Il punto di vista dei sindacati sulla responsabilità sociale d'impresa
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Il punto di vista dei sindacati sulla responsabilità sociale d'impresa
Il tema della responsabilità sociale d'impresa è in questo periodo al centro di molti dibattiti sia in Italia che all'estero, in molti si chiedono quale sia il ruolo del sindacato...
Vediamo quindi le posizioni assunte dalle principali organizzazioni sindacali in Italia.
L'Unione Italiana Del Lavoro (UIL) è stata una delle prime organizzazioni sindacali a trattare in tema il tema in un convegno nel 2002,la RSI è considerata come il primo punto di congiunzione tra l'etica e l'economia , ma per diventare un effettivo valore aggiunto nell'economia aziendale bisogna che la stessa non sia ridotta a una mera operazione di marketing.
A parere dell'UIL il bilancio sociale è uno strumento che può portare nella direzione giusta , purché venga attuato un vero programma di democrazia e partecipazione.
Le altre proposte operative dell'UIL collegate an un nuovo progetto condiviso di RSI sono:
1) la definizione condivisa con tutte le parti sociali di un "benchmark sociale"
2)la costituzione di un "focus Group"
3)l'inquadramento attraverso il coinvolgimento a livello territoriale del sindacato delle nuove responsabilità derivanti dalle modifiche istituzionali e costituzionali ,in tema di sicurezza di lavoro l'UIL parla di emersione del sommmerso , ovvero l'integrazione e formazione dei soggetti socialmente deboli.
Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) afferma che "la centralità della contrattazione è uno strumento imprescindibile per l'introduzione in azienda di pratiche di pratiche e strumenti di responsabilità sociale " e proprio per questo si dichiara favorevole a "normative specifiche sulla materia che introducano principi di valutazione e criteri di controllo, nella salvaguardia delle normative già definite in sede internazionali"
La CISL nell'ottica della RSI si è pertanto prefissata quattro obbiettivi:
1)realizzare un quadro di riferimento delle competenze interne alla Confederazione costruendo un gruppo CISL che comprenda settori confederali interessati alla RSI
2) creare un piattaforma sulla RSI ove definire metodi e contenuti della strategia del sindacato
3) legare il tema della RSI ad una forte iniziativa formativa dei quadri dirigenti della CISL
Confederazione Generale Italiana del Lavoro ( CGIL) condivide l'idea che la RSI si realizza attraverso una governance allargata ,il sindacato propone da una parte l'inserimento di codici di condotta all'interno dei contratti collettivi ,dall'altra la certificazione quale indice di impresa socialmente responsabile . la CGIL infine suggerisce una vera e propria "lista nera" per le imprese condannate alla corruzione ,a reati di tipo sociale ( es.lavoro minorile )
Questo è ciò che le maggiori organizzazioni sindacali italiane nei primi anni del 2000 si impegnavano a fare ... Quale delle iniziative secondo voi sono le più appropriate nel sistema italiano e quante di queste sono state realisticamente messe in atto ?
Vediamo quindi le posizioni assunte dalle principali organizzazioni sindacali in Italia.
L'Unione Italiana Del Lavoro (UIL) è stata una delle prime organizzazioni sindacali a trattare in tema il tema in un convegno nel 2002,la RSI è considerata come il primo punto di congiunzione tra l'etica e l'economia , ma per diventare un effettivo valore aggiunto nell'economia aziendale bisogna che la stessa non sia ridotta a una mera operazione di marketing.
A parere dell'UIL il bilancio sociale è uno strumento che può portare nella direzione giusta , purché venga attuato un vero programma di democrazia e partecipazione.
Le altre proposte operative dell'UIL collegate an un nuovo progetto condiviso di RSI sono:
1) la definizione condivisa con tutte le parti sociali di un "benchmark sociale"
2)la costituzione di un "focus Group"
3)l'inquadramento attraverso il coinvolgimento a livello territoriale del sindacato delle nuove responsabilità derivanti dalle modifiche istituzionali e costituzionali ,in tema di sicurezza di lavoro l'UIL parla di emersione del sommmerso , ovvero l'integrazione e formazione dei soggetti socialmente deboli.
Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL) afferma che "la centralità della contrattazione è uno strumento imprescindibile per l'introduzione in azienda di pratiche di pratiche e strumenti di responsabilità sociale " e proprio per questo si dichiara favorevole a "normative specifiche sulla materia che introducano principi di valutazione e criteri di controllo, nella salvaguardia delle normative già definite in sede internazionali"
La CISL nell'ottica della RSI si è pertanto prefissata quattro obbiettivi:
1)realizzare un quadro di riferimento delle competenze interne alla Confederazione costruendo un gruppo CISL che comprenda settori confederali interessati alla RSI
2) creare un piattaforma sulla RSI ove definire metodi e contenuti della strategia del sindacato
3) legare il tema della RSI ad una forte iniziativa formativa dei quadri dirigenti della CISL
Confederazione Generale Italiana del Lavoro ( CGIL) condivide l'idea che la RSI si realizza attraverso una governance allargata ,il sindacato propone da una parte l'inserimento di codici di condotta all'interno dei contratti collettivi ,dall'altra la certificazione quale indice di impresa socialmente responsabile . la CGIL infine suggerisce una vera e propria "lista nera" per le imprese condannate alla corruzione ,a reati di tipo sociale ( es.lavoro minorile )
Questo è ciò che le maggiori organizzazioni sindacali italiane nei primi anni del 2000 si impegnavano a fare ... Quale delle iniziative secondo voi sono le più appropriate nel sistema italiano e quante di queste sono state realisticamente messe in atto ?
0000690678- Messaggi : 19
Data d'iscrizione : 06.04.16
Sindacati ed RSI
Quando si tratta di responsabilità sociale d'impresa, non si può prescindere dal punto di vista dei sindacati in materia.
Bisogna considerare che i sindacati tendono, in linea generale, ad attirare l'intera materia all'interno della contrattazione. Infatti, scrive Marella Magnani: "nella prassi si registra la spinta del sindacato per contrattare le norme dei codici di condotta". Un esempio lampante è quello fornito dal noto protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile del sistema bancario, 16 giugno 2004, sottoscritto da ABI (Associazione Bancaria Italiana) e dai sindacati dei bancari.
Vorrei riportare qui uno stralcio del Protocollo in questione, in modo da farne comprendere le tematiche:
"Al medesimo scopo le Parti stipulanti costituiranno un Osservatorio nazionale paritetico che avrà il compito di:
analizzare le buone pratiche e stimolarne e favorirne la diffusione nel sistema bancario italiano, anche con riguardo agli strumenti volontari come, ad esempio, il bilancio sociale o ambientale e i codici etici;
nonché di sviluppare l’analisi e la ricerca di convergenze su tematiche che possono contribuire positivamente a promuovere il “valore” dell’impresa e ad ottimizzare il clima aziendale, quali:
relazioni sindacali ai vari livelli;
assetti del sistema creditizio meridionale e rapporti banche-imprese;
salute e sicurezza sul lavoro;
formazione continua, alla luce della dichiarazione congiunta UNI-Europa Finanza e FBE del 28 dicembre 2002 in materia di life long learning;
sviluppo delle competenze e crescita professionale;
pari opportunità professionali;
comunicazione interna alle aziende;
work life balance;
salvaguardia dell’ambiente per gli impatti diretti (consumi di energia, carta, emissioni inquinanti, riciclo, etc.);
iniziative a favore di disabili;
iniziative a favore del volontariato ed iniziative di solidarietà in genere;
azioni positive contro molestie sessuali e comportamenti vessatori, fisici o psicologici;
gestione del patrimonio intellettuale delle aziende."
Bisogna considerare che i sindacati tendono, in linea generale, ad attirare l'intera materia all'interno della contrattazione. Infatti, scrive Marella Magnani: "nella prassi si registra la spinta del sindacato per contrattare le norme dei codici di condotta". Un esempio lampante è quello fornito dal noto protocollo sullo sviluppo sostenibile e compatibile del sistema bancario, 16 giugno 2004, sottoscritto da ABI (Associazione Bancaria Italiana) e dai sindacati dei bancari.
Vorrei riportare qui uno stralcio del Protocollo in questione, in modo da farne comprendere le tematiche:
"Al medesimo scopo le Parti stipulanti costituiranno un Osservatorio nazionale paritetico che avrà il compito di:
analizzare le buone pratiche e stimolarne e favorirne la diffusione nel sistema bancario italiano, anche con riguardo agli strumenti volontari come, ad esempio, il bilancio sociale o ambientale e i codici etici;
nonché di sviluppare l’analisi e la ricerca di convergenze su tematiche che possono contribuire positivamente a promuovere il “valore” dell’impresa e ad ottimizzare il clima aziendale, quali:
relazioni sindacali ai vari livelli;
assetti del sistema creditizio meridionale e rapporti banche-imprese;
salute e sicurezza sul lavoro;
formazione continua, alla luce della dichiarazione congiunta UNI-Europa Finanza e FBE del 28 dicembre 2002 in materia di life long learning;
sviluppo delle competenze e crescita professionale;
pari opportunità professionali;
comunicazione interna alle aziende;
work life balance;
salvaguardia dell’ambiente per gli impatti diretti (consumi di energia, carta, emissioni inquinanti, riciclo, etc.);
iniziative a favore di disabili;
iniziative a favore del volontariato ed iniziative di solidarietà in genere;
azioni positive contro molestie sessuali e comportamenti vessatori, fisici o psicologici;
gestione del patrimonio intellettuale delle aziende."
0000727032- Messaggi : 15
Data d'iscrizione : 26.04.16
Età : 29
Confronto delle posizioni dei gruppi sindacali
Parto dal fatto che, essendo quelle riportate dall'autore notizie dei primi anni del 2000, ho cercato informazioni riguardo alle odierne posizioni dei gruppi sindacali sul ruolo dei sindacati nelle RSI. Mio malgrado, i dati sull'argomento sono parcellizzati e sono stato in grado di trovarne solo alcuni. Detto questo, continuo analizzando le posizioni riportate dal/la collega.
Anzitutto, il punto in comune che ricorre in tutte e tre le "soluzioni" proposte: in sostanza, dare una definizione generale e dei criteri sui quali basare un'analisi della RSI. Fondamentale in quanto, senza tali punti di riferimento, non si potrebbe attuare un controllo preciso. Tali sono stati individuati nel Piano D'azione nazionale sulla RSI ( link del pdf: https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/Piano_RSI_2012_2014_IT.pdf&q=criteri%20responsabilit%C3%A0%20sociale%20d%27impresa&ved=0ahUKEwjamMqE1b7MAhVG1RQKHXxlB7YQFggnMAM&usg=AFQjCNGVWUbPfrhgeUt9yyFYQoFOlrFgug&sig2=lecX0NcLg7J7-sAT3ypsSg ).
Ciò su cui, ad oggi, ci si dovrebbe maggiormente concentrare è il sistema di controllo da utilizzare. Due sono le proposte dei sindacati: utilizzare un gruppo ad hoc (UIL) o delle sezioni del sindacato (CISL) per controllare operato delle imprese, oppure sensibilizzare lavoratori attraverso norme inserite nel contratto collettivo e basare RSI su certificazioni (CGIL).
Per quanto riguarda la prima: un insieme di persone esterne all'impresa, che controllano il suo operato fa pensare ad un alto livello di garanzia. È anche vero che devono essere persone qualificate e con ben chiari i principi e criteri sui quali basare le proprie analisi.
L'idea di basare, invece, tutto sulla mera ricezione di dati fattuali, inviati però dalle imprese stesse, e sulla sensibilizzazione dei lavoratori, che potrebbero semplicemente essere influenzati dal datore a non rispettare i vari criteri, non sembra, almeno a mio parere, un sinonimo di sicurezza.
Secondo voi ci sono ulteriori possibili alternative? Se sì, quali? Oppure una delle proposte sopra citate vi sembra più che convincente?
Anzitutto, il punto in comune che ricorre in tutte e tre le "soluzioni" proposte: in sostanza, dare una definizione generale e dei criteri sui quali basare un'analisi della RSI. Fondamentale in quanto, senza tali punti di riferimento, non si potrebbe attuare un controllo preciso. Tali sono stati individuati nel Piano D'azione nazionale sulla RSI ( link del pdf: https://www.google.it/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.sviluppoeconomico.gov.it/images/stories/documenti/Piano_RSI_2012_2014_IT.pdf&q=criteri%20responsabilit%C3%A0%20sociale%20d%27impresa&ved=0ahUKEwjamMqE1b7MAhVG1RQKHXxlB7YQFggnMAM&usg=AFQjCNGVWUbPfrhgeUt9yyFYQoFOlrFgug&sig2=lecX0NcLg7J7-sAT3ypsSg ).
Ciò su cui, ad oggi, ci si dovrebbe maggiormente concentrare è il sistema di controllo da utilizzare. Due sono le proposte dei sindacati: utilizzare un gruppo ad hoc (UIL) o delle sezioni del sindacato (CISL) per controllare operato delle imprese, oppure sensibilizzare lavoratori attraverso norme inserite nel contratto collettivo e basare RSI su certificazioni (CGIL).
Per quanto riguarda la prima: un insieme di persone esterne all'impresa, che controllano il suo operato fa pensare ad un alto livello di garanzia. È anche vero che devono essere persone qualificate e con ben chiari i principi e criteri sui quali basare le proprie analisi.
L'idea di basare, invece, tutto sulla mera ricezione di dati fattuali, inviati però dalle imprese stesse, e sulla sensibilizzazione dei lavoratori, che potrebbero semplicemente essere influenzati dal datore a non rispettare i vari criteri, non sembra, almeno a mio parere, un sinonimo di sicurezza.
Secondo voi ci sono ulteriori possibili alternative? Se sì, quali? Oppure una delle proposte sopra citate vi sembra più che convincente?
0000723281- Messaggi : 11
Data d'iscrizione : 31.03.16
Il sindacato crede nella Rsi?
Se le imprese attueranno sempre di più comportamenti socialmente responsabili (in un futuro ancora probabilmente molto lontano), certamente anche il sindacato dovrà ripensare il proprio ruolo.
Il problema,tuttavia,va affrontato prima da un altra prospettiva. Nel corso degli ultimi tre decenni, le economie dell’occidente si sono allontanate da essere economie di mercato per diventare società di mercato. La differenza è questa: l'economia di mercato è uno strumento per l'organizzazione della vita economica e di conseguenza delle attività produttiva; una società di mercato è un luogo dove tutto è misurato su parametri di valore economico ed è in vendita. Come chiarisce bene Savino Pezzotta, storico segretario della Cisl, "il sindacato deve chiedersi se questo è il tipo di società che vuole e se nella mercantizzazione del sociale può avere ancora uno spazio importante oppure se la sua funzione è destinata agli elementi residuali". Questo credo sia un punto fondamentale: il sindacato può ma soprattutto deve avere un ruolo fondamentale nel traghettare le imprese verso una società diversa, dove la responsabilità sociale possa esprimersi in tutta la sua interezza.
"Sono convinto che oggi l’autonomia del sindacato non si giochi solo nella sua distanza dai partiti politici, ma se è in grado di porre una serie di interrogativi , di limiti morali verso i ragionamenti di mercato. I limiti morali ai mercati si basano su due pilastri: l'uguaglianza e la lotta alla corruzione. In una società in cui tutto è in vendita, la vita è difficile per coloro che vivono di solo salario e pertanto le politiche economiche e il funzionamento dell'economia non possono essere solamente ridotte a questioni come l'inflazione e la disoccupazione, la produttività e la crescita economica, il risparmio e gli investimenti, tassi di interesse e del commercio estero, la gestione del mercato del lavoro dove la domanda condiziona e selezione l’offerta e la trasforma in pura forza-lavoro da sottoporre alla ferrea legge della domanda e dell’offerta. L’economia e le scelte di politica economica devono sempre più porsi a favore della crescita umana , di ogni persona".
Il sindacato, a mio modesto avviso, deve cercare di avvicinare le imprese a un economia differente, dove il singolo individuo, va valorizzato e non considerato solo come forza-lavoro "usa e getta"; lo stesso sindacato deve abbracciare il concetto di RSI e promuoverne lo sviluppo tra le imprese, ma deve al contempo anche rendere consapevoli i propri associati.
I lavoratori devo combattere non solo per i propri diritti, che molto spesso sono ancora calpestati, ma devono credere che un modello di società ed economia differente, sia possibile e realizzabile. Chi meglio del sindacato può rendere consapevoli i lavoratori? Per fare ciò, tuttavia, come dicevo sopra, deve essere la stessa associazioni sindacale a credere in quello che ora appare un sogno ma un giorno potrebbe, con la consapevolezza di tutti, diventare un nuovo modello sociale ed economico.
Secondo voi, nel mondo globalizzato, potrà il sindacato italiano svolgere questo arduo ruolo? Io personalmente non ne sono profondamente convinto, ma credo che questa potrebbe essere una possibile strada.
Il problema,tuttavia,va affrontato prima da un altra prospettiva. Nel corso degli ultimi tre decenni, le economie dell’occidente si sono allontanate da essere economie di mercato per diventare società di mercato. La differenza è questa: l'economia di mercato è uno strumento per l'organizzazione della vita economica e di conseguenza delle attività produttiva; una società di mercato è un luogo dove tutto è misurato su parametri di valore economico ed è in vendita. Come chiarisce bene Savino Pezzotta, storico segretario della Cisl, "il sindacato deve chiedersi se questo è il tipo di società che vuole e se nella mercantizzazione del sociale può avere ancora uno spazio importante oppure se la sua funzione è destinata agli elementi residuali". Questo credo sia un punto fondamentale: il sindacato può ma soprattutto deve avere un ruolo fondamentale nel traghettare le imprese verso una società diversa, dove la responsabilità sociale possa esprimersi in tutta la sua interezza.
"Sono convinto che oggi l’autonomia del sindacato non si giochi solo nella sua distanza dai partiti politici, ma se è in grado di porre una serie di interrogativi , di limiti morali verso i ragionamenti di mercato. I limiti morali ai mercati si basano su due pilastri: l'uguaglianza e la lotta alla corruzione. In una società in cui tutto è in vendita, la vita è difficile per coloro che vivono di solo salario e pertanto le politiche economiche e il funzionamento dell'economia non possono essere solamente ridotte a questioni come l'inflazione e la disoccupazione, la produttività e la crescita economica, il risparmio e gli investimenti, tassi di interesse e del commercio estero, la gestione del mercato del lavoro dove la domanda condiziona e selezione l’offerta e la trasforma in pura forza-lavoro da sottoporre alla ferrea legge della domanda e dell’offerta. L’economia e le scelte di politica economica devono sempre più porsi a favore della crescita umana , di ogni persona".
Il sindacato, a mio modesto avviso, deve cercare di avvicinare le imprese a un economia differente, dove il singolo individuo, va valorizzato e non considerato solo come forza-lavoro "usa e getta"; lo stesso sindacato deve abbracciare il concetto di RSI e promuoverne lo sviluppo tra le imprese, ma deve al contempo anche rendere consapevoli i propri associati.
I lavoratori devo combattere non solo per i propri diritti, che molto spesso sono ancora calpestati, ma devono credere che un modello di società ed economia differente, sia possibile e realizzabile. Chi meglio del sindacato può rendere consapevoli i lavoratori? Per fare ciò, tuttavia, come dicevo sopra, deve essere la stessa associazioni sindacale a credere in quello che ora appare un sogno ma un giorno potrebbe, con la consapevolezza di tutti, diventare un nuovo modello sociale ed economico.
Secondo voi, nel mondo globalizzato, potrà il sindacato italiano svolgere questo arduo ruolo? Io personalmente non ne sono profondamente convinto, ma credo che questa potrebbe essere una possibile strada.
0000723896- Messaggi : 17
Data d'iscrizione : 01.04.16
Re: Il punto di vista dei sindacati sulla responsabilità sociale d'impresa
Caro collega ,la strada da lei illustrata credo sia idealmente possibile, ma difficilmente realizzabile quantomeno in Italia. Ritengo che il nodo cruciale della questione riguardi la possibile sostituzione del pratiche e regole della RSI alla contrattazione collettiva e quindi il venir meno dell'intermediazione da parte dei rappresentati dei lavoratori (sindacati).Ciò potrà essere possibile ogni qual volta la RSI si evolva in una normazione sistematica e comprensiva di tutti gli ambiti di tutela del lavoratore. Il compito del sindacato ,a mio modesto parere, è e sarà in futuro quello di evitare ,in maniera oppositiva, che la normazione delle imprese socialmente responsabili deroghi in peius i diritti e le tutele dei lavoratori. Allo stesso tempo però, dovrà attivarsi per quanto riguarda la formulazione di nuti ve norme , che rispondono alle esigenze del mercato del lavoro,sempre più flessibile e intermittente. È difficile realizzare questo compromesso , ma i sindacati potrebbero trarre spunto da esempi di efficienza nel panorama europeo e mondiale.
0000726160- Messaggi : 30
Data d'iscrizione : 09.05.16
RSI: possibilità di rilancio dei sindacati
L'epoca attuale è permeata da un senso di sfiducia generale, nei confronti delle istituzioni, del Governo, del mercato del lavoro, dell'industria e all'appello non possono mancare anche i sindacati, vittime e protagonisti di una crisi di rappresentatività che ne sta intaccando il ruolo di fiducia da sempre svolto a supporto dei lavoratori. A mio avviso, sostenere le politiche di RSI potrebbe costituire un ottimo inizio per riacquistare quel peso e quella rilevanza che in questi tempi è sempre più a rischio, in quanto i sindacati potrebbero nuovamente erigersi a protettori degli interessi dei lavoratori, indirizzando la loro tutela in un contesto economico e in un mercato del lavoro sempre più in evoluzione. Porre attenzione ai temi della Responsabilità Sociale dell'Impresa sarebbe visto come una nuova presa di coscienza del ruolo da essi svolto, e, al contempo, i sindacati potrebbero trainare e supportare tale fenomeno che mi sembra necessitare di basi e appigli solidi per poter dispiegare gli effetti che per ora solo ipoteticamente e potenzialmente si possono intravedere.
725283- Messaggi : 15
Data d'iscrizione : 07.04.16
Soggettività della società
Un concetto molto significativo , in quanto collegato direttamente al tema di RSI, è quello di “soggettività della società”. Diventa pertanto preminente creare le condizioni affinchè tale soggettività possa pienamente esplicarsi nel vivere civile, nella produzione, nel consumo, sul mercato stesso dotandolo di quelle coordinate morali e culturali di cui la mera razionalità economica si rivela largamente incapace. Tutto ciò interpella un numero crescente di studiosi delle discipline economiche e li invita a ravvivare e sviluppare la funzione sociale della loro ricerca, a garantire un circuito tra essenza morale e progressi intellettuali, a far sì che la teoria economica riacquisti la sua sostanza umana e comunitaria. Del pari aumenterebbero gli imprenditori e i manager per i quali l’economia è, prima di tutto, un servizio reso alla comunità. Analogamente le organizzazioni sindacali, in luogo di logiche meramente rivendicative e acquisitive, tenderebbero a sviluppare pratiche di partecipazione e di attiva responsabilizzazione in ordine alla quantità e qualità del lavoro. Si allargherebbero gli ambiti di cooperazione e di solidarietà sociale. L’impresa , attraverso la produzione di beni e di servizi ,assicura il progresso tecnico ed economico. Tutto ciò richiede però finalizzazione. Progresso,come? Progresso, per chi? Progresso, perchè? La risposta a siffatti interrogativi passa attraverso lo sviluppo delle responsabilità partecipative di tutti coloro che operano nell’impresa cooperando al suo successo, successo che non può essere separato da una prospettiva di interesse collettivo e di solidarietà che trascende l’impresa stessa e si apre a tutta la comunità.
0000725640- Messaggi : 10
Data d'iscrizione : 07.04.16
È la CGIL?
Anche la Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL) ha espresso il suo punto di vista sul fenomeno della RSI.
Condividendo l’idea che la RSI si realizza attraverso una governance allargata, il sindacato propone da una parte l’inserimento di codici di condotta all’interno dei contratti collettivi, dall’altra la certificazione quale indice di “impresa socialmente responsabile” distinguendo tre livelli di soglia: propedeutica, minima e di eccellenza.
Per quel che riguarda i codici di condotta, secondo la CGIL, non devono essere strumenti che sostituiscono le legislazioni nazionali e la contrattazione collettiva, ma devono essere strumenti continuamente monitorati, soggetti a verifica sia della loro corretta applicazione che dei loro risultati. Tale processo di controllo si deve realizzare attraverso la contrattazione collettiva.
A tal riguardo il sindacato afferma che “lo strumento per noi è interessante nella misura in cui non si presenta come assunzione unilaterale ma si declina dentro accordi quadro, dentro contratti nazionali di lavoro che ne prevedano verifiche, attuazione, certezze”.
In merito alla certificazione, invece, la CGIL è concorde nell’affermare che l’approccio deve essere di tipo volontario - questo fa intendere che la scelta ricada su sistemi di gestione che premino un intero percorso di sviluppo, includendo l'intero procedimento di produzione. Deve essere, dunque, una valutazione che riguarda non solo il risultato, ma anche e sopratutto il metodo.
La certificazione è, però, uno strumento che deve essere attuato in maniera obiettiva, trasparente e credibile, pertanto il soggetto che certifica deve essere inevitabilmente un soggetto terzo.
Per il sindacato occorre non intendere la RSI al pari di una forma surrettizia di finanziamento del welfare locale e/o nazionale, né come politica d’immagine, la RSI non deve essere perseguita in termini di “autoreferenzialità” così come suggerito nel modello CSR-SC perché ciò significa “autocertificazione”, dunque scavalcando la funzione di terzietà propria di un organo di controllo.
La CGIL indende cogliere la sfida della RSI, dicendo con chiarezza che tali interventi devono essere aggiuntivi all’applicazione della leggi, convenzioni, contratti, ma mai sostitutivi di corrette relazioni sindacali ai tavoli nazionali o aziendali.
Condividendo l’idea che la RSI si realizza attraverso una governance allargata, il sindacato propone da una parte l’inserimento di codici di condotta all’interno dei contratti collettivi, dall’altra la certificazione quale indice di “impresa socialmente responsabile” distinguendo tre livelli di soglia: propedeutica, minima e di eccellenza.
Per quel che riguarda i codici di condotta, secondo la CGIL, non devono essere strumenti che sostituiscono le legislazioni nazionali e la contrattazione collettiva, ma devono essere strumenti continuamente monitorati, soggetti a verifica sia della loro corretta applicazione che dei loro risultati. Tale processo di controllo si deve realizzare attraverso la contrattazione collettiva.
A tal riguardo il sindacato afferma che “lo strumento per noi è interessante nella misura in cui non si presenta come assunzione unilaterale ma si declina dentro accordi quadro, dentro contratti nazionali di lavoro che ne prevedano verifiche, attuazione, certezze”.
In merito alla certificazione, invece, la CGIL è concorde nell’affermare che l’approccio deve essere di tipo volontario - questo fa intendere che la scelta ricada su sistemi di gestione che premino un intero percorso di sviluppo, includendo l'intero procedimento di produzione. Deve essere, dunque, una valutazione che riguarda non solo il risultato, ma anche e sopratutto il metodo.
La certificazione è, però, uno strumento che deve essere attuato in maniera obiettiva, trasparente e credibile, pertanto il soggetto che certifica deve essere inevitabilmente un soggetto terzo.
Per il sindacato occorre non intendere la RSI al pari di una forma surrettizia di finanziamento del welfare locale e/o nazionale, né come politica d’immagine, la RSI non deve essere perseguita in termini di “autoreferenzialità” così come suggerito nel modello CSR-SC perché ciò significa “autocertificazione”, dunque scavalcando la funzione di terzietà propria di un organo di controllo.
La CGIL indende cogliere la sfida della RSI, dicendo con chiarezza che tali interventi devono essere aggiuntivi all’applicazione della leggi, convenzioni, contratti, ma mai sostitutivi di corrette relazioni sindacali ai tavoli nazionali o aziendali.
0000726593- Messaggi : 4
Data d'iscrizione : 02.04.16
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