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Rsi e contratto:un connubio possibile?

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Messaggio  738646 Mar Mag 03, 2016 2:24 pm

Da una monografia,redatta del professore Roberto Pessi dell'università degli studi di Macerata, ho tratto alcuni spunti abbastanza interessanti in materia di effettività dell' applicazione di prassi socialmente responsabili. Innanzitutto l'autore ribadiva come nella prospettiva europea la rsi sia configurata come un fenomeno che trova la sua ragion d'essere sia nella qualità e nella dimensione degli impegni assunti,ma anche,e io direi soprattutto,nella volontarietà dell'assunzione di detti impegni(presupponendo chiaramente che una volta che l'imprenditore tizio abbia deciso di assumere volontariamente determinati impegni non possa altrettanto volontariamente disattenderli) Tale volontarietà è un punto di forza, impegni assunti volontariamente tendenzialmente vengono rispettati in maggior misura rispetto a impegni che vengano imposti esternamente, ma anche un punto di debolezza, ove ci si trovi di fronte ad imprese, che assumendo una prospettiva schiettamente contrattualista neghino ogni pretesa degli stakeholders. A ciò si va ad aggiunger l'ulteriore complicazione che l'impresa, una volta che abbia deciso di "diventare" socialmente responsabile, non per questo potrà responsabilizzare tutti i soggetti con i quali entra in contratto, pur potendo evidentemente preferire alcuni contraenti piuttosto che altri. E proprio su questo punto l'autore fornisce delle soluzioni efficaci. Ad esempio, trattando di forniture ed appalti, l'autore propone che se un'impresa socialmente responsabile voglia responsabilizzare fornitori e appaltatori potrebbe inserire nei rispettivi contratti commerciali, che va a stipulare, delle clausole di risoluzione automatica in caso di violazione da parte dei contraenti degli impegni a rispettare prassi di rsi implementate dall'impresa che chiede la fornitura o presso cui deve essere eseguito l'appalto. Ora il problema è se clausole di tal genere in qualche modo non possano snaturare la stessa rsi, che pone alle sue fondamenta una visione "volontaristica".Ma quand'anche tali clausole fossero a contenuto meramente volontario(quasi un suggerimento che l'impresa socialmente responsabile voglia dare ai suoi contraenti),non si potrebbe negare che esse sarebbero allo stesso modo uno strumento di diffusione di prassi socialmente responsabili.

738646

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Messaggio  0000723134 Mar Mag 10, 2016 11:01 am

ritengo l'idea dell'inserimento di clausole socialmente responsabili da parte del committente all'interno dei contratti commerciali possa essere un validissimo metodo per sensibilizzare le imprese fornitrici alle tematiche socialmente rilevanti senza snaturare la volontarietà che contraddistingue la RSI.

Inoltre queste clausole non sarebbero danneggianti per la parte che decide di proporle in quanto non ne deriverebbe alcun peggioramento in termini di produttività e guadagno , fattore che purtroppo viene spesso visto come correlato alle pratiche di RSI.

tuttavia mi chiedo, come potrebbe diffondersi un sistema di questo tipo? da dove si dovrebbe partire?

0000723134

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Messaggio  724804 Mer Mag 11, 2016 12:26 pm

Ritengo che l'inserimento di clausole di risoluzione automatica non sia il solo metodo per cercare di rendere effettivi i comportamenti socialmente responsabili, i quali hanno via via posto le basi per la l'elaborazione di codici etici e di condotta. Per giungere a questo obiettivo si possono percorrere varie strade, fra le quali la pubblicità delle norme fondate sui comportamenti responsabili,l'introduzione di sistemi di controlli, sia endogeni che esogeni adeguati e la previsione di un apparato sanzionatorio. La prima soluzione consiste nel misurare il grado di trasparenza e di conoscibilità del codice etico o di condotta presso lavoratori, fornitori, partners commerciali e altre parti interessate. Per ciò che attiene ai sistemi di controllo, invece, può essere previsto o un sistema endogeno, che provenga dall'impresa stessa e che ponga in essere una auto certificazione di qualità sociale oppure un meccanismo esogeno, affidato alle ONG, il quale può anche essere utile per incoraggiare i lavoratori a denunciare le infrazioni all'interno del luogo di lavoro. Ultimo, ma non meno importante, anzi forse il più incisivo, è l'introduzione di un regime sanzionatorio. Al contrario di ciò che si possa pensare, la sanzione non è un elemento esclusivamente giuridico, in quanto da quella prettamente giuridica deve esser tenuta distinta la sanzione sociale. Quest'ultima designa forme di reazione di cui dispone la società per assicurare un controllo diffuso sui suoi membri, e proprio perché essa è capace di far scaturire una sorta di "effetto vergogna" nei confronti di quelle imprese che non rispettino gli standards sociali e che, ad esempio, sfruttino il lavoro, è considerata ancor più incisiva della mera sanzione giuridica. Non è escluso che i due tipi di sanzioni possano incrociarsi; ciò si verifica quando, ad esempio, la sanzione sociale (es: boicottaggio di prodotti di un'impresa non eticamente e socialmente corretta) derivi dall'irrogazione di una sanzione giuridica o viceversa.

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Messaggio  0000723134 Gio Mag 12, 2016 8:26 am

724804 ha scritto:Ritengo che l'inserimento di clausole di risoluzione automatica non sia il solo metodo per cercare di rendere effettivi i comportamenti socialmente responsabili, i quali hanno via via posto le basi per la l'elaborazione di codici etici e di condotta. Per giungere a questo obiettivo si possono percorrere varie strade, fra le quali la pubblicità delle norme fondate sui comportamenti responsabili,l'introduzione di sistemi di controlli, sia endogeni che esogeni adeguati e la previsione di un apparato sanzionatorio. La prima soluzione consiste nel misurare il grado di trasparenza e di conoscibilità del codice etico o di condotta presso lavoratori, fornitori, partners commerciali e altre parti interessate. Per ciò che attiene ai sistemi di controllo, invece, può essere previsto o un sistema endogeno, che provenga dall'impresa stessa e che ponga in essere una auto certificazione di qualità sociale oppure un meccanismo esogeno, affidato alle ONG, il quale può anche essere utile per incoraggiare i lavoratori a denunciare le infrazioni all'interno del luogo di lavoro. Ultimo, ma non meno importante, anzi forse il più incisivo, è l'introduzione di un regime sanzionatorio. Al contrario di ciò che si possa pensare, la sanzione non è un elemento esclusivamente giuridico, in quanto da quella prettamente giuridica deve esser tenuta distinta la sanzione sociale. Quest'ultima designa forme di reazione di cui dispone la società per assicurare un controllo diffuso sui suoi membri, e proprio perché essa è capace di far scaturire una sorta di "effetto vergogna" nei confronti di quelle imprese che non rispettino gli standards sociali e che, ad esempio, sfruttino il lavoro, è considerata ancor più incisiva della mera sanzione giuridica. Non è escluso che i due tipi di sanzioni possano incrociarsi; ciò si verifica quando, ad esempio, la sanzione sociale (es: boicottaggio di prodotti di un'impresa non eticamente e socialmente corretta) derivi dall'irrogazione di una sanzione giuridica o viceversa.

Concordo sull'idea della "sanzione sociale" in relazione alla sua forza e al suo impatto ma secondo me questo tipo di sanzione costituisce un fine e non, purtroppo, un punto di partenza. La sanzione sociale infatti non può nascere "dal nulla" ma spesso è una conseguenza a lungo termine di comportamenti minori reiterati nel tempo o conseguenza a breve termine di forti sanzioni giuridiche.

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Messaggio  724804 Gio Mag 12, 2016 11:33 am

Personalmente, credo invece che la sanzione sociale possa in qualche modo considerarsi anche come punto di partenza; poniamo il fatto che un'impresa X abbia posto in essere dei comportamenti socialmente irresponsabili e che ciò abbia causato l'irrogazione di una sanzione giuridica a suo carico e conseguentemente una sanzione sociale. E' possibile auspicare che un domani, un'altra impresa Y, conscia del fatto delle conseguenze a cui è andata incontro l'impresa X, sia più prudente nello svolgere la sua attività di impresa in termini di responsabilità sociale. Forse si potrebbe considerare la sanzione sociale in una posizione intermedia fra il fine dell'attività produttiva e il punto di partenza per tenere fede alle iniziative eticamente e socialmente responsabili a cui ci si è volontariamente sottoposti.

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Messaggio  0000732971 Sab Mag 14, 2016 2:40 pm

Credo che l'inesrimento di queste clausole nei contratti di lavoro siano essenziali per il buon funzionamento dell'azienda; poicè darebbero man forte al codice etico della stessa. Queste iniziative mirano ad indurre le multinazionali ad assumere, in modo volontario, comportamenti virtuosi, basati sul rispetto di determinati principi e si sono sviluppate per fare in modo che anche in assenza di controlli efficaci, le norme sui diritti fondamentali dell’uomo vengano comunque spontaneamente rispettate.

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Messaggio  724608 Dom Mag 15, 2016 2:02 pm

sono a favere dell'inclusione di tali clausole contrattuali, non credo snaturino il concetto volontaristico della RSI, non vengono imposte coattivamente alla controparte, il contratto attesta la dichiarazine della volontà delle parti di vincolarsi quindi, nel caso in cui un'impresa non sia intenzionata a osservare determinati comportamenti responsabili, semplicemente non sarà portata a concludere il contratto e viceversa, un'impresa che adotta politiche di RSI nello svolgimento della sua attività sarà portata a concludere il contratto, sempre dichiarando una porpria volontà e non per imposizione.
Integrando tali clausole verranno avvantaggiate imprese che sostengono comportamenti responsabili e questo credo che possa portare ad una diffusione positiva per la RSI, diffusione fondata sulla maggiore pubblicità positiva che interesserà le imprese a favore delle RSI a discapito di quelle a cui non interessa tale responsabilità e che quindi danneggano la società e l'ambiente.

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