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CASO STARBUCKS

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Messaggio  0000734697 Mar Apr 05, 2016 1:57 pm

Navigando sul web, mi sono appassionata a leggere un caso molto particolare. Un caso che ha attirato la mia attenzione perché, a differenza di tanti (troppi) casi, concerne un’impresa che ha a cuore le politiche occupazionali.
Sto parlando dell’impresa di Starbucks.
Starbucks è una famosa catena degli Stati Uniti operante nella distribuzione di caffè. È un’impresa che fa leva sul principio della diversità: usa questo tema come un modo per creare business.
“Diversity and inclusion are at the heart of how we define ourselves at Starbucks”
È un’impresa che va a tutelare quella che è la multiculturalità, il multilinguismo. È un’impresa che ha l’obiettivo di facilitare l’assunzione di persone provenienti da minoranze etniche, anziani, donne o comunque persone sfavorite sul mercato del lavoro.
Poiché la diversità è vista come una fonte di innovazione e ricchezza, il raggiungimento di tutti gli obiettivi posti è diventata quasi come una sfida. Una sfida dalla quale Starbucks è stata in grado di uscire vincitrice. Lo dico perché in base a delle ricerche, sono venuta a conoscenza dei numerosi premi ottenuti nel 2007 come migliore gestione della diversità
Hanno raggiunto il massimo del punteggio nell' Human Rights Campaign Founadtion’s Corporate Equality Index, e il grande rispetto dell'azienda nei confronti della diversità dei disabili è stato onorato del Disability Rights Legal Center con il Corporate Awards.
Il programma di Starbucks si basa sulla stimolazione ad aumentare l’inclusione al lavoro di tutti, di sviluppare figure professionali e migliorare le performance personali.
Starbucks crede nel principio di eguaglianza; crede nell’eguaglianza dei diritti. E il processo per promuovere questo principio è continuo (lo dimostrano i programmi effettuali nel 2007 che hanno avuto come obiettivi quello di migliorare la comprensione del management verso le “problematiche della diversità”.
Infatti sono stati creati i Diversity teams leader, proprio per allargare a tutti i livelli della compagnia l’integrazione della diversità.
Grazie ad essi, Starbucks sta diventando ancora di più un’impresa incentrata in modo evidente sulla tutela della diversità: grazie a delle statistiche, possiamo osservare che sono sempre di più le donne e gli uomini di colore che realizzano quella che è la forza lavoro nei dipartimenti di Starbucks…
L’impegno di Starbucks è rilevante non solo nei riguardi delle persone sofferenti di razzismo, ma anche nei confronti dei disabili. Infatti, un po’ di tempo fa, è stata dedicata una giornata intera alla conoscenza approfondita delle possibili barriere architettoniche che affliggono i diversamente abili, insieme alla volontà di ridurle il più possibile.
Starbucks è in diverse comunità emarginate... in molte comunità in cui si è aperto un negozio Starbucks si sono date nuove opportunità di lavoro, a tutti, senza discriminazioni.

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Messaggio  0000726555 Mar Apr 05, 2016 2:59 pm

L’impresa Starbucks, oltre all’attenzione che ripone all’RSI interna, è attenta anche alle tematiche riguardanti l’ambiente circostante in cui opera. Secondo un articolo di giornale, risalente al 23 marzo 2016, Starbucks si impegnerà a donare cibi e bevande che stanno per scadere alle persone che versano in uno stato di bisogno. L’iniziativa è stata annunciata con un comunicato stampa e, in accordo con le onlus americane Feeding America e Food Donation Connection, i cibi verranno donati ai banchi alimentari di tutti gli Stati Uniti. Con questa iniziativa, denominata Foodshare, Starbucks vuole dare il suo contributo per risolvere l’emergenza alimentare che tocca da vicino 50 milioni di americani. All’interno del comunicato stampa si legge che la previsione di Starbucks è quella di aiutare, nel solo primo anno dell’iniziativa, 5 milioni di famiglie che hanno bisogno di cibo.
L’iniziativa di Starbucks mi porta a riflettere sul tema dello spreco alimentare. In Italia, ad esempio, lo spreco è spropositato secondo un rapporto del Waste Watcher 2015: circa 13 miliari di euro di cibo vengono sprecati annualmente. Come si può intervenire affinché si riducano gli sprechi alimentari? Come limitare l’impatto ambientale ed economico e bilanciare l’interesse delle imprese?

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Messaggio  0000723023 Mar Apr 05, 2016 4:15 pm

A proposito dello spreco di cibo, sul tema vorrei qui segnalare alcune iniziative trovate sul web.
Food Right Now è una campagna di sensibilizzazione che possiede, come fine ultimo, quello di promuovere il diritto al cibo per tutti, nonchè quello di sostenere concretamente la lotta alla fame su scala globale. Dal suo sito ufficiale (foodrightnow.it) è possibile leggere alcuni dati statistici interessanti: la FAO (l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura), infatti, calcola che ogni anno vadano a sprecarsi 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a 1/3 della produzione totale destinata al consumo umano.
Ora, come giustamente riportato nel commento precedente, il cibo sprecato in Italia ammonta a 13 miliardi di euro; tuttavia, continua Food Right Now, "[...] È interessante notare come la crisi economica abbia ridotto lo spreco di cibo del 57%; per risparmiare, gli italiani hanno iniziato a programmare meglio le proprie spese ed i propri consumi, riducendo le quantità acquistate, riutilizzando gli avanzi e prestando maggior attenzione alle scadenze".
Nonostante gli alti e bassi confinati, perlomeno, al caso italiano, compiendo un discorso su scala più globale, si tratta assolutamente di dati che fanno davvero paura.

Cosa si potrebbe fare, dunque, per ridurre sprechi di una tale portata? La risposta più ovvia sarebbe quella di tenere conto delle numerose iniziative poste in essere da parte del governo. Esistono, infatti, nel territorio italiano, delle agevolazioni fiscali, previste per legge, per le donazioni di eccedenze produttive compiute della imprese. Si ricordino, a titolo di esempio:
  -  la legge n. 155/03, detta del “Buon Samaritano”, che solleva le aziende da ogni responsabilità relativa ai prodotti alimentari donati, tendendo, dunque, a considerare come "consumatori finali" i beneficiari;
  - il d.lgs. 4 dicembre 1997 n. 460, articolo 13 comma 2: si afferma, qui, che le derrate alimentari e i prodotti farmaceutici, ceduti gratuitamente alle ONLUS, non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell’impresa;

Ebbene, a queste iniziative prettamente governative, se ne accostano altre, tra le quali vorrei qui citare il "Progetto Zero Waste", promosso dal Cesvol (Centro Servizi per il Volontariato) di Perugia, al fine di diffondere la cultura del "consumo sostenibile". Come è possibile leggere sul sito zerosprechi.it, le imprese intenzionate ad aderire si impegnano principalmente a:
  - aiutare le persone in difficoltà dando un sostegno concreto attraverso la distribuzione di beni alimentari e di altro genere;
  - tutelare l’ambiente riducendo la frazione dei rifiuti;
  - promuovere la cultura del consumo responsabile e sostenibile tra i cittadini.
Nel caso in cui l’azienda rispettasse questi tre punti, otterrebbe il marchio “Io non spreco”.  Ovviamente, l'adesione a dei progetti simili (e, in questo caso, l’ottenimento del suddetto marchio) non potrebbe far altro che dar lustro alle imprese: nel sito di cui sopra, infatti, si promette alle aziende una grande visibilità nelle campagne informative del progetto stesso, nonché loro informazioni in spazi appositi del sito medesimo.
Si tratterebbe, insomma, di compiere del "bene" ed ottenere, in cambio, potenziali (ulteriori) profitti: si parla incentivi a tutti gli effetti.

In conclusione, si potrebbe affermare che, in questioni come quella degli sprechi alimentari, le iniziative e le (potenziali!) soluzioni sembrano esistere; soluzioni che, come nei casi sopra riportati, non sempre vanno a tradursi necessariamente in richiesta di "sacrifici" alle imprese.

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CASO STARBUCKS Empty Starbucks apre nel Queens!

Messaggio  0000624438 Mer Apr 06, 2016 9:38 am

Starbucks oltre ad essere un'imprese che ha una particolare attenzione per i propri lavoratori, per la diversità di genere e di ruolo, ha anche interesse a che, in "localizzazioni" piuttosto disagiate, si possa comunque fruire del loro servizio di ristorazione. Ribadiamo quindi che Starbucks punta sulla responsabilità sociale d’impresa “locale”, aprendo le porte del suo community store nel Queens a New York. Questo fenomeno (aprire un negozio in una zona disagiata) sta diventando un vero e proprio trend tant'è che anche la stessa Nike ha aperto un punto vendita a Brooklyn.
Riporto di seguito l'articolo trovato relativo a questa impresa molto attenta alle esigenze dei suoi clienti nonché di coloro che vi lavorano, auspicando che voi colleghi apprezziate (come ho apprezzato io) l'iniziativa effettuata!  
"Il nuovo Starbucks di Queens, quartiere multietnico di New York noto alle cronache nere negli anni ’90 per lo spaccio di droga, sorge all’angolo tra Sutphin Boulevard e 89th Avenue, ed è solo il primo di una serie di locali che apriranno in varie zone a medio o basso reddito degli Stati Uniti, almeno 15, con l’obiettivo di supportarne lo sviluppo economico e sociale. Ogni caffetteria, oltre ai tradizionali spazi caratteristici della catena, avrà un’aula a disposizione delle organizzazione no-profit locali che lavorano per dare formazione professionale tramite corsi dedicati ai giovani della zona, spesso disoccupati e già fuori dal sistema scolastico.
A Queens i corsi vertono su food, servizio e ristorazione: “Stiamo adattando il nostro know how per dare un’opportunità ai giovani del quartiere. Li formeremo perché possano intraprendere carriere nella ristorazione e nel settore alimentare – spiega Ben Thomases, direttore esecutivo dell’organizzazione Queen’s Community House -. Starbucks è nota per la qualità del suo servizio e sappiamo che queste abilità possono essere trasferite a una serie di posizioni nella ristorazione, ma anche altrove.” Il focus è sulla responsabilità sociale, sull’impiego di mano d’opera locale (che tra l’altro conosce il luogo e ha contatti con i clienti spesso diretti) ma anche sulla personalizzazione del punto vendita che si vuole legato al genius loci, anche se in qualche modo risulta standardizzato per il solo appartenere a una catena. Ci stiamo allontanando anni luce dall’ottica McDonald’s di trovare lo stesso panino (e lo stesso layout) ovunque nel mondo (e lo sta capendo anche McDonald’s)..."

http://instoremag.it/distribuzione/il-retail-sostiene-il-vicinato-starbucks-apre-a-queens-il-suo-primo-community-store/20160324.82932

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Messaggio  0000660780 Mer Apr 06, 2016 11:03 am

Il caso Sturbucks è davvero molto interessante e in merito ne sapevo poco devo ammettere. Così spinta dalla curiosità mi sono imbattuta in un articolo sul web denominato "il lato oscuro della responsabilità sociale"; intanto una curiosità che ha generato scalpore su sturbucks proprio per il suo impegno così deciso dal punto di vista sociale, e cioè un giorno su di una vetrina di Sturbucks in Arabia Saudita venne affisso un cartello con invito alle donne di non entrare e di chiedere al loro autista di ordinare da bere o da mangiare (questo fa sicuramente riflette come l'adattarsi a sistemi politici diversi da quello occidentale risulta ancora oggi problematico.

Sul profilo della responsabilità sociale invece viene posto in luce il fatto che l'inversione di tendenza delle multinazionali ad impegnarsi internamente ed esternamente la propria azienda si è mostrata vincente, sia per l'attenzione al lavoro ed al lavoratore, tanto che sono nate delle vere e proprie classifiche sui posti migliori dove lavorare, sia perchè come sappiamo tutti essere socialmente impegnati risulta conveniente agli occhi di clienti e anche governi e finanziatori.

Ciò che viene in rilievo però, ed arrivo al citato "lato oscuro" è che da uno studio su di un gruppo di imprese americane tra il 2002 e il 2011 è che le imprese che si sono spese per la responsabilità sociale sono al tempo stesso quelle che hanno cercato in tutti i modi di evitare di pagare le imposte investendo ad esempio molto denaro nelle lobby per esercitare pressioni anche politiche al fine delle riduzioni delle imposte. Secondo voi esiste davvero questo "lato oscuro"? Lo scopo della RSI non è anche redistribuzione della ricchezza alla società? E' giusto che vengano dati degli incentivi a queste imprese ma da qui ad esercitare pressioni per pagare meno imposte il passo è molto lungo.

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CASO STARBUCKS Empty Starbucks e il suo impegno sul fronte alimentare

Messaggio  724859 Mer Apr 06, 2016 3:23 pm

Starbucks, la nota catena di caffetterie presente pressoché in ogni parte del mondo, si è distinta da alcuni anni a questa parte per la sua partecipazione ad iniziative di connotazione sociale: alla domanda se possiamo definire la Starbucks un’ impresa socialmente responsabile, la risposta è senza dubbio affermativa. Oltre al suo impegno sul fronte dell’accoglimento della diversità e della tutela della multiculturalità e del multilinguismo tramite l’obiettivo di facilitare l’assunzione di persone appartenenti a minoranze etniche e linguistiche e a gruppi di emarginazione sociale e lavorativa, la famosa catena si è distinta per la sua lotta contro lo spreco alimentare. Circa 7600 punti vendita presenti negli Stati Uniti doneranno il cibo invenduto a fine servizio grazie alla collaborazione della Feeding America, organizzazione che riunisce più di 200 banchi alimentari statunitensi e Food Donation Connection,un’impresa privata specializzata nel recupero di eccedenze alimentari presso ristoranti,bar,mense e realtà della grande distribuzione. Queste scelte di Corporate Social Responsibility dimostrano l’attenzione della catena americana al tema dello spreco e del correlato tema della povertà alimentare. Il fatto che questi comportamenti virtuosi possano essere adottati da molte aziende costituisce un auspicio di importanza rilevante considerando che al giorno d’oggi con il crescente divario tra ricchezza e povertà il numero delle persone che si trovano nell’impossibilità di accedere ad alimenti sufficienti sicuri e nutrienti sta salendo in maniera esponenziale. Tutto ciò premesso, il recupero di cibi e il mancato spreco non comporta nemmeno sacrifici da parte di questi soggetti su alcun piano,tantomeno quello economico.

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Messaggio  0000689773 Gio Apr 07, 2016 8:34 am

Personalmente non avevo la minima idea di questa grande qualità di Starbucks, che la rende oggettivamente una grande impresa socialmente responsabile. Il caso Starbucks dovrebbe essere un esempio da seguire per l’integrazione e per la grande opportunità di lavoro che offre ai più bisognosi da tutte le imprese del mondo. Si parla tanto di integrazione, e questo mi sembra un ottimo modo per attuare le tante belle parole che si sentono quotidianamente ai telegiornali. Incuriosita da tutto ciò, ho iniziato a leggere articoli su internet, fino a quando ho incontrato questo piccolo articolo (che riporto sotto) che mi ha lasciata letteralmente senza parole. Starbucks offre a migliaia di lavoratori università gratis. Questa è forse la più grande idea che un’impresa possa avere, ovvero quella di dare l’opportunità a tutti i dipendenti di seguire dei corsi universitari a piacere gratuitamente, offrendo al contempo anche un lavoro di tutto rispetto.
Ve lo riporto di seguito, nella speranza che qualche collega possa stimare con me questa idea rivoluzionaria.

“Università online gratis per migliaia di lavoratori Starbucks. Il colosso delle caffetterie offrirà istruzione gratuita ai suoi dipendenti senza imporre loro di restare nella società. Lo riporta il New York Times, sottolineando che l'annuncio ufficiale arriverà lunedì 16 giugno. L'iniziativa nasce dall'alleanza di Starbucks con l'Università dell'Arizona ed è rivolta ai circa 135.000 dipendenti americani della società. Gli unici requisiti richiesti sono che il dipendente lavori almeno 20 ore alla settimana e abbia, nei test, il punteggio necessario per entrare all'Università dell'Arizona. ''Starbucks si sta spingendo dove nessuna altra grande società è andata'' afferma Jamie Merisotis, di Lumina Foundtaion, gruppo focalizzato sull'istruzione. NESSUN LIMITE PER ACCEDERE AI CORSI. Per aderire all’iniziativa non ci sono limiti. Primo: l’offerta è senza restrizioni, può chiedere il sostegno agli studi anche un neo-assunto. Secondo: non si richiedono impegni sul futuro, quindi una volta laureato il dipendente è libero di lasciare l’azienda, non si impegna a rimanere per un certo numero di anni. Terzo: completa libertà di scelta sul tipo di corso da frequentare. Molte altre aziende concorrono ai costi universitari dei dipendenti, ma mai in misura completa, e di solito pongono altre limitazioni. I vertici di Starbucks non si scompongono alle reazioni basite di molti: «Anche se al raggiungimento della laurea i nostri dipendenti decidessero di andarsene», commenta tranquillo Howard Schultz, presidente e ad della società, «penso che i vantaggi sarebbero comunque decisivi. Maggior disponibilità sul luogo di lavoro, maggior soddisfazione, aumento della produttività. Alla fine i migliori probabilmente decideranno di restare».L'AZIENDA SENSIBILE AL WELFARE. Del resto questa non è che l’ultima iniziativa di Starbucks un po’ fuori dai soliti binari: l’azienda già provvede all’assicurazione sanitaria anche per i dipendenti part-time, e prevede stock option per i lavoratori. Certo non incoraggia la sindacalizzazione, ma nel complesso il tasso di welfare all’interno dell’azienda sembra piuttosto elevato. L’Università dell’Arizona ha uno dei più ricchi programmi di corsi online, seguiti ad oggi da 11mila studenti. Per ora non si ha notizia di possibili accordi della catena americana con università straniere per i suoi dipendenti nelle consociate estere.”

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Messaggio  0000722544 Sab Mag 14, 2016 7:12 pm

Ho continuato a cercare le attività di Starbucks spinta dalla curiosità di questo topic.
Ho riscontrato una grande quantità di operazioni da vera RSI, ma a mio parere la più interessante per noi essendo giovani è proprio questa :
Università online gratis per migliaia di lavoratori Starbucks. Il colosso delle caffetterie offrirà istruzione gratuita ai suoi dipendenti senza imporre loro di restare nella società. Lo riporta il New York Times, sottolineando che l'annuncio ufficiale arriverà lunedì 16 giugno. L'iniziativa nasce dall'alleanza di Starbucks con l'Università dell'Arizona ed è rivolta ai circa 135.000 dipendenti americani della società. Gli unici requisiti richiesti sono che il dipendente lavori almeno 20 ore alla settimana e abbia, nei test, il punteggio necessario per entrare all'Università dell'Arizona. ''Starbucks si sta spingendo dove nessuna altra grande società è andata'' afferma Jamie Merisotis, di Lumina Foundtaion, gruppo focalizzato sull'istruzione. NESSUN LIMITE PER ACCEDERE AI CORSI. Per aderire all’iniziativa non ci sono limiti. Primo: l’offerta è senza restrizioni, può chiedere il sostegno agli studi anche un neo-assunto. Secondo: non si richiedono impegni sul futuro, quindi una volta laureato il dipendente è libero di lasciare l’azienda, non si impegna a rimanere per un certo numero di anni. Terzo: completa libertà di scelta sul tipo di corso da frequentare. Molte altre aziende concorrono ai costi universitari dei dipendenti, ma mai in misura completa, e di solito pongono altre limitazioni. I vertici di Starbucks non si scompongono alle reazioni basite di molti: «Anche se al raggiungimento della laurea i nostri dipendenti decidessero di andarsene», commenta tranquillo Howard Schultz, presidente e ad della società, «penso che i vantaggi sarebbero comunque decisivi. Maggior disponibilità sul luogo di lavoro, maggior soddisfazione, aumento della produttività. Alla fine i migliori probabilmente decideranno di restare». L'AZIENDA SENSIBILE AL WELFARE. Del resto questa non è che l’ultima iniziativa di Starbucks un po’ fuori dai soliti binari: l’azienda già provvede all’assicurazione sanitaria anche per i dipendenti part-time, e prevede stock option per i lavoratori. Certo non incoraggia la sindacalizzazione, ma nel complesso il tasso di welfare all’interno dell’azienda sembra piuttosto elevato. L’Università dell’Arizona ha uno dei più ricchi programmi di corsi online, seguiti ad oggi da 11mila studenti. Per ora non si ha notizia di possibili accordi della catena americana con università straniere per i suoi dipendenti nelle consociate estere.
Insomma ragazzi, non essendoci in Italia non possiamo frequentarlo con affluenza, ma a questo punto quando mi troverò in altri Paesi diventerò volontariamente una grande consumatrice di Starbucks!

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