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animal free fashion : adesione per vera condivisione dei valori o per paura di perdere clientela?

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Messaggio  0000722807 Mer Apr 06, 2016 1:51 pm

nel 2015 la LAV, la lega antivivisezione, ha dato vita al progetto Animal Free per indirizzare i consumatori verso i brand che non utilizzano più pellicce, piume, pelle, seta, avendole sostituite con materiali innovativi e a bassissimo impatto ambientale.
il progetto risponde infatti ai dati che sono emersi dal Rapporto Italia 2015 dell Eurispes, da cui emerge che gli italiani si schierano contro l attività legata alla produzione di pellicce prodotte con l utilizzo degli animali (90,7%) idem i francesi per esempio.
per questo la LAV ha deciso di mettere a disposizione dei consumatori, che sono divenuti e divengono sempre più consapevoli e responsabili, chiedendo una moda 100% animal free, il Rating AFF, cioè un sistema di valutazione etico dei marchi basato sul non utilizzo di materiali di origine animale, che presuppone diversi livelli valutazionali che ciascuna azienda può raggiungere, in base al grado di eliminazione dei vari materiali animali: infatti il progetto mira alla tutela di tutti gli animali sfruttati nell'industria dell'abbigliamento, quindi non solo quelli destinati alla produzione di pellicce ma anche gli altri animali "risorse", da cui si ricavano piume pelle seta lana, o scarti di macellazione di ossa o corna..
tra l altro è ormai innegabile che la produzione di pellicce e accessori oltre ad avere notevole impatto su milioni di animali, ha anche forte impatto ambientale e comporta rischi sostanziali per la salute umana, a causa di sostanze chimiche tossiche e cancerogene che possono essere presenti nel prodotto finito.
molti sono i brand inseriti, solo per citarne alcuni: Asos , Zalando, COS, Zarache, Elisabetta Franchi.

esposta la tematica, ora  è inevitabile chiedersi: com'è possibile che cosi improvvisamente cosi tanti brand siano divenuti all'unisono eco-friendly, amici degli animali, sostenitori dell ambiente? e siano tutti cosi orgogliosi di affermare questa nuova ideologia condivisa?  confused
è evidente, almeno dal mio punto di vista, che si tratti di scelte oppurtunistiche e di convenienza, proprio perchè in questi anni è sempre piu forte e sentito il bisogno di eco-sostenibilità, rispetto per gli animali, amore per il biologico, forte avvicinamento al mondo vegetariano e vegano (sempre più questa categoria si sta ampliando, non solo per fini salutistici personali, ma soprattutto per tutela dello sfruttamento animale e ambientale, ed è questa fetta quella che più si fa sentire con critiche e polemiche)

ma quest ideologia è propria dei consumatori, della massa, che, chi per propri effettivi valori, chi per uniformarsi ulteriormente, si pone in contrasto con ogni forma contraria all'amore per gli animali.
non si tratta, a mio parere, di un ideologia delle grandi case di moda : se ci fosse una percentuale maggioritaria di consumatori che acquisterebbero prodotti derivanti dal mondo animale, non credo che le grandi società produttrici rinuncerebbero a lauti guadagni solo per l ideologia eco-friendly, animal-friendly.

quindi sì, dobbiamo ringraziare il fatto che nel 2016 la collettività si stia rendendo conto della necessità di tutela dell ambiente, e che di conseguenza ciò faccia sì che anche le imprese siano portate a seguire la strada della ecosostenibilità .
se così non fosse, a mio avviso, un'impresa sarà sempre portata a mettere al primo posto il maggior lucro possibile da raggiungere piuttosto che valori etici , ambientali etc. (e infatti, a mio parere, anche nelle scelte etiche e ambientali di cui si è parlato, vedo comunque l unica volontà di rincorrere e accaparrarsi il maggior numero di clienti e consumatori.

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Messaggio  0000690678 Mer Apr 06, 2016 4:07 pm

Il tuo quesito è più che legittimo vediamo infatti come il progressivo cambiamento da un'economia industriale fondata sulla capacità di produrre grandi quantità di beni e servizi a un'economia post-industriale,nella quale le scelte economiche sono sempre meno legate al soddisfacimento dei bisogni tradizionali è sempre più invece alla risposta di nuove esigenze di natura identitaria comporta un profondo mutamento nelle forme di consumo che si spostano verso beni e servizi aventi caratteristiche prevalentemente simboliche .
Le innumerevoli campagne di sensibilizzazione finanziate e appoggiate dai vari Paesi mirano infatti ancora prima delle aziende al consumatore e
Noi tutti sappiamo che il mercato globale di beni e servizi è caratterizzato da domanda e offerta,mutando e sensibilizzando il consumatore si muta anche la domanda ,una domanda che fin ora veniva saturata da un'offerta sempre più ampia e a costi decrescenti .
Negli ultimi anni ciò è cambiato e si è formata una domanda di tipo diverso basata su nuove forme di valore ,parliamo di una domanda non solo influenzata dal costo del bene ma anche dall'identita individiduale e sociale della persona .
Inoltre voglio ricordare come l'approccio delle imprese ad una responsabilità sociale,in questo caso una respinsabilita rivolta verso il mondo animale , sia esso stesso definito non come un atto di filantropia dell'imprenditore ma bensì come un valore aggiuntivo dell'impresa ,capace di accrescere il suo valore economico sopratutto delle aziende quotate in borsa come Asos e molte altre ...

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animal free fashion : adesione per vera condivisione dei valori o per paura di perdere clientela? Empty Vera condivisione o meno, quel che importa è il conseguimento del fine, attraversi mezzi leciti

Messaggio  0000726426 Mer Apr 06, 2016 4:20 pm

Determinare se effettivamente un'impresa adotta politiche di responsabilità sociale perchè intimamente convinta che esse siano "la cosa giusta da fare", o semplicemente perchè spinta da ragioni economiche, in certi casi, è difficile da valutare. Vero è che lo scopo primo per un'impresa è realizzare il massimo profitto e ciò è possibile esclusivamente accattivandosi il maggior numero di consumatori. Ma se, pur adottando pratiche in maniera ipocrita, queste imprese realizzano comunque il fine, che è quello di garantire il benessere e la tutela dei diritti dell'uomo, e dell'ambiente, io consumatore non mi sentirei di biasimarle, a patto che il tutto avvenga nel rispetto delle norme di hard law. Per fare un esempio: la Volkswagen, che evidentemente si era accorta del crescente interesse da parte dei consumatori per l'acquisto di automobili a basso impatto ambientale, ha pensato di immettere nel mercato auto a motore diesel, immaginando che questo avrebbe innalzato le vendite. E così è stato, ma l'azienda, non ha effettivamente adottato pratiche socialmente responsabili, non ha effettivamente installato nelle sue auto motori diesel per ridurre l'inquinamento, bensì ha truccato i dispositivi per i test sulle emissioni (dimostrandosi in questo caso, senza ombra di dubbio, incurante totalmente della tematica ambientale) e truffato i consumatori (arricchendo per un certo periodo, le proprie casse, e quindi palesando il proprio interesse al fine esclusivamente economico, ma perseguito attraverso mezzi fraudolenti).
Se Giorgio Armani (cosa che ha fatto) decide improvvisamente, dopo anni passati a vendere pellicce e capi in pelle, che la collezione 2016-2017 sarà completamente fur free, io posso anche trovarmi di fronte al quesito: si sarà improvvisamente redento o avrà astutamente cambiato rotta perchè consapevole della crescente domanda di consumo etico da parte dei cittadini? Ma poi a poco importerà dare una risposta se effettivamente il Gruppo Armani metterà in atto questo comportamento virtuoso, eliminando pratiche crudeli e promuovendo attività di salvaguardia nei confronti nell'ambiente e del mondo animale.

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animal free fashion : adesione per vera condivisione dei valori o per paura di perdere clientela? Empty Questione di Business

Messaggio  0000723549 Sab Apr 09, 2016 3:25 pm

Come è ben noto, i così detti "brand" sono ormai diventati la semplice facciata di enormi aziende, che muovono colossali quantità di capitale.
E come tutte le aziende di grande successo, sono guidate da leader esperti nel raggiungimento della massima popolarità.
Sottolineato questo, a mio avviso, è semplicemente nel concetto di "approvazione popolare", che si può trovare la risposta alle varie perplessità riguardo il mutamento di ideologia di affermati brand.
In quanto, come già è stato detto nell'intervento iniziale, oggigiorno vi è la tendenza ad uno stile di vita "Bio", meno impattante possibile. Nel rispetto dell'ambiente e degli animali.
Tale tendenza si è dilagata e si sta dilagando rapidamente per effetto della globalizzazione, ma l'aspetto significativo è la sua radicalizzazione all'interno del collettivo.  Ed è dunque quest'ultima a non lasciar scampo a possibili ideologie differenti o, addirittura, contrarie, di marchi che hanno, per necessità o semplice volontà, lo scopo di arrivare al maggior numero persone.
Devono adattarsi, in sintesi e detto in chiave semplicistica, al pensiero del cliente. Il quale, purtroppo, non sempre è portatore di convinzioni che possono essere considerate valorose come quelle del caso in esame.

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Messaggio  0000724648 Mer Apr 13, 2016 5:36 pm

Come sottolineato da altri prima di me, è una domanda lecita e che può essere giusto porsi, dal momento che ormai sono tantissime le aziende, ma anche molti personaggi di spicco (dal mondo della moda, a quello dello spettacolo, a quello dell'informazione) che si schierano a favore di determinate scelte etiche, anche molto attuali, o adottano talune politiche, che in effetti possono sembrare di convenienza.
Di esempi se ne possono fare tantissimi, basta ricordare come qualche mese fa molte aziende (una fra tutte, Ikea) si erano apertamente schierate a favore delle coppie omosessuali in occasioni della discussione del dll Cirinnà. Pura mossa di marketing o reale interesse? Per rimanere nello stesso ambito, Italo in occasione del Family day proponeva sconti per coloro che viaggiavano verso Roma. I dirigenti di Italo condividevano realmente le istanze degli organizzatori del Family day o, conoscendo la loro clientela, l'hanno valutata una buona mossa pubblicitaria?
Come ho detto, la ritengo una domanda lecita, ma è davvero così importante conoscere la risposta? Questo mi sembra un classico caso in cui il fine giustifica i mezzi. Poco importa che la dirigenza di asos sia veramente interessata alla tutela degli animali, se il risultato è che questi non vengano sfruttati o utilizzati, ben vengano le prese di posizioni e le scelte etiche, anche se non sincere.

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Messaggio  0000763029 Mer Apr 13, 2016 6:12 pm

Assolutamente d'accordo con i colleghi autori degli ultimi due post...la domanda è sicuramente lecita ma la risposta ha davvero poca importanza:il risultato viene comunque raggiunto. Semmai si potrebbe ampliare la discussione trattando del senso etico dei grossi brand e arrivando alla conclusione che qualora,paradossalmente, dovesse realizzarsi una nuova inversione di rotta, allora anche le imprese e le grandi firme tornerebbero sui propri passi: questo ci porta a concludere che,in ogni caso, l'obiettivo dell'impresa è sempre quello della massimizzazione dei guadagni con l'uso di qualsiasi mezzo e non certo l'osservanza di principi e valori tesi a salvaguardare ambiente o quant'altro. A costo di rasentare il banale e il qualunquismo vorrei comunque dire che ormai il "modus vivendi bio" (eccetto i casi di gente che è davvero parte attiva nelle lotte a tutela degli animali o dell'ambiente e che non acquisterebbe comunque i prodotti Armani per una questione di principio) è diventato una vera e propria questione di tendenza e ovviamente le imprese giocano sui numeri e cercano di accaparrarsi la clientela di massa. E' davvero difficile che si realizzi un'armonia spontanea tra l'interesse dell'impresa e il bene collettivo, vi sono in gioco interessi troppo divergenti tra loro. Per questo motivo,come ho già scritto in altra sede, credo profondamente che la soluzione sia da trovare in un cambiamento della coscienza sociale tutta, nella cultura e nel valore che ogni singolo, all'interno della società, decide di dare ai beni comuni e ai diritti fondamentali quali la salute.

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Messaggio  0000722807 Mer Apr 13, 2016 6:52 pm

ci tengo a precisare che certamente anch'io sono d'accordo col vostro discorso e cioè che in questi casi il fine giustifica i mezzi, e ovviamente qualsiasi sia il motivo che spinge le imprese ad essere eco-sostenibili, in ogni caso la cosa importante sia appunto il risultato, ovvero che esse lo siano effettivamente.
e certamente il "lavoro" volto ad aprire maggiormente le menti al fine di valorizzare ambiente, diritti umani etc. va fatto nei confronti della collettività, proprio perchè, potremmo dire, è la domanda che genera l'offerta e, quindi, una domanda etica, maggiormente consapevole, genererà un'offerta etica, maggiormente consapevole.
la critica era rivolta prevalentemente al fine di ridimensionare quest'elogio continuo e spropositato che si fa nei confronti di tali imprese, proprio perchè molte di esse non sono portatrici di questi grandi valori, o per lo meno lo sono solo di facciata, ma perseguono il fine che non può non essere quello primario (se non unico) di un'impresa, il lucro massimamente raggiungibile. cyclops

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