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Le Norme delle Nazioni Unite sulla Responsabilità delle Imprese Transnazionali riguardo ai Diritti Umani

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Le Norme delle Nazioni Unite sulla Responsabilità delle Imprese Transnazionali riguardo ai Diritti Umani Empty Le Norme delle Nazioni Unite sulla Responsabilità delle Imprese Transnazionali riguardo ai Diritti Umani

Messaggio  0000724464 Gio Mag 12, 2016 10:56 pm

Il 13 agosto 2003, la Sottocommissione per la Promozione dei Diritti Umani ha approvato le Norme delle Nazioni Unite sulla Responsabilità delle Imprese Riguardo ai Diritti Umani. L'adozione delle Norme era stata preceduta da un periodo di sei anni in cui un Working Group della Stoccommissione ha esaminato metodi di lavoro ed effetti delle attività delle imprese, analizzando la compatibilità dei vari trattati di investimento con i trattati riguardanti i diritti umani ed ha valutato la possibilità di un emanare un codice di condotta, a carattere vincolante, che riguardasse non solo le imprese multinazionali ma anche le altre imprese, comprese quelle a capitale pubblico.
Le ragioni che stanno alla base dell'adozione delle Norme furono varie: l’emergere di un’economia mondiale integrata, l’aumento della privatizzazione, la globale adesione agli standard internazionali in materia di diritti umani ed una accresciuta consapevolezza da parte dei consumatori, in aggiunta al coinvolgimento di alcune società in casi di abuso dei diritti umani ma soprattutto dei diritti dei lavoratori; era emersa quindi la necessità di regole internazionalmente condivise e riconosciute anche nel campo dell’iniziativa imprenditoriale privata.
Le Norme sono divise in 8 sezioni, in cui sono fissati i principi guida per le società che operano in zone interessate da un conflitto, le responsabilità delle imprese in relazione ai diritti umani e ai diritti dei lavoratori. Proibiscono, inoltre, la corruzione e stabiliscono una serie di obblighi relativi alla tutela del consumatore, alla protezione dell'ambiente, insieme ad una generale previsione di un obbligo di riparazione in caso di mancata adesione alle Norme.
Non potendo approfondire tutti i punti per ovvie questioni di tempo, intendo soffermarmi su uno degli aspetti che mi ha maggiorente colpita e che trovo di particolare attinenza con molti degli interventi che ho avuto modo di leggere in questo forum.
Nel quadro della responsabilità in capo agli Stati di assicurare il rispetto, la promozione e protezione dei diritti umani, anche le imprese, quali membri e organi della società, sono tenute a promuovere e garantire i diritti umani.
Le imprese devono assicurarsi che le proprie attività non contribuiscano non solo direttamente, ma anche indirettamente, alla violazione dei diritti umani; devono assicurarsi di non beneficiare da tali abusi ed evitare la complicità nel compimento degli stessi; devono usare la propria influenza nel prevenire tali violazioni. Si prevedono quindi, in capo alle IMN anche degli obblighi positivi.
Alla luce di ciò, mi vengono in mente tutti quei casi in cui multinazionali, affiancano ad opere di sensibilizzazione ed impegno sociale, in tematiche come ad esempio la tutela dell'ambiente, uno scarso interesse alla tutela dei diritti umani nelle realtà con cui entrano direttamente o indirettamente in contatto.
L'emanazione di queste norme da parte delle Nazioni Unite è, a mio parere, indice della centralità e serietà del problema.

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Messaggio  0000723281 Ven Mag 13, 2016 1:57 pm

Molto interessante l'argomento trattato, in quanto mette in luce una parte di responsabilità sociale dell'impresa poco trattata e presa in considerazione nel forum: il rispetto dei diritti umani. Non solo, nel documento normativo, citato dalla collega, le NU impongono l'attivazione delle imprese al fine di assicurarsi che esse non utilizzino lavoratori sfruttati o lesi nei loro diritti.
Ora, il problema sta, secondo me, proprio in questa normativa: è di hard law o di sift law?
Nel primo caso, si potrebbe parlare di una svolta nella disciplina perché , per la prima volta, si imporrebbero norme prescrittive e inderogabili in materia di responsabilità sociale. Ovvio che, dopo averle fatte entrare in vigore, sarebbe necessario costituire organismi giuridici internazionali di controllo, per verificarne l'efficacia e il rispetto.
Ma è davvero così? O ci troviamo di fronte a soft law, e ,quindi, a direttive che cercano solo di orientare le imprese verso la giusta direzione?

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Messaggio  0000724464 Ven Mag 13, 2016 2:16 pm

Il quesito da te posto, collega, è davvero molto interessante. Purtroppo, fino ad oggi, queste Norme che risalgono all'ormai "lontano" 2003, sebbene si proponessero una vocazione di carattere obbligatorio, sono andate incontro ad un sostanziale fallimento per mancata applicazione. D'altronde, nella stragrande maggioranza dei casi, per la promozione della RSI si è sempre fatto ricorso ad una normativa di soft law; probabilmente ciò è indice di una difficoltà di accordo nella realizzazione di una normativa hard law, accompagnata dalla sostanziale assenza di organismi che siano in grado di garantirne l'effettivo rispetto.

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Messaggio  maria forni Ven Mag 13, 2016 7:25 pm

Per rispondere alla domanda posta dal collega: una rigida distinzione tra soft law e hard law in questo caso specifico non credo sia possibile. Le suddette Norme,infatti, non penso possano essere ricondotte all'interno dei rigidi binari della soft law,perché sono dotate (almeno sulla carta) di una certa efficacia legale. Nel loro tono e nell'approccio si presentano come un documento normativo,vincolante per le imprese. A differenza di altri trattati o di talune linee guida, non sono limitate da clausole che ne specificano la natura non normativa. In più si prevede che l'applicazione di queste Norme debba essere monitorata e si prevedono anche verifiche esterne. La differenza rispetto ai normali meccanismi di soft law credo sia tangibile,dal momento che nei casi di soft law il rispetto dell'impegno preso è rimesso totalmente alla volontà delle parti. Così come è evidente la differenza rispetto agli strumenti della hard law. Probabilmente ci troviamo di fronte ad una soluzione di mezzo, ad un compromesso tra i due strumenti utilizzabili.

maria forni

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Messaggio  0000723074 Sab Mag 14, 2016 8:10 pm

Nel Giugno 2011, il Human Rights Council delle Nazioni Unite ha approvato i Guiding Principles on Business and Human Rights, i principi, messi a punto dal Prof. Ruggie, frutto di sei anni di duro lavoro. Il Prof. Ruggie ha condotto, in prima persona, l’attività di ricerca in modo approfondito, e, per assolvere il compito affidatogli, si è avvalso dell’appoggio e della consulenza di un’eterogenea compagine di stakeholder, in grado di rappresentare gli interessi di aziende, governi, organizzazioni della società civile, comunità, individui interessati, avvocati e investitori. Man mano che il progetto prendeva vita, il Prof. Ruggie si è occupato anche di testare le conseguenze pratiche che i vari propositi avevano una volta applicati.
I “Guiding Principles” riflettono e sono costruiti sulla struttura a tre pilastri del “Protect, Respect and Remedy‟ Framework, la raccomandazione adottata dal Prof. Ruggie dopo tre anni di ricerche. I tre pilastri fondamentali contenuti nel Framework sono i seguenti:
◾l’obbligo degli Stati di rispettare, proteggere e soddisfare i diritti umani e le principali libertà.
◾Il ruolo delle imprese consistente nell’adempiere tutte le leggi e rispettare i diritti umani.
◾La necessità delle vittime degli abusi di avere facile accesso a rimedi.
Di particolare interesse per il mondo degli affari è il secondo pilastro: la responsabilità delle imprese a rispettare i diritti umani. Secondo lo Special Representative è il punto di partenza per attuare la responsabilità delle imprese, oltre, naturalmente, all’adempimento delle leggi nazionali. La responsabilità di rispettare si applica ai diritti umani riconosciuti a livello internazionale. Per assolvere alla responsabilità di rispettare i diritti umani, le imprese devono comportarsi con due diligence.
I Principi dettano anche come le aziende devono mettere in atto il dovere di rispettare i diritti umani attraverso:
1.Policy commitment: dichiarazione ufficiale da parte dei vertici aziendali ad impegnarsi a rispettare i diritti umani;
2.Due diligence process: metodologia, composta di 4 fasi (Valutazione, Integrazione, Monitoraggio e Comunicazione), attraverso la quale le aziende identificano, mitigano e prevengono le violazioni dei diritti umani;
3.Remediation: sistema extragiudiziale di risoluzione delle controversie che le aziende devono adoperare in caso di violazioni.
I principi si applicano a tutti gli Stati e a tutte le imprese profit, a prescindere dalla loro dimensione, settore, localizzazione, proprietà e struttura. Inoltre offrono una base di partenza per gli Stati che hanno intenzione di promuovere il rispetto dei diritti umani da parte delle imprese e forniscono un modello per le imprese che vogliano gestire in modo efficace il rischio di produrre impatti negativi sui diritti umani; infine, offrono agli stakeholder dei punti di riferimento necessari a valutare che le imprese rispettino realmente i diritti umani.
I principi guida non costituiscono, ad oggi, un documento legalmente vincolante, ma sono stati elaborati sui nessi esistenti tra norme e pratiche per Stati e aziende ed includono tematiche trattate in modo eterogeneo sia nel diritto internazionale che in quello interno.
Ciononostante, le aziende possono trarre enormi benefici dal rispetto dei diritti umani e dall’adozione di un comportamento sostenibile, visto che le informazioni al giorno d’oggi, grazie alla globalizzazione e alle nuove tecnologie, si diffondono così rapidamente e diffusamente che l’unico modo per un’azienda di evitare boicottaggi, campagne negative e difendere la propria reputazione e’ rispettare i diritti umani.

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