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RSI e benessere

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Messaggio  0000688490 Lun Mag 09, 2016 11:01 am

Partendo da una concezione di RSI come singole iniziative intraprese dalle aziende a favore dei propri dipendenti, della comunità locale o dell'intera società, vorrei adottare una nozione più sistematica di RSI, intendendola come l'insieme delle forme di assunzione di responsabilità dell'impresa nei confronti di tutti i soggetti con cui essa viene a contatto nel corso della sua vita, tanto nelle attività produttive quanto in quelle accessorie.  Un utile strumento per valutare quanto un'impresa sia sensibile alle esigenze dei propri stakeholders mi è stato fornito dalle recenti ricerche svolte dal sodalizio CNEL-ISTAT finalizzate alla misurazione del benessere equo e sostenibile (BES) della società italiana.

Come si legge sul sito web dedicato all'iniziativa, il BES è "Il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile [...]" che " [...]si inquadra nel dibattito internazionale sul “superamento del Pil”, alimentato dalla consapevolezza che i parametri sui quali valutare il progresso di una società non possano essere esclusivamente di carattere economico, ma debbano tenere conto anche delle fondamentali dimensioni sociali e ambientali del benessere, corredate da misure di diseguaglianza e sostenibilità. "

La ricerca si basa sulla suddivisione del benessere di una società in dodici dimensioni (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi), ciascuna delle quali viene valutata in base a diversi paramentri statisticamente misurabili nella collettività di riferimento.

Per ciò che attiene alla RSI, di primario interesse è la dimensione riguardante lavoro e conciliazione dei tempi di vita. In tale sezione si indagano, oltre ai livelli di occupazione, diversi aspetti della vita aziendale, tra i quali, a titolo di esempio,  la partecipazione del dipendente alle attività dell'impresa, la stabilità dell'impiego, la sicurezza sul posto di lavoro. Un apposito indicatore statistico ne dà una misurazione numerica, evidenziando come delle situazioni siano fonte di benessere o malessere per i lavoratori.  Un alto tasso di sovraistruzione, un elevato numero di  impiegati part-time involontari, un'alta incidenza degli infortuni mettono in luce un utilizzo delle risorse umane poco produttivo di benessere.

Così come vengono stimate per l'intera economia italiana delle misure di benessere dei lavoratori, sarebbe interessante nell'ottica di una valutazione di quanto un'impresa sia responsabile a livello sociale, effettuare una stima per le singole aziende, almeno per quelle di maggiori dimensioni.  
L'influenza esercitata dalle imprese sul benessere sociale non si esaurisce però nei rapporti coi propri dipendenti, ma coinvolge tutti  quei soggetti con i quali l'azienda entra in contatto tanto nella sua attività produttiva primaria quanto in quelle accessorie. Così sarà socialmente preferibile che essa intrattenga "buoni" rapporti con clienti e fornitori, che non ostacoli l'attività manageriale e si ponga in maniera solidale con il territorio in cui si trova a operare. Altrettanto degne di rilievo sono tutte quelle iniziative intraprese a vantaggio della comunità locale, quelle filantropiche e di beneficenza.
Sicuramente la stima numerica di tutti questi aspetti risulterà un'ardua impresa al migliore degli statistici, ma ciò non significa che sia da escludere l'utilità di un dossier che, sulla base dei principi forniti dal BES, indaghi quanto benessere un'impresa è in grado di produrre per la società.

Non ritenete che sarebbe quantomeno più probabile che aziende sostanzialmente irresponsabili nei confronti dei propri stakeholders, prima di lanciarsi in campagne filantropico-pubblicitarie, si dedicassero ai propri dipendenti o alla tutela dell'ambiente?
SI può arrivare ad ipotizzare che la concorrenza tra marchi faccia sì che vi sia una generale assunzione di maggiore responsabilità?

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Messaggio  724804 Lun Mag 09, 2016 5:50 pm

Questo intervento riprende quelli che sono i principi fondanti della responsabilità sociale d'impresa. Concordo sul fatto che per quanto faticoso possa essere il suo raggiungimento, un dossier completo di tutti gli indici del BES per ogni impresa ci fornirebbe sicuramente una situazione più chiara e paleserebbe la concreta efficacia che l'applicazione dei comportamenti socialmente responsabili ha prodotto. Per ciò che riguarda la prima questione posta, non dimentichiamo che il carattere volontario della responsabilità sociale e la sua attitudine ad andare "oltre" gli obblighi giuridici, presuppongono che l'impresa abbia già raggiunto pienamente il livello di legalità. Ciò significa che ai dipendenti devono essere riconosciuti totalmente tutti i diritti previsti dalla legge, senza irragionevoli discriminazioni. A mio parere, anche per un indice di coerenza, sarebbe meglio che qualora l'impresa volesse adottare comportamenti socialmente responsabili li indirizzasse prima ai propri dipendenti e solo in un secondo momento ad altri scopi. E' importante però non creare confusione fra comportamenti socialmente responsabili ed iniziative filantropiche; quest'ultime sono infatti degli atti di liberalità compiuti dal proprietario dell'impresa, sì volontariamente, ma non con lo scopo, o almeno non sempre, di cogliere vantaggi competitivi e di massimizzare gli utili di lungo periodo. Questi sono, invece, due dei forse più celati all'apparenza, obiettivi della RSI. Sul fronte della seconda domanda, mi sento di azzardare la tesi secondo cui un'impresa socialmente responsabile possa attrarre più fornitori e consumatori, soprattutto quelli più attenti e sensibili alle tematiche oggetto del nostro discorso. Ciò potrebbe indurre imprese non del tutto virtuose a porre in atto lo stesso comportamento e a realizzare quindi concorrenza sul mercato.

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Messaggio  0000688490 Gio Mag 12, 2016 3:19 pm

Nonostante la maggior parte delle imprese sfrutti l'immagine positiva di chi si impegna in campagne filantropiche allo scopo di incrementare i profitti di lungo periodo, tali iniziative sono produttive di benessere per la collettività. La distinzione è fondamentale oggi come oggi, non essendovi la possibilità di valutare oggettivamente quanto un impresa sia coerente con i principi che dichiara di sostenere. La stima basata sul BES, tuttavia, ovvierebbe a questo problema; potendosi misurare in maniera sufficientemente imparziale l'impegno sociale assunto da un'impresa, non venendo tale indice influenzato dalla pubblicità, ogni iniziativa andrebbe considerata a prescindere dallo scopo per cui è stata posta in atto. Tanto meglio sarebbe se si allineassero i comportamenti socialmente responsabili a quelli che un'azienda intraprende per massimizzare il profitto.

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