforma (http://www2.radio24.ilsole24ore.com/temp/conti-belva-rinnovamento-contrattuale.pdf). Ciò dal quale è forse bene tenersi in guardia, per lo meno, è da quanto detto (in commento alla piattaforma) dallo stesso R.Palombella: "il problema è politico, l’impostazione che hanno dato alla loro piattaforma di “cosiddetto rinnovamento” è politica: punta, cioè, ad annullare il livello nazionale, per poi creare i presupposti di cambiamenti anche sul secondo livello".

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Messaggio  0000726036 Dom Apr 24, 2016 10:04 am

Mi sento di criticare la proposta di Federmeccanica per svariati motivi.
Partiamo innanzitutto dal punto di vista che maggiormente ci interessa, quello della Responsabilità sociale d'impresa.
L'aumento del welfare in questa fattispecie a mio avviso sarebbe pressoché nullo.
La contraddizione su cui si basa questa idea è sotto gli occhi di tutti. Aumentare, apparentemente, il welfare ovviamente a carico, come sempre, dei lavoratori.
Questo finto incentivo ai lavoratori più meritevoli altro non cela che un aiuto alle imprese, che in tal modo avrebbero una garanzia a lungo termine circa la non necessitá di aumento salariale.
Probabilmente la proposta di Fedemeccanica sarebbe più facilmente analizzabile se si parlasse di manovra economica piuttosto che mascherarla da aumento del welfare.
Sembrerebbe invece più che altro un modo per interrompere l'aumento dei salari, quindi una riduzione del monte salariale delle imprese, fingendo che l'interesse del lavoratore sia assolutamente tutelato, e anzi addirittura che il lavoratore possa godere di un maggior incentivo produttivo.
In conclusione ritengo, allineandomi con l'idea di FIOM, FIM e UILM, che questa proposta sia assolutamente contraria alla politica della RSI in quanto vada a tutelare soltanto l'interesse delle imprese a discapito dei lavoratori e quindi senza alcun attenzione alla "socialità" dell'iniziativa.

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Messaggio  0000722427 Lun Apr 25, 2016 11:06 pm

Concordo pienamente e appoggio la critica posta nei confronti della proposta di Federmeccanica. Ritengo sia quasi un "inganno" a danno dei lavoratori. L'aumento del welfare sarebbe solo un'ulteriore meccanismo messo in atto a favore dell'impresa per far sì che questa si possa astenere dall'aumentare i salari.
Abbiamo già analizzato le condizioni dei lavoratori e le varie indagini hanno evidenziato in che misura il mancato "benessere" e le mancate agevolazioni che questi hanno, possano influire negativamente all'interno della società. Sopratutto se si pensa alle condizioni a cui sono tenute le lavoratrici donne.
Credo ancora una volta che bisognerebbe concentrarsi di più nel cercare di migliore questo aspetto del mondo del lavoro, non dimenticando mai che il lavoratore è il motore dell'economia.

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Più welfare e stop all'aumento dei salari: paradosso o soluzione della contrattazione collettiva? Empty meno welfare via all'aumento dei salari

Messaggio  0000673363 Mar Apr 26, 2016 2:16 pm

Credo che la cosa più paradossale fra tutte sia il fatto simile proposta sia stata presentata dalla Federmeccanica che fino a prova contraria dovrebbe battersi per gli interessi dei lavoratori e non illuderli o offrire loro il famoso "contentino", il che ci porta pure a riflettere sul valore dei sindacati oggi, ma questo è un altro argomento. credo che la soluzione migliore sia offrire ad un lavoratore l'intero salario che ha guadagnato, a volte anche duramente, e quindi lasciare a quest'ultimo la scelta su come spenderlo. Per lo meno, non sono assolutamente contro l'aumento dei servizi welfare, ma sono contro nel momento in cui va a discapito dello stipendio. Non credo sia opportuno che l'impresa decida in qualche modo su come “gestire” l'economia di una famiglia, sicuramente non lo farà in modo diretto ma comunque aumentando il welfare a discapito dello stipendio influenzerà moltissimo le decisioni relative ad esempio: dove fare la spesa, su cosa comprare, o più tosto in quale banca aprire un mutuo o in quale nido portare i propri figli, i miei sono solo esempi relativi ad alcuni tipi di welfare. concedendo un maggiore stipendio al lavoratore (riprendendo gli esempi precedentemente fatti) avrà maggiori possibilità di vedersi concesso un mutuo, di mandare i propri figli al nido e così via, senza aver bisogno che l'impresa in qualche modo decida su come e dove spendere i soldi dei propri lavoratori e delle relative famiglie. Sostanzialmente credo che sia un po’ contraddittorio e illusorio per il lavoratore parlare di responsabilità sociale d’impresa nel momento in cui non si bada minimamente agli interessi del lavoratore ma solo a quelli che il datore pretende di sapere che il dipendente abbia. Credo che la responsabilità sociale dell’impresa consista anche nel cercare di offrire una vita dignitosa ai propri lavoratori e a mio modesto parere, non è questa la soluzione più appropriata.

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Messaggio  0000723848 Gio Apr 28, 2016 4:31 pm

A tal proposito e leggendo un articolo sul quotidiano la Repubblica intitolato "I manager giudicano le mosse del governo: bene l'esonero Inps", ritengo che il welfare aziendale, utilizzabile dalle imprese anche attraverso la contrattazione, posa costituire una valido incentivo alla crescita dell'azienda ed al soddisfacimento dei dipendenti. Non a caso, secondo un sondaggio curato dal centro studi AIDP (associazione dei direttori del personale), il 79% dei manager intervistati ritiene che il welfare aziendale sia un tema molto efficace per le aziende, soffermandosi in particolare sulle tematiche dello smart working, dell'alternanza scuola/lavoro, della prevenzione in ambito sanitario e dei contributi per le spese di viaggio.
Dello stesso orientamento è il presidente dell'AIDP Isabella Covili Faggioli, la quale dichiara che "migliorando la qualità della vita dei lavoratori, gli stessi dipendenti stanno meglio in azienda e l'impresa ne beneficia anche in termini di ritorno".
Personalmente, credo che, nonostante questo percorso indirizzato all'investimento sul welfare in Italia necessiti del tempo per attecchire, i lavoratori a lungo andare apprezzeranno un'iniziativa finalizzata al benessere ed al sostegno della famiglia, quale alternativa ad un premio monetario in busta paga: d'altro canto, è innegabile che un tasso di welfare ridotto corrisponde ad un'altrettanto ridotta produttività ed efficienza dei lavoratori.

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Messaggio  0000726097 Gio Mag 05, 2016 7:14 pm

Vorrei inserirmi nella discussione in tema di welfare aziendale segnalando un' azienda marchigiana, la Lardini, specializzata soprattutto in abbigliamento maschile, di cui in questi giorni ho sentito parlare al tg a causa della cosiddetta "invasione" del filmmaker Michael Moore per il suo ultimo film "Where to invade next". Moore, infatti, con il film in questione vuole mostrare agli USA cosa possono imparare dal resto del mondo: in particolare dall' Italia il buon trattamento dei lavoratori da parte di alcune aziende. Perciò il filmmaker ha deciso di visitare la sede produttiva dell'azienda per documentare il rapporto speciale che lega la famiglia Lardini alle persone che da anni lavorano per il successo del marchio. Sul sito ufficiale sono venuta a conoscenza del fatto che l'azienda Lardini ha firmato un accordo integrativo con i suoi 300 dipendenti che prevede un premio annuo di 900 euro e introduce alcuni significativi miglioramenti normativi tra i quali l’accesso al part-time per le dipendenti in maternità e la possibilità di implementare il fondo pensione integrativo Previmoda. La novità più importante è costituita dall’introduzione dei cosiddetti “Permessi solidali”, un meccanismo di welfare aziendale attraverso il quale è possibile donare ad un collega con problemi di salute o familiari parte dei propri permessi, affinché possa avere a disposizione una dotazione più ampia di tali istituti. “La parte innovativa riguardante i permessi solidali - dichiara il presidente Andrea Lardini - è costituita dal fatto che l’azienda è coinvolta in questa catena di solidarietà”. Ad ogni ora di permesso donata dal singolo lavoratore corrisponderà un’ora donata dalla Lardini, che concretizza così il termine responsabilità sociale dell’azienda.

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Messaggio  0000723896 Sab Mag 07, 2016 1:40 pm

Una maggiore responsabilità sociale nei confronti dei lavoratori a scapito di un aumento di salario è certamente un iniziativa che favorisce gli imprenditori e non i lavoratori. I problemi sollevati dai colleghi sono senz’altro problemi reali e il rischio più grande che si corre è quello di influenzare in modo decisivo la libertà di scelta del lavoratore. Le imprese potrebbero così fare accordi con determinati supermercati o determinate banche (con relativi vantaggi per le due controparti), permettendo sì ai lavoratori di ottenere servizi ad un costo ridotto, ma non considerando che ogni lavoratore ha esigenze diverse. Ciò sarebbe dannoso non solo a livello sociale (ogni lavoratore deve essere libero di spendere il proprio salario come preferisce e secondo i propri particolari bisogni) ma anche a livello economico: i soldi dei lavoratori sarebbero volontariamente dirottati a monte dalle stesse aziende e la concorrenza di certo non ne gioverebbe. Il lavoratore vuole vedere in modo immediato i frutti del proprio lavoro e non sapere che parte di esso viene dirottato e subordinato alle decisioni della azienda per la quale lavora, senza che lui personalmente possa esprimersi in merito, non solo all’origine della decisione ma anche nel caso in cui le sue volontà si modifichino nel tempo. Personalmente mi allineo con la FIOM, FIM e UILM, nel ritenere questa proposta inadeguata. L’aumento del welfare deve senz’altro essere preceduto da una solida base retributiva concessa al lavoratore: un grande esempio lo fornisce senz’altro l’imprenditore Brunello Cucinelli. Questi ha sempre ritenuto che un buon salario sia il necessario presupposto per attuare successivi comportamenti socialmente utili come il bonus cultura, recentemente riconosciuto. Tali strumenti gratificano e aiutano i propri dipendenti, ma non sarebbero adeguatamente apprezzati, se non fosse garantito ciò che ogni lavoratore vuole vedersi riconosciuto e che la nostra Costituzione riconosce all’articolo 36: una retribuzione sufficiente e proporzionata. Per concludere, ritengo che queste decisioni debbano essere prese solamente se si è certi di avere un ampio consenso da parte dei lavoratori, lasciando sempre a questi l’ultima parola su come ritengano debbano essere “spesi” i frutti del loro lavoro.

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Più welfare e stop all'aumento dei salari: paradosso o soluzione della contrattazione collettiva? Empty Compromesso inammissibile

Messaggio  725283 Gio Mag 12, 2016 10:22 am

Ci ritroviamo nell'epoca della flessibilità e della mancanza di liquidità, dove sono i lavoratori che devono fare sempre rinunce e passi indietro nelle loro lotte per le tutele minimi, gli si richiede di sapersi adattare ad un mercato del lavoro che necessità di modulare ogni aspetto del contratto in un'ottica di smantellamento delle prerogative sindacali. In questo contesto, in cui la crisi economico-lavorativa sempre pesare purtroppo troppo spesso sulle spalle dei lavoratori, senza un indirizzo forte e preciso dalle parti imprenditoriali e dallo stesso Governo, ci si nasconde dietro accordi e piattaforme frutto di compromessi, dove i sacrifici delle controparti non sono quasi mai equivalenti, e questa proposta di Federmeccanica non fa altro che continuare in questa direzione. La funzione e l'obiettivo che dovrebbe perseguire il diritto del lavoro è di garantire una tutela minima sempre più ampia e riguardante il maggior numero di aspetti contrattuali possibili, ma soprattutto che essa possa avere un carattere unitario e NAZIONALE. Continuare a smembrare e smantellare l'importanza del ruolo svolto dal contratto collettivo nazionale è già di per sé una sconfitta, ma il paradosso, a mio avviso, risiede nell'irrisorio compromesso attuato: incentivare i programmi di Welfare aziendale non potrà mai essere una cosa negativa, però subordinare tale obiettivo ad un mancato aumento dei salari per il 95% dei lavoratori mi pare inaccettabile. Perciò anche io mi trovo d'accordo nelle critiche apportate a tale piattaforma di Federmeccanica, che rileva un'azione di politica del lavoro volta palesemente, nonostante si nasconda tale intento dietro questo compromesso inammissibile, a favorire le imprese a danno dei lavoratori.

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