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Nascita del concetto di RSI

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Messaggio  0000727032 Gio Apr 28, 2016 2:46 pm

Apparentemente si potrebbe pensare che la nascita del concento di responsabilità sociale d'impresa risalga al Libro Verde della Commissione Europea del 2001.
L'idea stessa che un'impresa guardi non solo all'egoistico perseguimento del profitto può sembrare relativamente recente; invece è possibile trovare delle tracce di responsabilità sociale anche nel "Manifesto di Davos", uno tra i primi codici morali di condotta aziendale redatto da 300 manager europei già nel 1974.
Punto chiave del "Manifesto di Davos" è che l'impresa non deve "mirare" esclusivamente agli interessi economici, e dunque al profitto, ma deve tener conto anche dei bisogni della collettività. Nel Manifesto si evince, come scrive Adalberto Perulli che "l'impresa non deve essere più condizionata dai soli interessi degli azionisti (che richiedono di massimizzare i profitti) bensì anche dagli interessi della società in generale, onde è necessario trovare un giusto equilibrio tra questi contrastanti
interessi." Ed è per questo che, forse, il "Manifesto di Davos" del 1974 può essere considerato come un importante antesignano del Libro Verde del 2001.

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Nascita del concetto di RSI Empty Storia delle RSI e il contributo Americano

Messaggio  0000724030 Gio Apr 28, 2016 7:21 pm

Ripercorrere la storia di questo argomento significa spostarsi al di là dell’oceano, nel "Nuovo Continente"intorno agli anni ’30 del ventesimo secolo, salvo poi ritornare in Europa per coglierne gli sviluppi più maturi e più vicini alla nostra sensibilità.Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 infatti negli Stati Uniti iniziano a fiorire scuole di pensieroche attribuiscono ai manager obblighi sociali che vanno al di là della mera realizzazionedi un profitto legata alla produzione di beni o alla fornitura di servizi. Queste prime riflessioni però sono di portata limitata visto che trattano della responsabilità sociale solo del dirigente e non dell'intera impresa. Si intoducono nuovi concetti e l'impresa non è vista piu come un organizzazione mirante solo al, ma come un’entità capace di incidere, più o meno direttamente, su numerosi altri aspetti della realtà circostante e, in questa veste, responsabile del suo impatto su di essa.Se inizialmente  è il solo manager ad essere considerato titolare di tali obblighi “morali”,nel giro di un ventennio  tale  titolarità viene estesa all’impresa stessa ed infatti è fragli anni ’60 e i ’70 che si comincia a parlare di Corporate Social Responsibility. Fondamentale  perl'evoluzione di questo concetto fu il pensiero di Carroll ( anni'70) che crea una sorta di piramide delle prioritàche le imprese dovrebbero considerare nella definizione dei propri comportamenti e nelperseguimento dei propri obiettivi. Se alla base della piramide vengono poste le responsabilitàdi tipo economico – priorità ineludibile e primaria di un’impresa – e subito dopo quelle legali – quali imprescindibile presupposto dell’operare nella società – per la prima 10 Progetto “Training in Progress” – L’evoluzione del concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa volta vengono introdotti due ulteriori ambiti di responsabilità, che comprendono quelle etiche   e quelle cd. discrezionali. Perché un’impresa possa dirsi socialmente responsabile devono dunque contemperarsi tutti questi aspetti: se la massimizzazione del profitto e il rispetto della legge sono stati da sempre imprescindibili, ora diventano necessari anche comportamenti equi ed eticamente corretti, nonché tutti quelli che contribuiscono a migliorare la qualità della vita di una comunità, al di là degli obblighi di legge. Nuova corrente di pensiero arriva negli anni '80 con la Teoria degli stakeholder, opera dell’americano Freeman.Con Freeman tutti i “portatori di interessi” (i cd. stakeholder2) acquisiscono dignità, diventando soggetti attivi che si relazionano con l’impresa e influisconosul suo agire. Freeman distingue tra stakeholder primari e secondari. Primari sono tutti quei soggetti da cui dipende la sopravvivenza stessa dell’impresa (gli azionistio shareholder in primis, ma anche i dipendenti, i clienti e i fornitori);  secondari sono invece tutti coloro che, in senso più ampio, possono influenzare o essere influenzatidall’attività dell’organizzazione.

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Nascita del concetto di RSI Empty L'EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI RSI

Messaggio  0000725523 Gio Apr 28, 2016 7:26 pm

Da oltre un ventennio anche nel nostro paese si è aperto il dibattito sulla responsabilità sociale d’impresa con riferimento all’operato delle aziende: grazie ad esso si è introdotta l’idea che il profitto non è la sola preoccupazione per fare impresa, ma che ad essa debbano affiancarsi altre tensioni. Per meglio comprendere gli strumenti di oggi, bisogna guardare, come il mio collega ha poc’anzi osservato, alla genesi e all’evoluzione del concetto di RSI, rintracciando tracce embrionali addirittura negli anni ’30 del ventesimo secolo.
Tra gli anni ’30 e gli anni ’50 negli Stati Uniti iniziano a fiorire scuole di pensiero che attribuiscono ai manager obblighi sociali che vanno al di là della mera realizzazione di un profitto legata alla produzione di beni o fornitura di servizi. In tal caso però la riflessione non è ancora matura poiché il riferimento è solo ad una responsabilità personale del dirigente e non dell’impresa stessa. Tuttavia, già in questo primo approccio vediamo i germi di ciò che diventerà il concetto di RSI, proprio perché si inizia a concepire l’impresa diversamente, come una entità capace di incidere su numerosi aspetti della realtà circostante e responsabile del suo impatto su essa.
Se inizialmente è il solo manager ad essere considerato titolare di tali obblighi morali, nel giro di un ventennio tale titolarità viene estesa all’impresa e tra gli anni ’60-’70 è il pensiero di Carroll che crea una sorta di piramide delle priorità che le imprese dovrebbero considerare nel definire i propri comportamenti e nel conseguire gli obiettivi. Alla base ci sono le priorità economiche, successivamente quelle legali e per la prima volta vengono introdotti due ambiti di responsabilità etiche e discrezionali. Se la massimizzazione del profitto e il rispetto della legge sono stati da sempre imprescindibili, ora diventano necessari anche comportamenti equi ed eticamente corretti.
Da tale teorizzazione e da quella che amplia ancor di più il campo introducendo la “sensibilità” aziendale, ossia la capacità dell’azienda di agire conformemente alle attese della società, negli anni successivi si sviluppano due filoni di ricerca, fondamentali per l’attuale dibattito. In particolare la teoria degli ‘stakeholder’ di Freeman, risalente agli anni ’80, spiega che tutti i portatori di interessi (stakeholder primari: azionisti, clienti, fornitori etc; stakeholder secondari: istituzioni, sindacati, comunità locale etc) acquisiscono dignità, diventando soggetti attivi che si relazionano con l’impresa e influiscono sul suo agire. Coevo a tale filone di studi se ne sviluppa un altro, sempre negli Stati Uniti, che prende il nome di ‘business ethics’, il quale si concentra sul versante morale ponendo al centro i valori etici che devono fondare i comportamenti delle imprese (Lorenzo Sacconi: “studio dell’insieme dei principi, dei valori e delle norme etiche che dovrebbero regolare l’attività economica”). Quest’ultima teoria ha molto contribuito allo sviluppo del tema della responsabilità sociale d’impresa, in particolare favorendo la nascita di due distinte visioni del concetto: quella strategica (individua il sorgere di un certo tipo di vantaggio, non solo economico ma anche reputazionale, dal perseguimento di finalità sociali), e la visione etica (l’agire correttamente è una sorta di dovere, anche se non necessariamente vantaggioso). La teoria degli stakeholder e gli studi di business ethics hanno dunque rappresentato la base sulla quale a partire dagli anni ’90 si sono innestate ulteriori analisi sull’argomento. Il punto di snodo attorno a cui ruoterà la successiva produzione in materia sarà, appunto, la definizione data dalla Commissione Europea nel libro verde del 2001, dove l’RSI è intesa come “integrazione delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate” (recentemente semplificato in “ responsabilità per l’impatto sulla società”).
Nelle idee più recenti anche lo stakeholder consumatore non copre un ruolo secondario: l’attenzione del consumatore sulle questioni relative alla RSI è cresciuta negli ultimi anni, ma permangono alcuni ostacoli, quali l’insufficiente sensibilizzazione, la necessitò di pagare un sovrapprezzo o l’assenza di un facile accesso alle informazioni necessarie per compiere scelte informate. La figura del consumatore trova, nella nuova impostazione, dignità , che potrà nel tempo fornire il contributo alla diffusione dell’RSI e piena comprensione.

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