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RSI e disciplina del lavoro: un'arma a doppio taglio?

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Messaggio  724804 Lun Mag 09, 2016 6:10 pm

Credo che non sia necessario uno studio approfondito del diritto del lavoro per capire che il baricentro della disciplina sia la tutela del lavoratore subordinato in tutte le sue sfaccettature, considerato controparte debole rispetto al potere datoriale e agli interessi dell'imprenditore. A fronte di questa osservazione, il tentativo delle imprese di porre in essere dei comportamenti socialmente responsabili volti a farsi carico delle conseguenze che l'attività produttiva ha sulla società e sull'ambiente circostante può dar luogo a dei rischi per il lavoratore? Nonostante si parta dal presupposto che prima di praticare attività di RSI, l'impresa debba aver raggiunto il massimo livello di legalità al suo interno, è possibile che essa celi le sue "mancanze" interne nei confronti dei diritti dei lavoratori, attuando comportamenti ritenuti socialmente virtuosi solo per pura apparenza e finto perbenismo? Oppure credete sia possibile che, anche qualora l'impresa abbia raggiunto quel livello di tutela massima del lavoratore a cui il nostro ordinamento aspira, possa inconsapevolmente ledere alcuni interessi dei dipendenti esercitando comportamenti socialmente responsabili?

724804

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Messaggio  0000723281 Lun Mag 09, 2016 7:20 pm

Sicuramente, il rischio più grande è il primo esposto dal collega: usare la RSI come mezzo pubblicitario e commerciale, al fine di acquisire maggiore notorietà e vedere i propri profitti economici aumentare. Come molti altri colleghi, che hanno riportato il problema nel forum in altre discussioni, ritengo che i mezzi di controllo (prevalentemente di soft law) europei riguardo le RSI abbiano grosse lacune, per questo il rischio maggiore è la prima ipotesi presa in considerazione.
Per quanto riguarda la tutela dei lavoratori, credo che le fattispecie in cui la RSI possa essere usata al fine di lederne i diritti siano poche. Dal punto di vista di retribuzione/stabilità del posto di lavoro, un'impresa che si impegna socialmente otterrà prodotti di qualità migliore. Potenzialmente, questi saranno venduti di più, proprio perché migliori, e recheranno profitto all'azienda, nella prospettiva più ottimistica faranno salire la retribuzione del lavoratore. Inoltre, al fine di soddisfare standard sociali, per esempio un minor impatto ambientale, l'impresa dovrà dotarsi di nuove strutture e, di conseguenza, nuovi lavoratori o dovrà far specializzare i dipendenti già a disposizione ( a proprie spese), incrementando così il MDL.
Le ipotesi di abuso, però, sono possibili. Per esempio, il datore di lavoro potrebbe utilizzare un codice etico stringente e con disposizioni ambigue al fine di licenziare dipendenti, per motivi personali o economici o discriminatori. Tuttavia, almeno da questo punto di vista, con un'azione giudiziaria il lavoratore avrebbe, grazie al controllo del giudice, un'adeguata tutela.

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Messaggio  0000730354 Lun Mag 09, 2016 7:32 pm

Innanzitutto, nel rispondere al collega, vorrei entrare nel merito di un eventuale rapporto intercorrente tra RSI e lavoro in azienda.
La Responsabilità Sociale di Impresa pare presentarsi come subordinata e "secondaria" rispetto alla tutela del lavoratore, per una molteplicitá di motivi, da considerazioni storico-politiche a considerazioni socio economiche.
Il profilo sicuramente maggiormente distanziante i piani è la contrapposizione tra indisponibilitá della tutela del lavoratore e disponibilitá della RSI, concretata nell'obbligatorietá della prima e volontarietá della medesima. Da questo elemento "giuridico", in un'ipotetica scala di prioritá, il lavoro si pone in posizione più elevata della RSI.
Ma la subordinazione pare essere anche concettuale: la RSI realizza, in un senso alquanto ampio ed elastico, interessi esterni e generici (in senso approssimato) essendo preposta, in primo luogo, alla riduzione dell'impatto dannoso a livello sociale, ed all'incremento, in secondo, di quello positivo nel medesimo contesto. La RSI è rivolta, approssimando molto, ai cittadini, portatori di interessi diversamente declinabili.
Astrattamente sembrerebbe dunque lecito anteporre a tali obiettivi, la tutela di cittadini specifici con interessi e bisogni specifici quali sono i lavoratori in azienda.
La perfetta tutela del lavoro sembra dunque, almeno in senso cronologico, da anteporre al perseguimento di politiche di RSI.
Superando questa ampia introduzione, la RSI implica necessariamente una distrazione di risorse, soprattutto pecuniarie, per la realizzazione della medesima e in particolare di obiettivi extra aziendali, che sembrerebbero prescindere dallo scopo di lucro.
Se assumiamo che le imprese perseguano politiche di RSI per mero interesse, questa distrazione, per una logica bdi ilanciamento, comporta che l'ottica di profitto torni a manifestarsi rispetto a risorse destinate a diverse finalità.
Semplificando, reputo che un rischio concretamente producibile e riscontrabile sia quello di sottrazione di risorse aziendali a dinamiche di contorno e di difficile rilevamento: si pensi all'obbligo di sicurezza di cui al 2087 e all'interpretazione giurisprudenziale tradizionale che ne indivuda l'adempimento nell'adozione del massimo standard di protezione tecnologicamente fattibile. Mi viene da pensare che un'impresa socialmente responsabile, se davvero in mala fede rispetto all'impegno, possa sottrarre risorse a questo settore, per mantenere intatta la logica lucrativa (a fronte di un'esternazione di propensione alla maggiore valorizzazione di quella solidale).
E cosí lo stesso potrebbe verificarsi in altri elementi di cornice che presuppongono una destinazione di risorse non obbligatoria: si pensi alle misure di sostegno alla ricollocazione, contributi al trattamento integrativo della retribuzione o eventuali ricadute sui lavoratori, come la tendenza a procedere a jiove assunzioni soltanto con forme precarie di lavoro.
Complessivamente, reputo che rischi ve ne siano e anche tendenzialmente inevitabili, e che la problematica debba essere risolta mediante un calcolo di costo benefici relativo a questo complesso rapporto tra RSI e lavoro

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Messaggio  724804 Lun Mag 09, 2016 8:21 pm

Mi permetto di aggiungere che, l'art 2087 c.c., emblema di massima prevenzione nell'ambito della tutela e della sicurezza nei luoghi di lavoro, era stato messo in pericolo dal progetto, ampiamente criticato, di un Testo Unico in materia. Questo progetto prevedeva che gli obblighi previsti dall'art 2087 c.c, ossia quelli che prevedono l'adozione, da parte dell'imprenditore, di misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e morale del lavoratore, venissero ottemperati se si fossero semplicemente applicati i codici etici e di comportamento. Tutto ciò andava, ovviamente, a scapito della tutela del lavoratore: questa previsione mirava, infatti, più che a prevenire un danno derivante da attività lavorativa, a risarcirlo qualora si fosse verificato. Tutto ciò in aggiunta al fatto che nel nostro Paese manca una vera e propria cultura di fondo della sicurezza e della prevenzione.

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Messaggio  730495 Ven Mag 13, 2016 8:46 am

Tenendo in considerazione le domande poste all’inizio, è lecito che sorgano delle domande in merito agli effettivi vantaggi che apportano i comportamenti socialmente responsabili dei datori di lavoro. Questi infatti, rappresentando la parte forte della situazione, e che quindi hanno il potere di gestire il tutto, possono tranquillamente prendere decisioni che potrebbero ledere invece l’altro lato della medaglia, la parte debole della situazione, ossia i lavoratori, che si troverebbero nella posizione di subire senza poter far nulla. Ecco perché, considerando il potere in mano dei datori di lavoro, che appunto sono liberi di agire, modificando situazioni di lavoro già preesistenti, ritengo sia giusto che sia attribuito un potere altrettanto forte anche ai lavoratori, in modo da dar loro una voce ed esprimere il loro eventuale dissenso nell’operato dei primi. E’ giusto non nascondersi dietro un dito, e ammettere che non sono poche le aziende e i datori, che pur di agire e perseguire i loro interessi, non si preoccupano degli effetti che le loro decisioni avrebbero su chi dipende da loro. Sono moltissimi i casi in cui l’azienda dice di aver lavorato e preso delle decisioni principalmente per poter garantire tutela ai suoi dipendenti, ma bisogna vedere questo quanto sia vero, perché sempre moltissimi sono i casi in cui si dice di aver agito in favore dei lavoratori, ma questi finiscono sempre per ritrovarsi lesi.

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Messaggio  0000722800 Ven Mag 13, 2016 8:48 am

Per quanto riguarda la disciplina sulla sicurezza oltre a ribadire il già citato art 2087 c.c., vorrei ricordare il d. lgs. 626/1994, frutto del recepimento delle Direttive Comunitarie, ma soprattutto vorrei porre l'attenzione su due articoli della nostra costituzione: artt 32 (salute) e 41 (libertà di iniziativa economica privata). La salute, la sicurezza ma anche la libertà e la dignità prevalgono, tanto da porre dei limiti al principio della libertà di iniziativa economica privata e alle esigenze della produzione. Ma non sono gli unici aspetti di cui tener conto quando si parla di RSI.
In generale non si può esercitare un'impresa senza divenire socialmente responsabili delle situazioni giuridiche attive e passive che questo esercizio genera su tutti i soggetti coinvolti, sia esterni (intera collettività) sia interni (lavoratori). E' assolutamente chiaro che è doveroso per le imprese attuare comportamenti socialmente responsabili, ma alle volte queste possono essere semplicemente una facciata, nascondendo dietro as esempio lo sfruttamento di minori o un livello di inquinamento eccessivo; per cui rispondendo concretamente dalla domanda iniziale posta dal mio collega, ritengo che, si, le imprese attuano comportamenti ritenuti socialmente virtuosi solo per pura apparenza e finto perbenismo. Ma non vorrei generalizzare troppo il discorso poichè esistono imprese che si impegnano davvero a far si che la tutela del lavoratore sia effettiva.

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Messaggio  724804 Ven Mag 13, 2016 9:59 am

Per ciò che riguarda la sfera di tutela dei lavoratori, bisogna considerare anche un altro elemento, il quale costituisce uno dei più grandi interrogativi che la responsabilità sociale d'impresa pone davanti a giuristi e non. Il punto è: la volontarietà dell'adozione di comportamenti socialmente responsabili contraddistingue anche il loro adempimento o è presente solo nel momento iniziale del processo per poi estinguersi e lasciare spazio all'obbligo di ottemperare gli impegni volontariamente assunti? Cioè, è volontaria solo l'assunzione di comportamenti etici e responsabili o anche la loro esecuzione? La questione può essere di cruciale importanza, sia per la tutela e sicurezza dei dipendenti, ma anche per ciò che attiene al conflitto fra responsabilità sociale e sindacati. Innanzitutto bisogna dire che la RSI annulla completamente la distinzione fra lavoratori subordinati e non, ponendo entrambe le categorie sullo stesso piano, in quanto anch'essi sono responsabili nei confronti della società e non più solo destinatari di norme o prassi volte alla loro tutela. In più, affinché nella gestione dell'attività produttiva si manifesti la volontà di adottare pratiche eticamente e socialmente responsabili, si presuppone che debba esistere una cooperazione e collaborazione notevole fra l'imprenditore e i suoi dipendenti: è come se in qualche modo venisse a mancare la ragion d'essere della tutela sindacale, la quale è fondata sin dagli albori sulla disparità di forza contrattuale fra le parti e sulle conseguente debolezza del lavoratore, subordinato al potere datoriale. In questo contesto di cooperazione, dunque, i sindacati temono di essere tagliati fuori dall'attività d'impresa e di perdere il loro potere contrattuale. Per questo motivo, essi hanno appoggiato la prima ipotesi, cioè quella secondo la quale la volontarietà dell'assunzione dei comportamenti debba esaurirsi nel momento iniziale del processo, per lasciar successivamente spazio al vincolo di adempimento degli impegni socialmente responsabili assunti, in modo che sia possibile ritagliare un loro spazio d'azione. In questo modo, forse, la responsabilità sociale d'impresa e la sua volontarietà potrebbero coniugarsi con la garanzia di una costante salvaguardia dei diritti dei lavoratori, bilanciando entrambi gli interessi, quelli dell'impresa come istituzione responsabile all'interno dell'ambiente ad essa circostante e quelli dell'impresa come luogo in cui si esegue la prestazione di lavoro, sede del rapporto contrattuale fra imprenditore e dipendenti.

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