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L'evoluzione storica del diritto del lavoro: la fase della legislazione sociale.

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Messaggio  0000722427 Gio Apr 07, 2016 11:12 am

Per poter tracciare un percorso storico del diritto del lavoro italiano, dobbiamo individuare tre fasi che si sovrappongono tra loro all'interno degli stessi periodi di tempo:
1) la fase della legislazione sociale, periodo in cui le leggi in materia del lavoro si configurano come norme eccezionali rispetto al diritto privato;
2) la fase dell'incorporazione delle norme sul lavoro nel diritto privato comune e quindi nella codificazione civile;
3) la fase della costituzionalizzazione del diritto del lavoro.

Nella prima fase la "legislazione sociale" è la conseguenza della questione sociale sorta in forza della rivoluzione industriale, momento in cui i lavoratori, aggregati nelle fabbriche e divenuti operai, incominciano ad avere degli interessi specifici di classe che andrebbero tutelati, mentre il codice civile del 1865 non prevedeva una disciplina del contratto di lavoro, ma la sola "locazione di opere e servizi" ritenendo che dovesse essere l'autonomia privata a prevalere nel campo della regolamentazione del lavoro industriale e che dovesse essere il mercato a fissare salari e condizioni di lavoro.
Verso la metà del 1800 si incomincia a capire, anche sotto la spinta del problema della questione sociale, che bisogna intervenire, anzitutto non vietando l'operato dei sindacati, i quali iniziano a porre in essere la propria funzione di resistenza economica e di promozione politica, e soprattutto salvaguardando tutta una serie di diritti dei lavoratori, quali la differenziazione di trattamento dei bambini e delle donne o il diritto all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni: inizia, così, la legislazione sociale.
Al metodo legislativo si accompagna anche quello contrattuale o dell'autotutela collettiva, grazie all'operato dei sindacati, che porta allo sviluppo di contratti collettivi, seppur solo a livello locale: rilevanti, quindi, diventano le consuetudini in materia di diritto del lavoro.
Con il passare del tempo cresce sempre di più la necessità di inserire la disciplina del diritto del lavoro all'interno di norme di diritto privato, facendo del diritto del lavoro una disciplina fondamentale, che sebbene inserita nel codice del 1942, mantiene una propria autonomia rispetto al diritto civile ed a quello commerciale. I principi cardini del diritto del lavoro vengono rafforzati ed il Codice del 1942 si configura come un punto d'arrivo importante rispetto al passato, punto al quale si giunge soprattutto grazie alla "LEGGE SULL'IMPIEGO PRIVATO" avutasi grazie al D.Lgs. 112/1919, rafforzata in seguito dalla R.D.L. 1825/1924.
Gli impiegati, infatti, per la mancanza di una spinta sindacale simile a quella degli operai, non disponevano di contratti collettivi diffusi.
Altro fenomeno che contribuisce all'incorporazione del diritto del lavoro nel Codice del 1942 é sicuramente quello della giuridificazione del contratto collettivo, inizialmente fondato sull'adesione volontaria di lavoratori ed imprenditori, e successivamente nella forma pubblicistica della contrattazione collettiva corporativa, la quale funge da fonte del diritto.
Il codice civile del 1942 non ha fatto altro che incorporare la legge sull'impiego privato ed i contratti collettivi corporativi, sottolineando il "principio della prevalenza della norma più favorevole al lavoratore" all'art. 2077 c.c. Il codice, tuttavia, ha incluso solo le norme generali sul lavoro, lasciando comunque a leggi speciali l'intera disciplina.
Va tenuto conto anche del fatto che il diritto del lavoro contiene al suo interno anche elementi di diritto pubblico e non solo privato.
La Costituzione repubblicana il 1 gennaio del 1948, pone il diritto del lavoro in una posizione preminente rispetto al diritto commerciale ed a quello civile, introducendo il concetto di dignità sociale del cittadino, che poi abbraccerà tutti i rami del diritto. Viene ribadita la protezione del lavoratore come soggetto-contraente più debole, ma ciò non rappresenta più, come nelle precedenti fasi, un elemento eccezionale o speciale, una concessione del legislatore, ma un vero e proprio fondamento ideologico. E ciò si manifesta nel fatto che il lavoro viene tutelato costituzionalmente non solo in linee generali, ma anche nella specifica garanzia di determinati istituti del diritto del lavoro: basti pensare all'art. 36 (retribuzione proporzionata e sufficiente), all'art. 37 (parità retributiva tra i sessi e tutela del minore lavoratore), all'art.38 (previdenza e sicurezza sociale), agli artt.39 e 40 (sindacato, contratto collettivo e diritto di sciopero).
Quindi la Costituzione oltre a perseguire il fine di tutela del contraente-soggetto debole, tende a garantire anche quelli che vengono definiti come "diritti sociali". Va inoltre sottolineata la rilevanza della costituzione economica, cioè l'insieme di norme e principi che regolano l'assetto economico della società, contenuti all'interno della carta costituzionale.
Potremmo concludere dicendo che la Costituzione italiana rappresenta la manifestazione più significativa dell'importanza del diritto del lavoro non più come disciplina speciale di classe, ma come punto cardine dell'ordinamento.

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Messaggio  0000722554 Gio Apr 07, 2016 5:03 pm

È interessante seguire lo sviluppo storico del diritto del lavoro e notare come, in soli pochi anni, tale branca del diritto sia riuscita a conquistare un ruolo di primo piano nell'ambito dell’ordinamento italiano, sino a primeggiare all’interno della stessa carta costituzionale.
Ed è altresì interessante volgere lo sguardo al tema della Responsabilità Sociale e alla sua integrazione all’interno della disciplina del lavoro.
In Italia l’attenzione nei confronti della RSI è abbastanza recente; la materia ha conosciuto, invece, uno sviluppo più remoto in altri Paesi, in particolare negli Stati Uniti d’America.
Significativo nell’analisi dello sviluppo del tema risulta essere uno dei più grandi e celebri eventi economici della storia, il crollo della Borsa di Wall Street del 1929. Si tratta di un episodio la cui importanza è ormai acclarata, ma che rileva in questo caso perché per la prima volta ci si rese conto dell’importanza del contesto socioeconomico attorno al quale ruota l’economia e del fatto che l’impresa, durante il suo operato, debba rendere conto non solo alle banche e agli azionisti, ma anche ai clienti, ai lavoratori e a tutta la società in generale. E che, nel farlo, debba seguire principi di responsabilità sociale ed etica.
Inizia così a profilarsi una nuova branca del diritto, destinata a un’evoluzione che si adeguerà all’evoluzione stessa della società e delle nuove frontiere del diritto del lavoro.
In Europa il cammino di formalizzazione della disciplina prenderà significativamente inizio solo nel 2001, con la pubblicazione del Libro Verde. Ma sarà soprattutto a partire dal 2010 che l’RSI acquisirà un’importanza sempre maggiore, grazie a un’attenzione crescente delle potenze europee al tema in questione, destinato a un'integrazione sempre più profonda all'interno del diritto del lavoro.
Il diritto del lavoro è, quindi, il diritto che più di tutti è chiamato a rispondere ai cambiamenti di una società in continua evoluzione, cercando di contemperare le ragioni di soggetti diversi tra di loro e tentando, soprattutto, di creare condizioni lavorative sempre più in linea con le esigenze dei dipendenti.

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Messaggio  0000660780 Mar Apr 12, 2016 10:04 am

Occorre secondo me aggiungere in questa evoluzione la contrattazione individuale, nella quale l’accordo viene raggiunto direttamente fra il datore di lavoro ed il prestatore di lavoro e la contrattazione collettiva, nella quale i datori di lavoro ed i prestatori di lavoro sono rappresentati dalle rispettive associazioni di categoria. Per quanto concerne il contratto individuale, come meglio vedremo in seguito, non ha avuto un ruolo centrale nella disciplina del rapporto di lavoro, stante il principio dell’inderogabilità in quanto stabilito dalla legge o dagli accordi collettivi.
Per quanto concerne il contratto collettivo, invece, questo rappresenta un importante strumento di regolamentazione dei c.d. rapporti collettivi di lavoro, ossia del complesso di relazioni che intercorrono tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.

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Messaggio  0000726593 Lun Apr 18, 2016 9:27 pm

L'ampio spazio dedicato alla materia del diritto del lavoro all'interno della Costituzione ha portato alla rivelazione di discrepanze rispetto alle norme contenute all'interno del codice civile del 1942: molti aspetti del diritto del lavoro sono stati elevati ad elementi fondamentali proprio dalla carta costituzionale, riducendo così il 'ruolo' delle norme contenute nel codice.

Negli anni successivi alla pubblicazione della Costituzione, è possibile distinguere due fasi temporali circa l'evoluzione del diritto del lavoro.
Durante la prima fase, si può riscontrare l'intenzione del legislatore di integrare la legislazione codicistica tramite il perfezionamento della tutela "minimale" del lavoratore: il lavoratore, infatti, viene visto come soggetto contrattualmente debole e bisognoso di protezione (alcuni esempi dell'intervento del legislatore in favore del lavoratore possono essere la legge sul collocamento, oppure la legge sul contratto di lavoro a termine).
Durante la seconda fase, invece, si ha una maggiore tutela del lavoratore: questo non viene più considerato come la parte debole del contratto di lavoro, ma come un soggetto inserito in una rapporto di produzione, nonché come appartenente ad una categoria socialmente sottoprotetta. Vengono sviluppati quindi temi come come quello della "dignità sociale", della tutela contro la discriminazione e della parità di trattamento.
Per garantire la dignità sociale di cui sopra, vennero attuati diversi interventi, primo fra tutti quello avutosi con la L.604/1966 inerente alla disciplina del licenziamento individuale: attraverso strumenti quali l'introduzione del giustificato motivo di licenziamento e la nullità dei licenziamenti intimati per rappresaglia sindacale, si riuscì a garantire una maggior tutela del lavoratore tramite la limitazione dei poteri dell'imprenditore.
Tramite, poi, lo strumento della "legislazione promozionale" si fece in modo di riequilibrare a favore dei lavoratori i rapporti di potere non solo all'interno dell'azienda, ma anche all'interno della società civile: è da questo presupposto che scaturì lo Statuto dei lavorati, contenuto all'interno della L.300 del 20 maggio 1970. Con questo intervento, si garantì l'osservanza dei principi costituzionali nel rapporto tra lavoratore dipendente e datore di lavoro: venne così tutelata non solo la dignità e la libertà del lavoratore, ma venne tutelato anche il diritto al libero svolgimento dell'attività sindacale sul luogo di lavoro. Tutto ciò venne realizzato garantendo l'osservanza di uno dei principi cardini costituzionali, ossia quello previsto all'interno dell'art.3 inerente il diritto all'eguaglianza, facendo in modo di rimuovere "gli ostacoli di ordine economico e sociale che … impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

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Messaggio  0000624438 Mar Apr 19, 2016 11:02 pm

É molto interessante notare l'excursus storico giuridico riportato dal collega. La stessa costituzione all'art 39 garantisce il diritto dei lavoratori di organizzarsi (termine neutrale e tenerci) in sindacati (predicato) liberi, ciò é una conquista di non poco conto! Mi soffermo sulla costituzione poiché essa rappresenta il baluardo della tutela sindacale da rapportare al contenuto minimo previsto all'articolo 18! La formalizzazione di queste tutele non é di poco conto.

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Messaggio  Annarita19 Ven Apr 29, 2016 6:05 pm

l'Unione Europea ha assunto un'importanza tale da essere determinante anche in tema di mercato del lavoro e di rapporti di lavoro all'interno dei singoli Stati.
Le originarie previsione contemplate all'interno del TCE 1957 di Roma, sono state ampiamente modificate dai vari trattati che si sono susseguiti nel tempo, a partire soprattutto dall'AUE 1986, passando per il TUE del 1992 sino al Trattato di Lisbona del 2007. L'art.2 del Trattato prevede, oggi differentemente dal passato, che tra gli obiettivi dell'Unione figuri anche un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, oltre al miglioramento del tenore di vita e delle condizioni lavorative ed alla promozione dell'occupazione auspicate dall'art.136.
Anche l'autonomia collettiva di livello europeo ha acquisito sempre maggiore importanza, sino a trasformare il "dialogo sociale" e la contrattazione collettiva di livello europeo in fonte formale in materia sociale: molto spesso è previsto che la Commissione ascolti le parti sociali obbligatoriamente. Il Trattato prevede, inoltre, che in molti settori di politica sociale il Consiglio debba osservare la procedura di codecisione con il Parlamento e sentita la Commissione (es. parità tra uomini e donne,miglioramento dell'ambiente lavorativo), mentre in altri settori (es. contributi finanziari per la promozione dell'occupazione, sicurezza e protezione sociale dei lavoratori ecc) è previsto che il Consiglio adotti le decisione all'unanimità, semplicemente consultando il Parlamento.
principio di sussidiarietà (il quale impone che l'Unione debba intervenire nei settori di propria competenza solo qualora possa garantire un intervento qualitativo migliore rispetto a quello degli Stati membri), sono stati introdotti interventi meno autoritativi e maggiormente cooperativi: si tratta del cosiddetto "soft law", il quale individua degli obiettivi in determinati settori su cui gli Stati devono ricercare degli elementi di coordinamento.

Annarita19

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