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RSI, COOPERATIVE E I WORKERS BUY OUT

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Messaggio  0000349987 Sab Apr 23, 2016 7:06 pm

Qualche giorno fa ho letto un articolo di Dario Guidi, nel mensile di aprile dei consumatori soci coop, intitolato "Dalla crisi si esce cooperando".
L'articolo analizza un fenomeno che dal 2008 ad oggi si sta sviluppando, sempre più, nel nostro paese, complice soprattutto la crisi economica che ha costretto molte imprese alla chiusura, fenomeno definito " WORKERS BUY OUT ".
Esattamente significa "riacquisto da parte dei lavoratori", si tratta del salvataggio di un’impresa da parte dei dipendenti che ci hanno lavorato, attraverso una ristrutturazione aziendale, usando i risparmi, il Tfr o l’indennità di mobilità, i lavoratori acquistano la proprietà dell’intera società o di una sua parte.
Centrale è il ruolo dei lavoratori "persone che hanno il coraggio e la convinzione di investire proprie risorse per far ripartire la realtà in cui hanno magari lavorato per tanti anni".
Ho trovato una profonda attinenza tra questi fenomeni e la responsabilità sociale d'impresa proprio nel requisito della volontarietà e nel porre al centro come veri e propri protagonisti gli stessi lavoratori.
La struttura della cooperativa, proprio grazie alla sua natura più intima e alla quasi sovrapposizione tra i valori intrinsechi della cooperativa e quelli che stanno alla base della responsabilità sociale d'impresa, si presta come struttura societaria più di altre a questa trasformazione, ma fondamentale è il ruolo degli incentivi e dei finanziamenti.
Legacoop, Confcooperative e altre federazioni hanno messo a disposizione finanziamenti soprattutto attraverso i fondi del movimento cooperativo. “Dall’inizio della crisi Legacoop, attraverso il proprio fondo mutualistico, ha sostenuto in Italia 48 workers buy out, che hanno coinvolto 1.081 soci e salvato 1.257 posti di lavoro – spiega Mauro Lusetti, presidente di Legacoop Nazionale – Queste imprese hanno messo in moto, grazie al contributo di Coopfond e all’impegno dei soci, investimenti per oltre 56 milioni di euro“.
Accanto al sistema cooperativo, anche lo Stato fornisce un sostegno economico alle iniziative di workers buy out. Alla base di questo supporto, c’è la cosiddetta legge Marcora, approvata nel 1985 e poi modificata nel 2001; la norma prevede che le imprese recuperate possano beneficiare di due fondi: Foncooper, un fondo di rotazione costituito da prestiti a basso interesse, e il fondo speciale per la salvaguardia dei livelli occupazionali. I contributi statali possono essere pari alla quota versata dai lavoratori, ma devono essere restituiti entro un periodo di 7-10 anni. La legge consente poi alla società di avere un socio finanziatore come membro della cooperativa per l’intera durata dell’investimento.
Esempi importanti di questo fenomeno sono: - il caso della Ora Acciaio, azienda che a Pomezia produce mobili per ufficio di alta gamma. Nata con il boom economico degli anni ’60, la società si è rafforzata negli anni conquistandosi un mercato anche nell’Est Europa e in Medio Oriente, maa dicembre 2014, è arrivato il fallimento e così venti dipendenti hanno deciso di rimettersi in gioco e il 20 gennaio 2016 la fabbrica è ripartita con la nuova forma di società cooperativa per azioni;
- il caso della Italcables di Caivano è rinata dalle ceneri della crisi grazie all’impegno di 51 ex dipendenti, ora soci fondatori della nuova azienda (si tratta della prima esperienza di workers buy out in ambito siderurgico).
- il caso della Ideal Standard di Orcenico (Pordenone), che produce arredo da bagno: nel 2014 la casa madre ha deciso di chiudere lo stabilimento, licenziando i 400 dipendenti. Ma a luglio un gruppo di operai ha fondato una nuova cooperativa, la Ceramiche Ideal Scala, che ha rilanciato la produzione: partita con 50 addetti, entro il 2018 si propone di riassorbire 150 lavoratori.
- il caso della copisteria Zanardi di Padova, (raccontata anche dal New York Times), l’imprenditore Giorgio Zanardi, sommerso dai debiti, si era impiccato in azienda nel febbraio del 2014, pochi giorni prima la società, che contava 110 dipendenti, aveva chiesto il concordato liquidatorio così ventiquattro lavoratori non si sono arresi e hanno rifondato una cooperativa sulle ceneri della vecchia copisteria. Nel primo anno di attività, l’azienda ha fatturato 2,5 milioni di euro.


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Messaggio  0000762944 Mar Mag 03, 2016 3:14 pm

Il fenomeno del workers buy out ha permesso,come nei casi sopra citati,il salvataggio di imprese del nostro territorio dal fallimento certo,grazie all'impegno di chi in azienda,oltre al lavoro,ha investito gran parte della propria vita. Il tipo sociale della cooperativa è quello che più si presta a questo tipo di operazioni di "salvataggio",grazie anche agli aiuti che provengono dai fondi per la cooperazione. Un altro bellissimo esempio è rappresentato da una piccola azienda di Castelvetrano,Olioliva,un tempo appartenente a Giuseppe "Pino" Gricoli,prestanome del super latitante Matteo Messina Denaro. Dopo essere stato confiscato alla mafia,quest'opificio è rinato grazie a suoi sei ex-dipendenti che hanno impegnato la loro intera indennità di mobilità per la capitalizzazione della cooperativa che,non a caso, ha preso il nome di "Terramia". L'opificio,che opera nel campo della trasformazione e confezionamento delle olive da mensa e dell’olio extravergine di Nocellara, è stato riaperto all'inizio del 2015 grazie anche al Comune di Castelvetrano, affidatario dell’immobile di proprietà della Regione Siciliana e dall’Agenzia Nazionale dei Beni confiscati (Anbsc), che, in qualità di proprietaria degli impianti, li ha ceduti alla cooperativa. Qualche mese fa,ad appena un anno dalla sua rinascita, la coop Terramia ha ricevuto il premio Ircac per la legalità,a conclusione di una vicenda che ha visto la trasformazione e la conseguente rinascita di un'azienda chiave del territorio Siciliano.

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