RSI a livello internazionale

In un intervista riportata sul sito secondowelfare.it effettuata al segretario confederale della Cisl Maurizio Petriccioli nel 2015 si evidenziano alcune problematiche in ambito di RSI rispetto al mercato globale.

Viene domandato al segretario confederale qual è il ruolo del sindacato in relazione alla RSI e se vi è un legame tra RSI e contrattazione. Petriccioli risponde che i sindacati devono operare perché la RSI si sviluppi in tutti i settori e che debba essere inclusa nei contratti collettivi. Ma continua affermando che, la pretesa di ingabbiare, regolare o codificare i comportamenti “sociali” dell’impresa, all’interno dei processi contrattuali nazionali è limitata (perché l’impatto sociale dell’impresa ha dimensioni internazionali) e perdente (perché l’evoluzione tecnologica e dei processi commerciali consente all’impresa di spostarsi da un Paese all’altro ricercando le migliori convenienze di natura fiscale e di diritto del lavoro).
Quindi, l’assenza di un diritto del lavoro internazionale non rende possibile conseguire risultati positivi se non in ambiti molti ristretti. La competizione globale di oggi derivante dalla globalizzazione dei mercati porta l’impresa locale che accetta di essere socialmente responsabile a soccombere rispetto alla concorrenza di “imprese socialmente irresponsabili”.

Secondo il segretario confederale della Cisl è necessario che venga a costituirsi un diritto del lavoro socialmente responsabile a livello internazionale così da garantire il rispetto delle regole sociali a favore di un miglioramento delle condizioni sociali, economiche e ambientali in tutto il mondo e per evitare che vi siano imprese che sfruttino le politiche di RSI delle concorrenti a loro vantaggio, potendo porre sul mercato prezzi molto più bassi dati i costi meno elevati svolgendo l’attività in termini socialmente irresponsabili senza registrare risultati negativi nello svolgimento dell’attività. (http://secondowelfare.it/parti-sociali/sindacati/rsi-sindacato-contrattazione-intervista-a-maurizio-petriccioli.html).

Oggi i movimenti sindacali cercano di estendere il dialogo sociale a tutti i livelli tramite ad esempio ad accordi-quadro con le multinazionali e le varie Global Union Federations (GUFs), per alcuni corrispondono a codici di condotta negoziati, per altri veri e propri accordi collettivi transazionali, ma per tutti sono importanti strumenti per il riconoscimento formale della partnership sociale a livello globale che potrebbe condurre allo sviluppo di meccanismi generativi di effetti giuridici vincolanti, considerando la norma consuetudinaria quale fonte primaria nell’ambito dell’ordinamento giuridico internazionale.

A mio parere una contrattazione sindacale internazionale che porti ad obblighi inerenti all'ambito della RSI può risultare uno strumento molto utile e in grado di espandere politiche di RSI in tutto il globo; ma, è un risultato raggiungibile o si tratta di un’idea impossibile da realizzare?

Caro collega, non ritengo la tua proposta impossibile, ma davvero molto difficile da realizzare, stando a quanto ho potuto apprendere dai recenti studi.
Se restringessimo il campo d'analisi all'Unione Europea, ci accorgeremmo di come nonostante i grandi risultati ottenuti grazie alle numerose direttive e all'influenza del diritto sociale europeo sui rispettivi diritti del lavoro dei 28 Paesi membri, non è stato possibile raggiungere una comune disciplina lavoristica e l'istituzione di vere associazioni sindacali europee, date le numerose differenze economiche, politiche e sociali all'interno della confederazione.
Considerando ciò, risulta chiaro come sia difficile poter realizzare in un contesto quasi assolutamente non istituzionalizzato, come quello del diritto internazionale, risultati più elevati di quelli ottenuti in ambito UE come una contrattazione collettiva internazionale direttamente efficace nei vari stati, ma ciò non deve distogliere l'impegno di tutte le autorità a ricorrere a convenzioni e strumenti simili in grado di limare le differenze tra le diverse modalità adottate dagli Stati per gestire internamente l'ambito lavorativo e sindacale, così da migliorare la collaborazione delle imprese e la tutela dei lavoratori per sfruttare a pieno le opportunità della globalizzazione.

Una forma di responsabilità sociale imposta per legge oltre che difficile da realizzare farebbe nascere un grosso problema ,gli interventi vincolanti comportano costi aggiuntivi che nel momento in cui incidono solo su alcune imprese o imprese solo di una certa area ,determinano un vantaggio competitivo da parte di altre imprese che non sono assoggettate a tali vincoli . Per poter quindi realizzare la tua idea di RSI "obbligatoria " bisognerebbe generalizzare l'intervento vincolante alle imprese di un'aria assai vasta ,a tuo parere una contrattazione sindacale internazionale sarebbe in grado di espandere tale vincolo , ma ti sei posto il problema che in una economia globalizzata un'area di imprese soggette a certi vincoli rischia di non essere vasta abbastanza ,come dimostra infatti il caso della concorrenza delle imprese cinesi .

Cercare di definire un modello di RSI internazionale è un processo di difficile realizzazione nel breve periodo. Tuttavia grazie alla globalizzazione e alla continua ricerca da parte degli Stati di politiche di armonizzazione il processo potrebbe essere accelerato e comunque potrebbe portare (nel lungo periodo) a dei risultati rilevanti. Purtroppo la diversificazione culturale del globo si pone come un freno al raggiungimento di una possibile RSI internazionale, a partire dal fatto stesso che concetti come "etico", "ecologico", eccetera presentano sfumature di significato diverso a seconda del luogo in cui ci troviamo. prima ancora di poter parlare quindi della responsabilità sociale internazionalizzata si dovrebbe considerare l'ambiente in cui si vogliono diffondere tali politiche e verificare se effettivamente possono essere applicate o no. Altrimenti si finirebbe nel definire degli standard talvolta troppo stringenti talvolta troppo flessibili; ottenendo in un caso fenomeni di criminalità, nell'altro fenomeni di "menefreghismo" da parte delle imprese, tornando punto e a capo.

penso che ciò che si può realisticamente fare nell'immediato è forse prendere esempio dalla legislazione francese ed imporre quindi non comportamenti concreti ma solo una maggiore trasparenza nella gestione delle imprese.

Concordo con chi afferma che questa idea di espandere la RSI a livello globale è, per quanto auspicabile, è un progetto molto arduo da realizzare, per lo meno nel breve-medio periodo. A sostegno di ciò, vorrei partire dalla definizione comunitaria di RSI che individua essa come "integrazione volontaria, da parte delle imprese , di preoccupazioni sociali e ambientali nella loro attività e nei rapporti commerciali con le parti interessati": tale definizione, come ben è noto, presuppone l'idea di andare oltre la legge e pertanto non si può parlare di RSI se non si ha un rispetto massimo delle normative legali vigenti e una loro conoscenza e quindi per avere una RSI internazionale e, presumibilmente, graduata allo stesso modo per tutti, è necessario avere anche una "globalizzazione delle regole del diritto del lavoro". Ma come ben sappiamo tale progetto è molto difficilmente realizzabile al momento: basti pensare che in un'area di "tentata convergenza normativa" come la UE, dove bene o male molti paesi hanno le stesse condizioni sociali al loro interno, ancora permangono significative differenze in materia (anche se forse in via di attenuazione a causa dei provvedimenti messi in capo dai governi recenti o attuali come il Jobs Act e la Loi El-Khomri, detta, giornalisticamente il "Jobs Act francese"). Inoltre il quadro di armonizzazione è reso in qualche modo più difficile anche dall'ingresso di molti paesi euro-orientali che hanno regolazioni normativi più bassi rispetto i paesi euro-occidentali (e questo comporta un ribasso dei livelli di tutela previsto dalle normative comunitarie, molte delle quali sono superate, a livelli di tutela dalle normativa dei singoli stati). Detto ciò, dal momento che sembra difficile aversi una RSI di tipo, per così dire "europeo", in un 'area del mondo dove è nata la società industriale e quindi anche le prime tutele e legislazioni, a fortiori è ancora più difficile realizzare una RSI internazionale, considerando la varietà normativa, sociale e anche culturale dei paesi che compongono il mondo .
Poi naturalmente c'è qualche tentativo per realizzare tale progetto a livello globale (penso per esempio il fatto che la normativa internazionale ricalca molti codici di condotta esterni e le varie convenzioni internazionali) ma bisogna vedere come, nei fatti quei principi sono implementati nei vari paesi e anche quanti sono i paesi aderenti.

Caro/a collega, la tua proposta certamente non è improponibile, anzi direi auspicabile.
Il problema è che, anche se nel corso degli ultimi anni sia a livello internazionale, sia a livello europeo sono state sviluppate politiche volte al rafforzamento della responsabilità sociale d'impresa, resta il fatto che l'obiettivo è comunque piuttosto mal definito e non quantificato.
Le istituzioni internazionali ed europee definiscono la responsabilità sociale come un comportamento 'volontario' delle imprese riguardante il rispetto dei diritti umani, il rispetto dei diritti dei lavoratori, il rispetto dell'ambiente e il divieto di ricorrere a pratiche corruttive nelle proprie attività aziendali. Risulta piuttosto evidente che tali comportamenti non connotano tanto un'impresa socialmente responsabile, quanto un'impresa che rispetta le leggi, perlomeno quelle europee.
Ma sebbene l'internazionalizzazione dei processi produttivi abbia determinato maggiori interdipendenze tra i cosiddetti Paesi sviluppati e i Paesi in via di sviluppo, rimangono delle differenze che non sono state debitamente considerate nella definizione degli obiettivi internazionali ed europei.
Inoltre, a differenza degli altri metodi aperti di coordinamento, non stati identificati degli obiettivi quantificanti (per esempio, portare a una qualche certificazione etica una percentuale determinata di aziende) ma ci si è accontentati di identificare un generico obiettivo di sensibilizzazione alla promozione della responsabilità sociale d'impresa.
Tuttavia, va sottolineato come l'unico principio sia rimasto quello della volontarietà, nonostante le richieste della società civile europea espresse dalle considerazioni del Social Platform andassero in un'altra direzione.