RSI e Piccole Medie Imprese (PMI)

In Europa la percentuale di piccole e medie imprese è molto elevata, si fa riferimento al 99,8% delle imprese esistenti. Anche l’Italia, secondo i dati registrati dall’ISTAT, sarebbe caratterizzata prevalentemente da aziende con meno di 10 dipendenti ( circa il 95%). La RSI viene ricondotta prevalentemente alle grandi aziende, anche se in realtà questa deve essere analizzata con riferimento a tutte le imprese. La RSI, infatti, deve essere applicata anche alle PMI, che, a volte concludono degli impegni a livello locale. Gli elementi che permettono di applicare la RSI alle PMI sono diversi, tra i quali rilevano la reperibilità dell’imprenditore e l’intrattenimento di rapporti con i dipendenti. Per le PMI è necessario adottare misure quali l’uso consapevole delle risorse ambientali, la trasparenza, la qualità dei prodotti, la capacità di valorizzare le risorse umane e di garantire lo sviluppo economico dell’impresa. Questi sono obiettivi che sono già difficili da perseguire per le grandi imprese, ma lo sono ancora di più per le PMI, caratterizzate da strutture organizzative semplici, scarsità delle risorse e una predilezione per gli impegni sociali occasionali e non pianificati. Sono stati diversi gli interventi per l’applicazione della RSI alle PMI, soprattutto da parte dell’Unione Europea, attraverso la cooperazioni tra grandi e piccole imprese, la diffusione di best practices e l’utilizzo di strumenti che permettano l’avvio di iniziative di gestione responsabile. Quali potrebbero essere delle ulteriori misure per aumentare la sensibilità delle PMI rispetto alle RSI?

Il tessuto imprenditoriale italiano è tenuto vivo dalle piccole e piccolissime imprese. I dati parlano di un 90% di PMI, di cui la stragrande maggioranza inferiore ai 10 dipendenti. A loro fa riferimento il 72,5% del valore aggiunto nazionale e l’82,2% dell’occupazione. Ritenere, pertanto, la CSR questione di grandi imprese, è commettere un grande errore di valutazione, figlio di una miopia comoda per allontanare fastidi e ulteriori oneri.
Senza nasconderci dietro il perbenismo, proclamarsi paladini della RSI, dell’ambiente, difensori della dignità del lavoratore, comporta un carico di responsabilità non indifferente, con conseguente crescita esponenziale di costi ed esborsi, situazione che, probabilmente, per paura di essere sommersi e di ritrovare solo terra bruciata intorno a sé, l’imprenditore medio di piccola e piccolissima impresa tende ad evitare.
Si è soliti parlare di CSR sommersa con riferimento alle politiche poste in essere dalle PMI: ciò è legato al fatto che molto spesso le stesse adottano in modo inconsapevole e non strategico comportamenti socialmente responsabili.
L’impronta molto personalizzata che hanno tali imprese rende infatti difficile stabilire una linea di demarcazione tra le iniziative assunte dall’imprenditore quale persona fisica e quelle invece prese dall’azienda. Non vi è inoltre il ricorso a strumenti quali il Bilancio sociale e le iniziative sono strettamente legate al rapporto con i dipendenti.
Condannare la PMI come nemica della RSI coincide con una totale ignoranza della realtà e dei suoi fattori: queste tipologie imprenditoriali portano avanti il concetto di CSR sommersa, il più delle volte non potendo sostenere campagne legate ad iniziative sociali di notevole portata per mancanza di risorse.

Come é stato correttamente messo in rilievo, in un tessuto imprenditoriale come il nostro composto per la stragrande maggioranza da piccole imprese é necessario che si osservi anche quali possono essere gli strumenti di CSR disponibili per esse e come possono concretamente metterli a punto. A tal proposito mi sembra interessante proporre l'esempio di Costieri D’Alesio S.p.A., una società di servizi che svolge, all’interno del porto di Livorno, attività di stoccaggio e movimentazione di oli combustibili, benzine e gasolio per auto-trazione, fornendo una serie di servizi tra cui: ricevimento di prodotti petroliferi via mare da navi cisterna; ricevimento di prodotti via terra (a mezzo autobotti) e/o oleodotto dalla Raffineria ENI di Livorno; stoccaggio temporaneo di prodotti petroliferi e chimici in serbatoi.
“Soprattutto nel settore chimico e petrolifero gran parte della clientela è ormai certificata. Da ciò deriverà per queste imprese un’esigenza crescente di avere fornitori altrettanto qualificati. La certificazione del Sistema Qualità introduce nell’azienda un primo importante elemento di differenziazione nel mercato, garantendo al cliente una maggiore affidabilità”. Queste sono le parole pronunciate nel corso di una riunione della direzione in cui l’amministratore delegato della società chiedeva un'opinione ai soci circa la necessità di provvedere alla certificazione della Costieri D’Alesio S.p.A. secondo la normativa UNI EN ISO 9002.
La sfida che l’azienda ha raccolto nel complesso è stata quella di dotarsi di un sistema integrato di gestione capace di rispondere alle esigenze aziendali rispetto ai diversi ambiti della qualità, della sicurezza, dell’ambiente. Ne è derivato pertanto un percorso “virtuoso” che ha portato l’azienda a conseguire diverse certificazioni.
Questo sistema integrato si fonda su tre principi: partecipazione attiva dell’alta direzione, coinvolgimento del personale, collaborazione con i portatori di interesse.
Ogni anno la Alta Direzione, prefissati gli obiettivi specifici in materia di qualità, ambiente, sicurezza e prevenzione degli incidenti rilevanti, valuta se le politiche aziendali siano adeguate al raggiungimento di tali obiettivi entro i tempi prestabiliti. La politica aziendale è formalizzata dall’Alta Direzione in un unico documento suddiviso in più sezioni, il quale viene diffuso ed illustrato a tutto il personale della Società. Il responsabile del sistema qualità sicurezza ambiente (RSQSA) e tutti i responsabili di funzione s’impegnano, infatti, a diffondere con la massima trasparenza la politica aziendale a tutti i livelli dell’organizzazione.

Ritengo che questo esempio sia interessante non solo in quanto si tratta di un'impresa di dimensioni modeste (che occupa meno di 40 dipendenti) ma anche perché mette in luce quanto può essere importante che non solo gli "anelli principali" della catena imprenditoriale adottino comportamenti socialmente responsabili: le politiche adottate dalle imprese per così dire "strumentali" alle grandi imprese del settore possono essere altrettanto significative, e possono contribuire a far svolgere l'intero processo produttivo sotto le medesime linee guida.

Come è già stato ribadito dai colleghi il grado di diffusione dei modelli di RSI cresce con il crescere delle dimensioni aziendali, ciò dipende in primo luogo dalla scarsità di risorse umane ed organizzative che le piccole e medie imprese sono in grado di dedicare alle iniziative di RSI e in secondo luogo queste iniziative comportano delle spese che non sempre le PMI sono in grado di sostenere. In ogni modo le PMI nel loro piccolo possono adottare delle pratiche socialmente responsabili grazie al comportamento dell'imprenditore che può essere improntato a chiarezza, correttezza, ascolto e partecipazione nei confronti dei propri dipendenti. A mio parere per migliorare il livello delle PMI il governo dovrebbe prevedere più incentivi per il sostegno agli investimenti in RSI.

Siamo tutti d'accordo nell'affermare che la Responsabilità Sociale d'Impresa è largamente associata ad imprese di grandi dimensioni. Questo per motivi più che comprensibili: grandi aziende vantano alti profili e alta attenzione mediatica; hanno maggior interesse ad accattivarsi il grande pubblico e mantenere un' alta reputazione, attraverso politiche socialmente responsabili; dispongono di maggiori risorse economiche e sono quindi maggiormente inclini ad investire in RSI.
Ma nonostante queste motivazioni logicamente incontestabili, che sembrano tagliare completamente fuori le PMI, anche queste ultime sono interessate in materia di RSI.
Le dimensioni delle imprese non sono condizione per l'attuazione o meno di politiche socialmente responsabili. Per intenderci: non conta QUANTO o SE una PMI investe in RSI ma conta il semplice fatto che lo faccia e COME lo faccia, in linea con le proprie capacità, distinguendosi -comprensibilmente- dalle grandi aziende.
Impegnarsi in attività di responsabilità sociale è una decisione volontaria delle imprese -come si legge sul Libro Verde- per cui anche solo un piccolo contributo in tal senso da parte di un'impresa è indice di un interesse che va oltre i requisiti minimi di legge e i contratti collettivi e -nel caso specifico di una PMI, dotata di minori risorse- che è sinceramente sentito.
Infatti, riguardo a questo ultimo punto, possiamo pensare che una grande impresa -costantemente sotto il controllo dei media e mossa dall'esigenza di soddisfare i propri consumatori- sia spinta ad adottare politiche di RSI più per motivi strategici, di marketing, che per un sincero sentimento di attenzione per le problematiche sociali e ambientali. Nel caso di una PMI, il caso è un po' diverso.
Queste ultime, infatti, hanno un approccio più personale nei confronti degli stakeholders. Le relazioni personali sono un punto fondamentale per il loro successo: i dipendenti di solito si conoscono tutti, sono quasi membri di una stessa “famiglia” e di conseguenza è più semplice comportarsi in maniera socialmente responsabile all'interno di queste imprese, rispetto a quelle di grandi dimensioni, dove il contesto lavorativo è molto più ampio e dispersivo.
Ma le PMI sono maggiormente coinvolte anche per quanto riguarda la responsabilità sociale esterna, in quanto possono contribuire direttamente e in modo sostanziale in termini di fornitura di lavoro e intrattengono rapporti stretti con la comunità locale: possono contare su rapporti commerciali con clienti e fornitori.
Un esempio: Aaron Feuerstein, l'amministratore delegato di Malden Mills – impresa produttrice di Polartec pile e altri tessuti moderni- in Massachusetts, ha continuato pagamento degli stipendi dei suoi operai, mentre la fabbrica era in fase di ricostruzione a seguito un incendio.
Dunque l'impresa, nonostante la situazione di profonda crisi in cui versava, dovuta all'incidente che l'aveva colpita, ha dimostrato un maggiore interesse alla tutela dei propri dipendenti.
Le PMI sono più libere, rispetto alle grandi imprese -pressate dall'esigenza di mantenere una certa reputazione all'esterno- e possono permettersi di adottare politiche di RSI -nel limite delle loro possibilità- dimostrando di essere intrinsecamente e maggiormente motivate e non di adottare una semplice tattica di marketing.

Relativamente al coinvolgimento delle PMI in tema di Responsabilità sociale d'impresa (RSI), l'Università di Macerata grazie al co-finanziamento della Commissione Europea ha avviato nel luglio 2013 il progetto DESIGN-MTS (Defining Social responsability Interventions for a Grounded Networking in Machine Tools Sector) che prevede dei corsi gratuiti principalmente per le piccole medie imprese, le associazioni rilevanti e altri stakeholders, in cui sono previsti dei codici di condotta e strategie di business orientate alla responsabilità sociale d'impresa relativamente a precisi ambiti quali la sostenibilità ambientale, le pratiche lavorative e la sicurezza sul posto di lavoro. Le "protagoniste" di questo progetto sono le piccole medie imprese, in particolar modo le imprese impegnate nel settore tessile, principalmente perché, rispondere alle richieste dei clienti in termini di responsabilità d'impresa è diventata una questione di competitività per i fornitori di macchine utensili e una condizione che influenza sempre più la capacità dei fornitori di mantenere i propri clienti ed acquisirne nuovi e, relativamente a ciò, le piccole medie imprese non hanno le risorse e le conoscenze adeguate per comprendere e valutare le molteplici richieste da parte dei loro clienti.
Questo progetto oltre a coinvolgere il mondo imprenditoriale ha coinvolto stakeholders provenienti dal mondo accademico, sindacale e politico allo scopo di creare una piattaforma multi-stakeholder sulla responsabilità sociale d'impresa e sulla sostenibilità.

Dal mio punto di vista, affermare che le piccole medie imprese non pratichino attività socialmente responsabili é errato, come d'altronde lo potrebbe essere affermare che le PMI debbano volgere il loro sguardo alle grandi imprese ed imparare da quest'ultime ad essercitare responsabilità sociale.
In primo luogo non si possono paragonare le iniziative di RSI di una piccola azienda provinciale con quelle portate avanti da una multinazionale come per esempio L'Oreal.
La responsabilità sociale d'impresa produce benefici in ambito di immagine e reputazione, che sono maggiormente visibili nelle aziende di grandi dimensioni, in quanto le PMI non godono della stessa visibilità.
Da tenere presente è anche la maggior disponibilità economica delle grandi imprese; nel momento in cui le PMI si trovano a dover adottare sistemi di certificazione vedono questi ultimi come possibili aggravi di costi.
Nonostante ciò si potrebbe notare che vi sono alcuni elementi a favore della PMI, come per esempio il forte radicamento nel territorio e la prossimità alla comunità locale che comportano reciproche conoscibilità. In questo modo l'imprenditore è maggiormente in contatto con i dipendenti, clienti e fornitori.

Per quanto riguardo le PMI e la responsabilità sociale, la Commissione Europea ha finanziato un progetto nell'ambito del programma “Intelligent Energy Europe” il Progetto STEEEP, "Support and Training for an Excellent Energy Efficiency Performance" ha come obiettivo quello di offrire alle PMI, attraverso le Camere di commercio, una serie di informazioni e strumenti ad hoc per la valutazione e il miglioramento dell’efficienza energetica al loro interno, facendo uso del know-how acquisito dal precedente progetto "CHANGE-Chambers promoting Intelligent Energy for SMEs" a cui il sistema camerale italiano aveva preso parte. Grazie al progetto si propone a 130 imprese dei territori di competenza delle Camere di Commercio e Unioni regionali partecipanti al progetto un accompagnamento personalizzato per ridurre dal 10 al 15% i consumi di energia e una serie di momenti di incontro collettivi sul territorio. L’accompagnamento prevede l’elaborazione di indicatori per misurare il proprio consumo, visite degli esperti in azienda per verificare la gestione energetica della PMI e definire le misure per l'efficientamento energetico, l’organizzazione di workshop di rivolto alle PMI sull'uso dei tool energetici, l’adozione di misure di risparmio e focus tematici con lo scopo di verificare il corretto svolgimento del progetto di incontri tecnici sul territorio sui vari temi dell'efficientamento energetico, verifica dei risultati ottenuti a seguito delle misure adottate da parte delle aziende.

Inoltre è stato lanciato anche il progetto PMI Energy CheckUP che prevede di avviare una piattaforma online, adattando una sperimentazione effettuata in Olanda, che consenta alle PMI di misurare il consumo energetico confrontando i propri consumi con quelli di aziende analoghe e fornire di conseguenza una serie di informazioni e eventuale assistenza per metterle nella condizione di adottare specifiche misure di risparmio energetico.

Personalmente trovo questi progetti siano molto importanti per lo sviluppo delle PMI e di incremento di immagine in tutta Europa: chi partecipa a questi progetti rispetta, si l'ambiente, ma avrà sicuramente un ritorno positivo per quanto riguarda i costi, abbattendo i consumi energetici.