RISCHI PSICOSOCIALI E STRESS NEI LUOGHI DI LAVORO.

I rischi psicosociali e lo stress lavoro-correlato rappresentano un problema non ancora ben inquadrato, nonostante entrambi i fattori hanno considerevoli ripercussioni sulla salute delle singole persone, ma anche su quella delle imprese e delle economie nazionali.
Lo stress è comune nei luoghi di lavoro e ad esso è dovuta quasi la metà di tutte le giornate lavorative perse. Si tende a considerare il problema come individuale commettendo l'errore di non considerarlo invece come puramente aziendale. Se fosse considerato tale, infatti, i rischi psicosociali e lo stress potrebbero essere gestiti come qualsiasi altro rischio per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, potendo di conseguenza essere prevenuti e gestiti nel miglior modo aumentando così l'efficacia dell'impresa.
I problemi psicosociali derivano da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo socialmente mediocre dettato da carichi di lavoro eccessivi, mancanza di chiarezza dei ruoli, precarietà del lavoro, mancanza di comunicazione e di sostegno da parte dei colleghi e dei superiori, destabilizzando la condizione psicofisica del lavoratore e di conseguenza rendendo mediocre la produzione.
Per evitare tutto questo, il lavoratore non dovrebbe essere soggetto ad un carico di lavoro eccessivo, ma incoraggiato da condizioni stimolanti, sebbene talvolta impegnative, ma proposte in un ambiente di lavoro che dà sostegno a lavoratori correttamente preparati e motivati a utilizzare al meglio le loro capacità. Un buon ambiente psicosociale consente di promuovere il miglioramento delle prestazioni, lo sviluppo personale e il benessere fisico e mentale dei lavoratori.
A causa dei problemi sopra citati, oltre ad accusare problemi di salute mentale, i lavoratori sottoposti a stress prolungato possono sviluppare gravi problemi di salute fisica come le malattie cardiovascolari o i disturbi muscoloscheletrici.
Per quanto riguarda le imprese, invece, gli effetti negativi possono essere una scarsa redditività complessiva, un maggiore assenteismo, il presenteismo (le persone continuano ad andare a lavorare quando sono malate e non possono essere efficienti) e un aumento dei tassi di incidenti e infortuni.
Credo che oggi l imprenditore dovrebbe dare maggior peso al fatto che la qualità della produzione dipende in gran parte dal lavoratore, il quale, migliori saranno le condizioni in cui opera, maggior dedizione e passione impiegherà durante lo svolgimento delle proprie mansioni.

Trovo molto interessante il tuo intervento, poiché ritengo che le imprese dovrebbero dare il giusto peso ad un problema così emergente e diffuso! A mio avviso sarebbe opportuno soffermare la nostra attenzione su cosa genera il fenomeno del "work related stress" e come le aziende possano prevenirlo attraverso strumenti atti a sensibilizziate non solo il datore di lavoro, ma i lavoratori stessi! A riguardo mi ha molto incuriosito la campagna 2014-2015, lanciata dall'EU-OSHA "Insieme per la prevenzione dello stress lavoro-correlato", finalizzata ad accrescere la consapevolezza e migliorare la nostra comprensione dello stress e dei rischi psicosociali sul luogo di lavoro; fornire orientamento, sostegno e strumenti pratici per la gestione dei rischi ed evidenziare i vantaggi la gestione dei rischi psicosociali comporta per i lavoratori e le imprese.

Ad oggi i rischi psicosociali e lo stress nei luoghi di lavoro costituiscono, a malincuore, un problema che viene ancora affrontato marginalmente. Solo di recente si sono manifestate preoccupazioni come quella della campagna dell’EU-OSHA che invita i datori di lavoro e i lavoratori ad affrontare insieme questo fenomeno. Infatti l’ultimo sondaggio d’opinione paneuropeo dell’EU-OSHA ha rivelato che il 51% dei lavoratori riferisce che lo stress lavoro correlato è comune nel proprio luogo di lavoro e quattro lavoratori su dieci pensano che lo stress non venga gestito adeguatamente all’interno della loro organizzazione. I rischi psicosociali e lo stress nei luoghi di lavoro fanno luce su inefficienze proprie delle aziende: inadeguate modalità di gestione e di organizzazione del lavoro e del carico lavorativo, la mancanza di comunicazione e collaborazione tra i soggetti anche di livello superiore ed un contesto lavorativo gravoso comportano conseguenze sia sul piano psicologico del lavoratore sia sul piano economico dell’azienda. Vi è infatti una stretta correlazione tra l’efficienza del lavoratore e la sua produttività a livello aziendale. La mancata tutela , il carico eccessivo e condizioni non stimolanti per il lavoratore possono infatti demotivarlo nello sfruttare al meglio le sue qualità; e questo contribuisce ulteriormente ad una mancata crescita a livello professionale e morale che senza dubbio genera effetti negativi sull’azienda: maggiore assenteismo e riduzione della produttività. Credo che a volte per raggiungere una meta ottimale, in questo caso il profitto, sia doveroso da parte del datore di lavoro curare le tappe di questo percorso e soprattutto porre attenzione ai soggetti che vi partecipano, che prima di essere lavoratori sono soprattutto esseri umani.

Lo stress e i rispettivi rischi che sono collegati a questo, rappresentano uno dei principali obiettivi con cui è necessario confrontarsi nell'ambito della salute e della sicurezza sul lavoro, in quanto come già stato detto si ripercuotono sia sul singolo che sulle imprese e dunque sulle economie nazionali. Come molte altre questioni relative al mondo del lavoro, anche lo stress è spesso frainteso e sottovalutato (!!!però se venisse interpretato non solo come un problema individuale del singolo soggetto, ma come un vero e proprio problema aziendale forse si riuscirebbe meglio a gestire la situazione e a trovare rimedio.)
Un altro aspetto importante a mio avviso è il non confondere lo stress, come un carico di lavoro eccessivo, con condizioni stimolanti anche se impegnative. Infatti anche se le richieste fatte ai lavoratori risultano consistenti queste potrebbero apparire meno pesanti se i lavoratori fossero preparati correttamente e motivati ad usare le loro capacità;
i dipendenti sono stressati quando sì, le richieste delle loro attività sono eccessive, ma soprattutto quando vanno oltre le loro capacità e possibilità. (se un lavoratore sa già “quello che lo aspetta” potrà prepararsi meglio psicologicamente, e dunque affrontare in modo migliore  la situazione)
L'indagine già menzionata sopra dell'EU-OSHA presso le imprese relative ai rischi nuovi ed emergenti (ESENER) esamina in che modo vengono percepiti e gestiti i rischi psicosociali nelle imprese europee, identificando i principali fattori trainanti, gli ostacoli e le necessità di sostegno.
La ricerca ha rivelato che questi rischi psicosociali sono ritenuti più ostici e più difficili da gestire rispetto ai rischi considerati “tradizionali” della sicurezza e della salute sul lavoro.
Va eseguita una maggior campagna di sensibilizzazione nei confronti di questi problemi e una ricerca di strumenti pratici e semplici per migliorare il trattamento dello stress nei luoghi di lavoro, indipendentemente dalla dimensione e dalle caratteristiche dell'azienda dove vengono applicati.
Gestire lo stress non è solo un imperativo morale dei datori di lavoro  e un buon investimento per ottenere miglioramenti delle proprie aziende, bensì anche un dovere giuridico stabilito dalla direttiva quadro 89/391/CEE.
Sebbene spetti ai datori di lavoro la responsabilità di garantire la corretta valutazione e il controllo dei rischi sul lavoro, è importante che vengano coinvolti anche i lavoratori che conoscono meglio di  chiunque altro i problemi esistenti, la loro partecipazione è essenziale per cercare di trovare misure idonee ed efficaci per la risoluzione di queste problematiche.

Ringrazio tutti voi per aver aperto un dibattito su un tema tanto interessante e contingente quanto non ancora considerato nella sua interezza preoccupante per il mondo del lavoro. I rischi psicosociali o qualsivoglia disagio dovuto ad una forte condizione di stress sono due grandi piaghe che affliggono la vita di molti (potremmo definirlo il grande disagio di questo secolo), a fortiori bisogna preoccuparsi quando il soggetto passivo è il lavoratore. L'indagine europea in prima istanza ha rilevato una percentuale considerevole di rischi psicosociali e in questo modo si è concretizzata matematicamente la parte delle imprese che soffre di tali disagi; la seconda indagine ha riconfermato quanto riportato nella prima indagine ma Christa Sedlatschek ha voluto porre l'accento sulla conclusione dell'indagine: il lavoratore deve essere partecipe della gestione dei rischi psicosociali, poichè solo prendendone coscienza è possibile eradicare il problema. Alcuni Paesi hanno già predisposto varie forme di prevenzione di disagi psicosociali sul luogo di lavoro; questo è ovviamente correlato alla percezione che ciascun Paese ha del problema. Il passo successivo, a mio avviso, dovebbe essere quello di estendere un programma preventivo almeno europeo anche ad altri settori imprenditoriali , in modo da avere una panoramica del problema e da utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per andare quanto possibile incontro al lavoratore e garantire allo stesso un luogo di lavoro sicuro e salubre.

Facendo delle ricerche su internet mi sono imbattuta in un articolo molto interessante che analizza una dimensione "superiore" dello stress occupazionale grazie agli studi del dott. H.Ege, psicologo specializzato in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, il quale ha introdotto in Italia l’argomento dello "straining". Con tale termine si fa riferimento a un tipo di stress maggiore rispetto a quello che normalmente scaturisce dall’attività lavorativa, causato da comportamenti indirizzati a una o più persone con lo scopo di provocare un peggioramento permanente delle loro condizioni lavorative. Si tratta di una sorta di via di mezzo tra il semplice stress occupazionale e il mobbing (in quest’ultimo caso sono presenti infatti azioni vessatorie continuate che, invece, non caratterizzano lo straining).
Ed è proprio a un caso di straining che si riferisce una recente sentenza della Corte di Brescia, relativa al caso di una lavoratrice sottoposta a uno stress forzato che, con il tempo, le avrebbe provocato una modificazione in negativo della condizione lavorativa. La decisione è stata poi confermata dalla Corte di Cassazione.
È evidente, quindi, che il problema relativo alla salute psicofisica dell’individuo sta acquisendo sempre maggiore rilevanza anche in ambito giuridico, offrendo delle sfaccettature di una questione che diviene sempre più complessa. Sarebbe quindi il caso di prevedere forme di assistenza più efficaci e incisive, in grado di tutelare i lavoratori dallo stress e, soprattutto, dalle sue forme peggiorative.

A tale proposito l’Agenzia Europea per la sicurezza e per la salute sul lavoro ha portato avanti una campagna intitolata “Ambienti di lavoro sani e sicuri” che ha messo in luce la possibilità di identificare e gestire con successo i rischi psicosociali e lo stress correlato al lavoro, così come qualunque altro pericolo per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Tra gli strumenti nazionali è utile segnalare:
_ La valutazione del rischio da stress lavoro correlato avviene attraverso tre fasi sulla base del modello teorico dei sei Management Standards:
1)Fase propedeutica: si ‘prepara l’organizzazione’ con la costituzione del gruppo di gestione della valutazione, per programmare e coordinare lo svolgimento dell’intero processo valutativo, sviluppare una strategia comunicativa e di coinvolgimento del personale ed elaborare il piano di valutazione del rischio.
2)Fase preliminare: il gruppo suddetto compila la ‘lista di controllo’ costituita da eventi sentinella.
3)Fase approfondita: ci si giunge nel caso in cui dalla valutazione preliminare sia emerso un rischio medio o alto e le azioni correttive attuate per le aree critiche siano risultate inefficaci.
Il modello dei Management Standars illustra le sei dimensioni organizzative chiave rappresentate da: domanda, controllo, supporto, relazioni, ruolo e cambiamento. Tale strumento è stato sviluppato da INAIL(Istituto Nazionale per l'Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro).
_ La valutazione dello stress lavoro correlato in cui il processo di valutazione e di gestione dei rischi correlati allo stress prevede sei fasi: raccolta dati organizzativi, coinvolgimento dei dirigenti/preposti e informazione ai lavoratori, l’indagine valutativa condotta da un equipe, la pianificazione degli interventi, l’attuazione degli interventi e verifica/aggiornamento con frequenza biennale.
1)Per le aziende fino a 10 dipendenti il datore di lavoro può compilare la prima parte della check-list riguardante gli indicatori aziendali. Se il punteggio è alto, si deve compilare tutta la check-list. Nel caso di istanze giudiziarie per molestie sessuali o morali in corso si procede alla valutazione mediante la somministrazione di un questionario al fine di eliminare, ridurre o gestire la condizione di stress lavoro correlato.
2)Per le aziende oltre 10 dipendenti si compila tutta la check-list, che può essere una scheda unica oppure per mansioni omogenee e si segue lo stesso procedimento previsto per le aziende di piccole dimensioni. Questo strumento è stato sviluppato da Network Nazionale per la Prevenzione Disagio Psicosociale nei Luoghi di Lavoro.
Strumenti proposti dalla Svizzera sono:
_ Stressnostress.ch: un programma per diminuire e prevenire lo stress sul posto di lavoro, destinato ai collaboratori e ai quadri dirigenti.
_EKAS-Box: uno strumento interattivo per l’installazione di posti di lavoro. Un modulo si occupa dell’organizzazione del lavoro e quindi dei rischi psicosociali.

Il lavoro occupa gran parte del tempo di ognuno di noi e rappresenta quindi un tassello fondamentale nello sviluppo della personalità e nella realizzazione personale dell'individuo.
I rischi psicosociali derivano da inadeguate modalità di progettazione, organizzazione e gestione del lavoro e da un contesto lavorativo socialmente mediocre e possono avere conseguenze psicologiche, fisiche e sociali negative, come stress, esaurimento o depressione connessi al lavoro.
Lo stress legato all'attività lavorativa si manifesta in particolare quando le richieste dell'ambiente del lavoro superano le capacità del soggetto di affrontarle, portando l'individuo ad esprimere disturbi a livello comportamentale, fisico e psicologico.
Da una serie di studi condotti in questo ambito risulta che oltre la metà dei lavoratori europei riferisce di lavorare a ritmi molto serrati e di dovere rispettare scadenze tassative.
Tutto ciò può avere innumerevoli conseguenze negative, tra le quali ad esempio la Sindrome del Burn-Out: si tratta di un fenomeno legato allo stress lavorativo focalizzatosi in specifiche categorie professionali che condividono un'elevata carica emotiva e di responsabilità professionale nei confronti dell'utenza.
Di recente sono state predisposte diverse linee guida per la valutazione aziendale del rischio connesso allo Stress Lavoro Correlato. È sicuramente importante evidenziare come la valutazione non debba essere una misura individuale, che vada quindi a ricercare situazioni di stress nelle singole persone, ma debba altresì rispecchiare una situazione dei diversi compartimenti aziendali in modo da riflettere eventuali situazioni di disagio localizzate per aree o reparti.

Trovo che le osservazioni da voi rilevate siano molto pertinenti e opportune e ritengo che la problematicità dello stress che pervade i luoghi di lavoro sia troppo poco curata rispetto alla sua imponenza. Al riguardo ritengo che oltre che una migliore organizzazione lavorativa volta ad evitare un sovraccarico lavorativo sul dipendente, ripartendo il da farsi su un numero maggiore di lavoratori, un'ottima iniziativa sia rappresentata dal lavoro agile, iniziativa oggetto di celebrazione a milano lo scorso 25 marzo. La giornata del lavoro agile,è un' iniziativa volta a migliorare la vita delle persone, offirre una buona qualità lavorativa e ridurre l'inquinamento.
Il lavoro agile infatti non richiede una postazione fissa in ufficio, consente di lavorare ovunque, da casa, dal bar, dal parco, dalla palestra o da una postazione in co-working. si tratta di una modalità che soddisfa chi lavora e rende le imprese più competitive. Rispetto all’edizione del 2014, le adesioni nell'anno corrente sono cresciute del 20%. È stata superata la soglia dei 7mila partecipanti, contro poco più di 5mila dello scorso anno.
Oltre al capoluogo lombardo, promotore dell’iniziativa, e dei municipi di Trezzano sul Naviglio, Cinisello Balsamo e Arese, partecipano infatti i anche i comuni di Torino, Genova, Cremona e Bergamo.Le aziende invece che oggi sperimentano il ‘lavoro agile’ vanno da Trieste a Pescara, da Pozzuoli a Sesto San Giovanni e sono le filiali e le sedi di alcune delle 127 aziende, piccole, medie e grandi che fino ad oggi hanno dato la loro adesione alla giornata di cui l’amministrazione milanese è capofila.E’ definito “Sistema Win Win Win” perché vincono in tre: il lavoratore che ha più tempo per sé e per la famiglia, l’azienda che risparmia in termini di spazio e ha persone più motivate che lavorano per obiettivi, e l’ambiente perché si riducono inquinamento e traffico. Per mettere in pratica il lavoro agile occorrono dei requisiti: la tecnologia che oggi è a basso costo, la fiducia da parte dell’azienda nei confronti del dipendente e la responsabilità del lavoratore che, anche lontano dall’ufficio, deve portare a termine il suo lavoro.
Alcune grosse realtà come Barilla, L’Oreal e Microsoft applicano il lavoro agile già da tempo. E nonostante i dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano evidenzino vantaggi misurabili per le aziende, c’è ancora una forte resistenza culturale dei manager che non rinunciano a esercitare il controllo sui dipendenti.